In questo periodo storico inquinato dal finto perbenismo, dal vittimismo di professione, dalla dittatura della suscettibilità e dal culto della fragilità, per rintracciare un minimo di buon senso si è costretti a dover bussare alla casa del Grande Fratello. Bussare per farsi aprire la porta e uscirne, si intende, per poi rifugiarsi però in studio, tra le braccia e i neuroni del conduttore, Alfonso Signorini. Ma chi, il direttore di Chi? Sì, proprio lui, intervenuto durante la trasmissione per sedare una serie di deliranti reazioni a un ipotetico caso di razzismo tra semisconosciuti concorrenti del Gf Vip.
Un caso montato dopo che, mentre nella casa stavano bisticciando Alex Belli, l’egiziano Samy Youssef e l’ex “gatta nera” Ainett Stephens, Soleil Sorge, non potendone più delle loro grida, si è fatta avanti dicendo “Smettetela di urlare come delle scimmie!”
Stephens e Youssef si sono risentiti e hanno accusato Sorge di razzismo. La malcapitata, temendo l’espulsione o comunque conseguenze dentro e fuori dal programma, si è scusata più volte, ma come al solito ai presunti diretti interessati le scuse non sono bastate (ennesima riprova che al cospetto di censori non è mai il caso di scusarsi, se non si è fatto niente di male: come dice Ricky Gervais, uno che non si scusa mai nonostante le dica grossissime, “solo perché ti senti offeso non significa che tu abbia ragione”).
Pure Raffaella Fico, madre di una bimba avuta da Mario Balotelli, ha rincarato la dose: “Per me rivolgersi ad Ainett e Samy chiamandoli scimmie è offensivo. È un’offesa razzista, bisogna prestare attenzione alle parole che si dicono”.
Il delirio si è aggravato quando in studio l’opinionista Sonia Bruganelli, moglie di Paolo Bonolis, ha provato a scagionare Soleil: “Avete parlato di razzismo e state ingigantendo una frase che di razzista ha poco, il razzismo è una cosa seria”. A quel punto è partita anche Lulù Selassié (anche in questo caso, se non sapete chi è non è colpa vostra), con un “le persone bianche non possono sapere”.
A quel punto Signorini ha interrotto il caos, tra urla, accuse, minacce di abbandonare il gioco e addirittura lacrime: “Io non voglio fare il vigile, autori parlate con quelli della casa e fateli calmare, con loro in questa maniera non dialogo. Quello che stiamo vedendo è esattamente quello che sta succedendo, non possiamo avere paura e privarci della libertà di pensiero, ma questo politicamente scorretto ha rotto. Basta essere tacciati di razzismo, omofobia”.
Dopodiché Signorini ha stigmatizzato “le scene orribili a cui abbiamo assistito poco fa. Il confronto non si esprime alterandosi ma dialogando. Quando manca il dialogo si passa dalla parte del torto. Io capisco il disagio di Ainett, che ha vissuto sulla sua pelle i problemi del razzismo, capisco il disagio di Samy che è arrivato su un barcone, capisco il disagio di Raffaella ogni volta che porta la sua bambina a scuola, capisco tutto, ma proprio perché voi vivete quel disagio non potete pensare neanche lontanamente che Soleil abbia idee razziste. Qui vuol dire aver perso il senso della ragione”. E ancora: “Soleil ha detto una frase del cavolo, ha chiesto scusa, voi non sbagliate mai? [...] Vi beccate questa filippica. A me questo discorso del politicamente corretto m’ha rotto le balle. Basta. Imparate a ragionare con la vostra testa, non con i like dei social, con il consenso popolare, andando dietro come caproni al pubblico consenso per avere qualche like in più. Ma chissenefrega? Chissenefrega. Lei […] si è scusata. Ma come potete pensare che questa è razzista?”
La “lezione” di Signorini ha fatto scattare un applauso in studio, a dimostrazione del fatto che il sentimento reale non assomiglia minimamente a quello della microscopica ma rumorosissima bolla internautico-mediatico-pseudoculturale che pretende di dettar legge al resto del mondo e che vorrebbe portare al patibolo (metaforicamente ma non troppo) tutti i non allineati alla setta dei benpensanti. Grazie ad Alfonso (e a Sonia Bruganelli) qualche secondo di discorso sensato ha fatto capolino sulla televisione nazionalpopolare. Chissà se tornerà mai a sentirsi anche altrove.