La questione non è politica, non è morale, è esistenziale. Premetto che il comico non è una scelta, ma una condanna. Dispetto onnipotente e bambino al senso unilaterale e ottuso che l'uomo ha proiettato arbitrariamente sul caos di natura. Dissoluzione della narrazione di stato, di quella storica e principalmente individuale. Essere mossi, proprio malgrado, da una tensione innata verso l'esistente, demistificatrice, che individua in un assalto al senso comune o dominante il compimento di una catarsi. Questa libera fondamentalmente da un solo regime: sé stessi. Comico è quindi, nel suo primo stadio, il dispiegarsi di un dispetto disdicevole, triviale, fescennino, prima verso l'io, poi verso il prossimo "io". Zwan, maschera spigolosa, di antica plasticità, scolpita dalla notte dei tempi nella roccia sabbiosa, era già condannato prima ancora di nascere. È a prima vista uno scherzo della natura che risuona nel corpo. A impatto, lo scemo di paese svanito, che fa vergogna, che non troverà mai posto nella storia e in nessuna morale della storia. Così, ardentemente, mi sembra, sia stato trascinato alle estreme conseguenze da questa tensione, di cui ha solo potuto prendere atto. Il senso dominante da assalire è ovviamente incarnato in tale contesto dei talebani e dalla volgarità del loro assolutismo da ultras di una qualsiasi Sarnese Calcio.
L'assassino seduto che ride alle battute del condannato rivela a fronte di questa esecuzione, una sconfitta totale, lapidaria, la sua. Qui, idealmente, un morto vince. Un morto vive. Rimane l'analfabetismo esistenziale degli altri, i tifosi, cadaveri semovibili schiacciati dai resti di uno stadio caduto - partita persa in partenza contro la Paganese. Pedine inconsapevoli di interessi economici targati USA: ecco perché in questa commedia l'attore che interpreta Biden - che è davvero un cane - fa finta di niente. Tornando al video in auto, non ho mai visto due schiaffi incassati con tale dignità e non uscendo mai dal ruolo. Il dispetto che brilla negli occhi di Zwan è lo sberleffo di un bambino di pochi mesi verso quella grande cazzata che è la vita, che gli si manifesta senza i fronzoli di volontà e rappresentazione. Qui si dissolve tutto il neorealismo e la sua idealizzata patina etica. Immaginarsi Lamberto Maggiorani che, nella più celebre pellicola di Vittorio De Sica, dopo aver rubato la bicicletta e ricevuto gli schiaffi al cospetto del figlio, invece di piangere nel corso dell'ultima promenade, compisse un doppio salto mortale con tuffo ad Ostia Lido. Questo, mi sembra, abbia fatto Zwan. Non ho mai visto una sua performance in scena. Non so se fosse un artista. Non so se fossero interessanti i suoi spettacoli. Ho cercato dei video e non ho trovato nulla. Ma, per ora, basta questo.