Mercoledì Addams, o tutte quelle outsider che siamo state a scuola, in famiglia, in amore. Mercoledì è tornata nella sua seconda stagione. Nessuna operazione nostalgica, anche dopo Beetlejuice, beetlejuice Tim Burton ci ha fatto capire che le creature che spuntano fuori dal suo cinema sono solo il frutto di una continua, geniale e profonda analisi dei suoi piccoli mostri, piccole storie, approfondite, analizzate negli anni. In questa seconda stagione della serie si sente nascere e crescere l'ossessione per il true crime di Mercoledì, da sempre attratta dal desiderio di avvicinarsi e vincere i mostri, lei che non vuole essere paladina di nessuno, se non di se stessa, lei che ha paura del bene anche quando lo compie, che guarda e schiva le bambole oscene, resta perplessa di fronte alle assurdità (tipo i controlli di sicurezza in aeroporto che le danno il lasciapassare per La Mano ma non per una crema solare da 100 ml o la prove di guida). Mercoledì 2 Parte Uno si riconferma la genialata di chiamarsi Tim Burton. Ancora. Il regista che con i suoi disegni e i fantasmi stilizzati non ha solo dato vita, attraverso la morte o l'attrazione verso la tragedia dei suoi personaggi, a un’idea di cinema, ma ha ragionato su tutto: le incoerenze, l'ironia inquietante ed eterna delle cose. E di questo ne fa una serie, un film, per tutti. Come Mercoledì, in cui si concentra sul margine delle vite. Popolare ma autoriale, Mercoledì, come un prodotto che sa guardare al mondo senza impatanarsi nei luoghi comuni o perdersi in etichette preconfigurate. Questa stagione è ancora più dinamica e forse anche più riuscita rispetto alla prima, in cui tutto risultava spiegato. Tutto era lì, venivano dati gli strumenti. Stavolta no.
Una storia di empowerment, anche, quella di Mercoledì. Una ragazza che da “outsider” si trasforma improvvisamente in icona popolare della sua scuola, ma a lei non frega niente. Anzi. Mercoledì vuole piuttosto piegare quello stesso edificio, la Nevermore: “alla sua volontà”. “Io la studentessa d’onore? Preferisco essere bruciata sul rogo”, dice al nuovo preside che la omaggia di stucchevoli lodi dopo tutto quello che è successo nella prima stagione. Mercoledì che di fronte al silenzio e alla sfiducia degli altri aveva salvato i suoi compagni da un mostro, ora è vista come la reginetta dell'academy, anche se lei, lo dice, preferiva molto più essere “temuta e odiata”. Eppure, alla fine resta sempre l'outsider, anzi la capa dei reietti che mancava nella narrazione seriale da diverso tempo. Lei ma anche e soprattutto il cast perfetto della serie, tra Morticia, Gomez, Pugsley, Zio Fester, Lurch, l’immancabile Mano e la nonna Hester. In questa prima parte non mancano certo le citazioni, i miti che si porta sempre appresso Burton, da espliciti a impliciti, palesi, ridondanti, potentissimi. Tipo il Cuore rivelatore (o meccanico) di Edgard Allan Poe tra simil stop-motion e i disegni a mano e riprodotti del Maestro. Mercoledì 2 è in effetti anche questo. Un prodotto popolare di gran livello che sa rimanere comunque artigianale, in un certo senso. È fatto con cura, cucito nel dettaglio, come uno strano vestito fatto a mano, come quello tremendo, rovinato eppure straordinario e immaginifico della Sposa Cadavere. Questo è Mercoledì. Una serie bellissima, per ora. Non resta che aspettare settembre per capire e criticare il prodotto nell’insieme, per adesso quello che resta sul piccolo schermo è il ritorno di una dimensione sociale, delle caz*ate dei ragazzini mezzi reietti ('il banchetto del disagio'), dei poteri, dell'esaurimento psichico, della paura di crescere e 'far sparire le lacrime', e attorno una gran tensione da true crime (e che però, speriamo, non finisca per rovinare la stessa poesia di chi che ha colorato i nostri incubi e allenato la nostra immaginazione).

