Cambiare idea è prerogativa di versatilità e apertura mentale. Certo, a volte si prendono anche cantonate notevoli, altre invece si scoprono mondi che sembravano solo di plastica, ma visti da vicino si rivelano nella loro quintessenza. Achille Lauro ne è un chiaro esempio. Catalogato, senza troppi complimenti, dalla critica nostalgica come un involucro senza sostanza, un'immagine posticcia forgiata da mille rimandi al passato, rivela invece, oltre quella voce biascicata, molto di più. Così proviamo ad ascoltarlo attentamente, nel corso della conferenza stampa pre-Sanremo, e arriviamo a intuire che in fondo ha davvero ragione lui.
Per dirla in parole povere, Lauro De Marinis – il suo nome all’anagrafe - sa far parlare di sé, sempre e comunque, da artista, da imprenditore, con la voce e con l'immagine, perché la musica la concepisce come parte di qualcosa di più ampio. Un concetto inconsapevole (o forse no), che funge anche da apripista all'epopea dei Måneskin, in volo per l'America proprio dalla Riviera, attenzionati però con ben altri accorgimenti. Senza dubbio il cantante romano non ha una voce da usignolo, per quanto immagino non sia il suo primo pensiero, e i “travestimenti” (già utilizzati anni addietro) non anticipano di certo i tempi, eppure continua a rubare la scena.
Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa, verrebbe da intonare con tanto di sbatacchiamento sul petto, perché quando si definisce il pubblico sovrano (giustamente), poi bisogna dargliene atto veramente. E il pubblico, la gente insomma, quella che la musica la ascolta e vive per davvero ai concerti - almeno fino ai tempi pre pandemici - ha stabilito da subito che Achille Lauro fosse degno d'attenzione e di rispetto.
Rispetto anche per la volontà di tornare in Riviera, dove ormai è un habitué, e rimettersi in gioco nuovamente con Domenica (assieme all'Harlem Gospel Choir, uno dei più importanti d'America), un inedito dal sound popolare che farà parte di Lauro - Achille Idol Superstar, nuova edizione del suo ultimo album (in uscita l'11 febbraio).
“Utilizziamo Sanremo come fosse una vetrina dove andare a promuovere un nostro progetto in mezzo a 100 vetrine dell’anno (Lauro parla rigorosamente in prima persona plurale, ndr). Rolls Royce mi ha permesso poi di tornare l’anno dopo con Me ne frego, che ha rappresentato totalmente il mio mondo. Ho letto tante cose riguardo Domenica. Ricordo che Me ne frego avevano detto che faceva cagare agli ascolti ma è stata dirompente e un’operazione divisiva. Potevamo andare con una ballad, con 16 marzo e C’est la vie ma è un altro mondo, un’esposizione di quello che possiamo fare a 360 gradi”, confessa serio, togliendosi il primo sassolino dalla scarpa.
Intanto Domenica - secondo il cantante - mantiene un sound che si è perso da tempo: “Per me Rino Gaetano è popolare. Per me la domenica è l’essere liberi, ci si diverte, si esce fuori, si scopa, si fa quello che ci va di fare. La mia musica è qualcosa che va oltre la canzone. Questo non vuol dire trasgredire per forza, ma fare sempre qualche cosa di nuovo e sempre di diverso. Sono anni che cerco di distruggere la mia carriera, ma non ci riesco”, se la ride alla fine, sfrontato almeno in apparenza.
Come sfrontata è la scelta nella serata delle cover con Sei bellissima cantata insieme a Loredana Bertè: “Ha un ritornello tra i più conosciuti della musica italiana e strofe struggenti che raccontano di questo amore sofferto, questa dipendenza amorosa, un po' lo svilimento della donna. Non è una scelta a caso, la trovo una canzone incredibilmente profonda, con un concetto dietro assolutamente attuale”.
Di sicuro questa sua partecipazione - che si preannuncia già sulla carta una delle attrazioni del Festival - chiuderà un cerchio, anche se il romano tornerà senz'altro in Riviera, ma in altra forma almeno. Dopo la settimana festivaliera ci sarà anche un tour, “un crossover tra mega show e musical, qualcosa che in modo autonomo possa attraversare i confini nazionali e durare”. Con buona pace di chi continua a etichettarlo come un’insulsa meteora.