La bellezza è così complessa che oggi non se ne parla più. Si parla molto più facilmente di violenza. E di legge. E di giustizia. In un modo che farebbe rabbrividire i giuristi e gli esperti di etica, da Ugo Grozio a noi. Si parla di Neil Gaiman, uno degli scrittori più popolari e prolifici del mondo letterario e cinematografico, e delle accuse di violenza sessuali. Oltre alle ricadute immediate su di lui, con lo stesso impeto che ha caratterizzato tutta l’era, ormai conclusa, del #MeToo, le conseguenze immediate riguardano, secondo molti giornali internazionali (uno per tutti: l’Indipendent), la seconda e ultima stagione di The Sandman, l’American Gods di Netflix (si noti il bel principio di simmetria: entrambe le serie evento, amate da critica e pubblico, sono basate sui soggetti di Gaiman). Pare che la conclusione della seria con la seconda stagione fosse prevista, ma molti utenti sul web credono che le accuse lanciate in primavera a Gaiman abbiano influito. Anche nel caso in cui non fosse vero, il fatto che questa ipotesi possa sembrarvi plausibile dà l’idea di come un certo modo di vivere la cultura, un modo giustizialista, abbia vinto. È, per dirla con Destino degli Eterni, il fratello del re dei sogni Morfeo (Tom Sturridge), un sentiero nel libro. E il solo lanciare ipotesi – o accuse – crea altri sentieri, alcuni incontrollabili, altri, semplicemente, troppo penosi per poterli desiderare.

Uno dei sentieri aperti, ormai molti anni fa, è quello di chi confonde lungo la strada etica ed estetica. Chi passeggia lungo questa strada piatta e desertica, crederà che le accuse a Gaiman siano un motivo sufficiente per non vedere l’ultima, bellissima, stagione di The Sandman, in cui Morfeo dovrà affrontare nuovamente i demoni dell’Inferno e incontrerà i suoi fratelli tranne uno (chi? Dovete scoprirlo voi). Come nella prima stagione i personaggi parlano con una lentezza esasperante, cantilenando la più semplice delle frasi, rallentando i movimenti muscolari del viso contratto per sorridere, chiudendo gli occhi (o non chiudendoli) come immersi in uno spazio senza tempo, nel liquido amniotico degli dèi. Il risultato è un lungo incantesimo di 6 episodi, a cui ne seguiranno altri, per un secondo blocco che verrà rilasciato sempre a luglio e che chiuderà definitivamente la produzione. Stesso destino, probabilmente, anche di un’altra serie, stavolta su Prime, Good Omens, che verrà conclusa probabilmente a seguito delle accuse contro Gaiman. Mentre le Moire della cancel culture tagliano produzioni di valore e progetti interessantissimi, il pubblico si chiede come dovrebbe comportarsi di fronte a serie ben fatte, ben recitate, ma uscite dalla testa di un presunto abusatore. Chiunque vi dica che la risposta è semplice sbaglia. Non c’è una soluzione banale a un problema filosofico di questo genere.
