Alessandro Siani, o del trionfo del giusto mezzo al cinema. Senza mai essere stato il nuovo Totò, e neppure un Benedetto Croce risorto al mondo della comicità, e ancor meno Massimo Troisi, Alessandro Siani ha successo, piace. Risulta anzi perfetto per suscitare spettacolare “simpatia” tra i ragazzi e le ragazze che amano stare lontano da ogni sussulto, indifferenti, se non disinteressati alla vera risata seppellitrice che altrove vive. Un bravo comico Hag. Il suo film, appena uscito, “Tramite amicizia”, accoglie le palme e le emoticon del successo popolare, surclassa addirittura le corazzate titaniche lungo le prime linee del botteghino. Siani Alessandro appare brillante e amabile agli occhi dei pischelli del sabato pomeriggio, come un Pieraccioni di Fuorigrotta. Di cognome, anagraficamente parlando, Siani farebbe Esposito, tuttavia, cosa ammirevole, ha scelto di omaggiare nel proprio “nome d’arte” Giancarlo Siani, giornalista de “Il Mattino” di Napoli, assassinato dalla camorra il 23 settembre 1985. Una scelta apprezzabile, espressamente “civile”, cui in verità corrisponde una recitazione, una comicità, come dire, socialdemocratica o forse demitiana, mastelliana, centrista, lontana da ogni sussulto eversivo, contenuta anche nel lessico, mai “triviale”. Consegnando così il titolo autoctono, il blasone degli “Esposito” per intero a un possibile marchio, a un brand, non meno partenopeo, proprio delle pizzerie.
Immediatamente, ma che dico, concretamente, Siani-Esposito consegna la propria carta d’identità già con il manifesto di lancio della sua pellicola più recente: le mani a frullare nell’aria nel più entusiastico, prevedibile “Ué!”. Ulteriore ossequio a certa doverosa, prevedibile simpatia da Mercante in fiera tra Vomero e Mergellina, categoria espressiva, quest’ultima, che propone una sorta di interclassismo liceale.
Come si decide, tra ragazzi, di andare a vedere proprio un suo film? Assai semplice, occorre immaginare un prevedibile, docile sabato pomeriggio, i libri, le squadre, i compassi, i testi di estimo immobili, vergini, dentro lo zainetto, la comitiva mette dunque ai voti il titolo da scegliere, alla fine, ogni altra possibile opzione crolla davanti al suo “Ué!”. Bocciato Bellocchio, bocciato perfino Sorrentino, esclusa pure la pellicola di paura con i vampiri metropolitani Made in Usa e anche i cosiddetti vampiri energetici, vada semmai per Siani… Su, dai, corriamo, dai andiamo, sicuramente con lui ci divertiamo, troppo forte; la medesima cosa accadeva negli anni Settanta con Bud Spencer e Terence Hill, il trionfo appunto del giusto mezzo ordinario, del film “pulito”, omaggio al quieto gusto piccolo-borghese.
Siani risulta perfetto anche per un passaggio a “Domenica In” da Mara Venier, ambasciatore di una Napoli minore, appunto Hag, priva d’ogni veleno pienamente sarcastico, ciò non toglie che il “ragazzo” abbia talento e i tempi giusti, esatti, per risultare convincente, mettere in moto l’ascensore e l’autoclave, l’impianto di riscaldamento, la guardiola del riso condominiale, lontano da ogni picco che voglia invece pretendere effrazione rispetto al sentire comune, di più, al luogo comune, omaggio dunque a una sorta di reddito di cittadinanza dell’ironia modello base, un dispositivo comico che depotenzia perfino le anime del purgatorio partenopee che altrimenti, se affidate ad altre voci ben più inclementi verso l’ordinario, darebbero sfogo alla vocazione panica e perfino scatologica che pienamente appartiene alla vis filosofica nata e cresciuta all’ombra del Vesuvio.
In una prospettiva assai ravvicinata, Alessandro Siani c’è perfino da immaginarlo perfetto, dopo la semplice partecipazione di quest’anno, per il prossimo Festival di Sanremo ricondotto all’ordine più rassicurante, più “liceale” appunto, compitezza da orgoglio familiare per avere ricevuto l’orologio Zenith in occasione della prima comunione, così in attesa che della minicar che certamente giungerà il giorno della doverosa cresima. Occorre immaginarlo già ad affiancare Pino Insegno, che lo annuncia pronto a scendere le scale dell’Ariston, come conduttore di complemento, ambasciatore dei un vulcano riportato alla quiete familiare, cancellato così perfino ogni bradisismo della provocazione, della “volgarità”, della fluidità sessuale da altri innalzata, tutte cose che assai poco vanno giù all’Italia che si riconosce nel conformismo moralistico, da portineria angusta della Meloni dei Fratelli d’Italia, sorelle, cognati, cognati, cugini, cugine, suocere, suoceri, amichetti, amichette, ex fidanzatini, ex fidanzatine, forse anche il parroco che già assistette all’apertura del pacchetto che conteneva lo Zenith, tutti non meno d’Italia, gli stessi che un attimo prima di tagliare la pizza si premurano di premiarla con un selfie a maggior gloria del banale altrettanto ordinario. S’intende che anche Pierluigi Diaco lo accoglierà tra gli applausi qualche ora dopo, a notte fonda, al dopofestival. La notte fonda della normalizzazione spettacolare in nome della più docile simpatia.