Aldo Grasso, uno dei critici televisivi più taglienti del panorama italiano (se una serie ha difetti, li trova con la precisione di un segugio), ha messo nel mirino Miss Fallaci, la miniserie di Rai1 che racconta gli esordi della celebre giornalista Oriana Fallaci, scrivendo un articolo sul Corriere della Sera. E il suo giudizio? Diciamo che non si è certo trattenuto. La serie, ideata da Alessandra Gonnella e Diego Loreggian, scritta da Viola Rispoli e Tom Grieves e diretta da Luca Ribuoli, Giacomo Martelli e Alessandra Gonnella, prometteva di portare sullo schermo il ritratto di una delle figure più controverse e incisive del giornalismo italiano. Peccato che il risultato sia, secondo Grasso, qualcosa di ben diverso: “ha i tratti distintivi della soap opera (non ricorda Il paradiso delle signore?)”, con una Miriam Leone impegnata in una recitazione “di maniera”. Ed è proprio qui il punto dolente: raccontare Oriana Fallaci senza restituirne la carica esplosiva significa, in pratica, svuotarla. Non si può prendere un personaggio come lei e ridurlo a una figura monodimensionale, quasi caricaturale, scrive il critico. “Se c’è un aspetto su cui tutti concordano è che Oriana Fallaci, al di là di un carattere per nulla facile (a tratti insopportabile, stando alla testimonianza diretta di chi ha lavorato con lei), aveva una qualità rara: una prosa incandescente, fatta di emotività allo stato puro, di coscienza dell’efficacia ‘simbolica’ della passione”. Eppure, tutto questo nella serie sembra smorzarsi in un racconto che non riesce a restituire la potenza della sua scrittura. Grasso sottolinea che chi non conosce bene la figura della Fallaci si trova davanti a “un personaggio arrivista e piuttosto antipatico che crede solo nelle ‘verità’ del genere intervista (che è finzione come ogni cosa scritta) e nella determinazione di intervistare chiunque”. Sì, insomma, una sorta di scalatrice sociale che si muove con freddezza, determinata più dalla voglia di arrivare che dalla passione per il giornalismo. Ma era davvero così? O meglio: era solo questo?

Poi Grasso commenta un altro punto critico della serie: il rapporto tra Oriana e Alfredo Pieroni, il collega con cui ha una relazione, viene descritto come un continuo esercizio di autodisciplina che “sembra negarsi suggestioni, ambiguità, sentimenti.” Un peccato, perché nel racconto della Fallaci il cuore e la passione non sono mai mancati. E il titolo? Ah, il titolo! Qui Grasso sferza con una stoccata che è un piccolo capolavoro di ironia: “Con Miriam Leone ex Miss Italia come si fa a chiamare la serie Miss Fallaci?” Il gioco di parole è evidente, ma lascia anche un dubbio: è stata una scelta consapevole o una leggerezza? Perché, diciamocelo, la Fallaci era molte cose, ma di certo non una “Miss”. E poi, alcune scene sembrano sfiorare il grottesco: a un certo punto, la protagonista si lancia in una lezione di giornalismo davanti a Orson Welles. Ora, d’accordo che Oriana aveva carattere, ma siamo sicuri che Welles stesse lì ad ascoltare i suoi insegnamenti con interesse reverenziale? Grasso solleva un’altra domanda pungente: “E davvero tutta Hollywood era ai suoi piedi?” Un po’ di sano dubbio storico non guasta. Alla fine, ciò che cerca di dire Grasso, è che quando si affronta un personaggio così grande e complesso, bisogna stare attenti a non ridurlo, a non banalizzarlo: “o lo si affronta con una scrittura altrettanto articolata o, fatalmente, ogni inquadratura rischia di togliergli qualcosa, fino a spogliarlo, fino a caricaturizzarlo”. E il rischio è proprio quello di trasformare una figura incandescente in un prodotto confezionato per il grande pubblico, privo di quella scomodità che invece era la sua essenza. E allora la domanda resta: è possibile raccontare una figura come Oriana Fallaci senza renderla più docile, più digeribile, più “da prima serata”? Forse sì, ma servirebbe un altro tipo di coraggio. Il coraggio di non fare di lei un’icona levigata, ma di restituirle le sue asperità, i suoi eccessi, le sue contraddizioni. Perché, alla fine, Oriana non era né una soap opera né una figura addomesticabile. Ed è questo che la rendeva unica.

