Aldo Grasso sul Corriere, nella sua rubrica “Televisioni” per il Corriere della Sera difende M – Il figlio del secolo, la serie evento su Sky tra le più discusse di questi anni. “Sky sta proponendo il bestseller di Antonio Scurati, M – Il figlio del secolo, ma questa è un’opera televisiva, quindi è giusto menzionare lo sceneggiatore, Stefano Bises e poi il regista Joe Wright. Perché insisto su questo? Perché sono sorte delle polemiche un po’ strane”. Il riferimento è ovviamente sia alla polemica su Luca Marinelli e il “dolore” provato per aver dovuto sospendere il giudizio per lavorare alla parte, sia alle critiche di natura storica fatte al prodotto di Wright. Queste ultime, tuttavia, sono arrivate non solo da storici ed esperti (non da ultimo ha detto la sua anche Giordano Bruno Guerri), ma anche da alcuni suoi colleghi, il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio e il vicedirettore del suo stesso giornale, Aldo Cazzullo, che in modo diverso hanno ricordato che Mussolini non era una macchietta (e questo, sottolinea Cazzullo, nonostante i libri di Scurati gli siano piaciuti; quindi non è un pregiudizio a partire dai libri). Rispetto alla prima Grasso è lapidario: “Assurdo che faccia discorsi simili. Il suo mestiere è interpretare personaggi, che siano buoni o cattivi non ha nessuna importanza”.
È sulla seconda, invece, che sceglie di concentrarsi: “L’aspetto più sconsolante riguarda tutte le critiche di carattere storico. Sembravano discorsi che si facevano negli anni Sessanta. Questa è un’opera, un film, come tale va giudicata. Non va confrontata con la realtà. Se ne viene fuori un personaggio che è emotivo e non razionale, che a volte si presenta in vesti grandiose e in altre in vesti grottesche, be’, questo è l’M di questo film. Non è Mussolini, che pertiene agli storici e non a chi fa del cinema o dell’arte”. Infine aggiunge una nota tecnica, riguardo allo stile del regista, anche lui molto criticato per l’effetto “graphic novel” delle prime puntate: “Riproporre un personaggio sotto i canoni del cinema espressionista, con le stesse luci, di taglio, con gli stessi costumi quasi, è una scelta fatta dal regista che può piacere o non piacere”. Ma qual è il messaggio, se non raccontare chi era Mussolini? Per Grasso ha a che fare con l’attualità: “L’unica cosa vera è che questo film ci dice che la tragedia di M è una tragedia che continua ancora ai giorni nostri”.