Se anche voi, come chi scrive, siete persone particolarmente curiose e che non seguono le mode, ma le anticipano, potrebbe esservi capitato di ascoltare così, quasi rubando parola a una conversazione intima o comunque privata, che l’anno prossimo ci sarà la reunion degli Oasis. Lo so, sono un cretino. Il fatto è che mentre me ne stavo bello bello in vacanza, raccontandovi di come fosse la Tanzania e Zanzibar, continuavano a arrivarmi un po’ da chiunque notizie sul ritorno dei fratelli Gallagher, sul motivo del ritorno dei fratelli Gallagher, sulle quotazioni cui veniva data la possibilità che i fratelli Gallagher si manderanno a cagare prima dell’inizio del tour, o col tour ancora in corso. Ma anche sul prezzo dei biglietti del tour, su come anche gente famosa non sia riuscita a prenderseli, sul test o la lotteria per almeno provare a comprarli. E ancora sul secondary ticketing con conseguente intervista a Claudio Trotta (Dio santo, sono anni che denuncia la cosa e ancora siamo qui a chiedergli che significhi secondary ticketing) e via discorrendo. Qualcosa che, in tutte le sue componenti, può essere serenamente catalogato dentro un grande folder, di quelli gialli che si trovano genericamente nei desktop dei nostri pc intitolato, anche qui genericamente, “rottura di coglio*i”.
Perché una notizia, fosse anche la più interessante del mondo, è la reunion degli Oasis. A meno che tu non sia un fan degli Oasis, e qui sarebbe da aprire un dibattito lungo e probabilmente sterile. Perché se uno è fan degli Oasis si suppone che non sia poi così disposto a mettere in discussione i propri gusti, sbagliando, perché una notizia, dicevo, fosse anche la più interessante del mondo, e la reunion degli Oasis non è affatto una notizia così interessante, ripetuta per miliardi di volte slabbrerebbe le palle anche a Franco Trentalance. E non il Franco Trentalance di oggi, ma quello del periodo aureo, figuriamoci a un comune lettore. Così ho deciso, in ordine sparo: 1) di perculare il tanto parlare della reunion degli Oasis, 2) provare a ristabilire l’ordine naturale delle cose, cioè a indicare un modo di fare informazione musicale che non sia un mero ripetere quello che stanno dicendo gli altri (sì, ho una certa considerazione di me, forse si è notato). Infine 3) di stilare una lista, sempre che si possa chiamare lista anche qualcosa di così sfilacciato come questo articolo, sempre che si possa definire articolo qualcosa di così pretenziosamente letterario, sempre che, insomma, ci siamo capiti, di stilare quindi una lista di altre reunion che non ci sono ancora state, che probabilmente, se non sicuramente, non ci saranno e che, sì, Dio mio, sarebbe bello ci fossero. Ovviamente, essendo io un caz*one, partirò direttamente dall’ultimo punto, avendo già io regolato i conti con gli altri così, sommariamente, strada facendo. E partirò dall’ultimo punto senza neanche essermi preparato a riguardo. Tipo andando a Googlare per vedere se qualcuno ha già scritto qualcosa del genere, ma figurati. O magari cercando una qualche quotazione riguardo le prossime reunion possibili, che i broker e gli scommettitori son gente seria, che studia. No, questo è un articolo che segue un flusso di coscienza, o incoscienza, fate voi, e in questo flusso, ovviamente scritto e quindi finto, perché poi potrei rileggere, Dio me ne scampi, e correggere quel che c’è da correggere, aggiungere quel che c’è da aggiungere, tagliare eccetera eccetera, e in questo flusso ci finirà solo quel che passa il convento, che poi sarebbe la mia flebile lucidità oggi.
Parto da una reunion che sembrava impossibile, perché sono passati trent’anni. E perché mai, in questi trent’anni, i protagonisti avevano dato cenno di essere intenzionati a tornare insieme, Dio mio quanto posso essere scemo quando mi ci metto. Parlo della reunion tra Alex e Aidi, protagonisti del long seller Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi. Sì, perché è in uscita in questi giorni "Due", che di quel romanzo, tradotto un po’ ovunque, venduto a milionate di copie, addirittura studiato a scuola, è il sequel. Trent’anni dopo, appunto. Una reunion, quindi, non solo tra i due protagonisti, che stando alla quarta di copertina hanno un oceano, l’Atlantico, a dividerli, ma anche tra Enrico Brizzi e il suo più grande successo e quindi tra Enrico Brizzi, in questi giorni in giro con un reading musicale, proprio come ai tempi (anche se lì aveva al fianco Michele Mezzala Bitossi, stavolta non mi sembra), e la possibilità di avere un nuovo clamoroso successo, la sua carriera da allora procede bene, ma mai con quei risultati. Chi invece non si è più messo insieme né mai si metterà insieme, parliamo di fantasie, eh, è David Gilmour. L'artista è proprio fuori proprio in questi giorni col nuovo album "Luck and Strange", e di recente è apparso in un pub per suonare e cantare Wish You Where Here con sua figlia, e Roger Waters. I due si odiano a morte, è noto. Hanno due ego ipertrofici che difficilmente potranno mai pacificarsi. E soprattutto hanno costruito carriere, quella coi Pink Floyd, Gilmour, e quella solista continuando a guardare ai Pink Floyd, Waters, che non necessitano certo di aiutini, economici o artistici. Quindi niente Pink Floyd 2.0, si mettano i cuori in pace chi darebbe un rene per rivederli almeno una volta insieme. Come non si rimetteranno insieme i The Smiths. Perché se tutti pensavano che a rifiutarsi fosse Morrissey, uno che in quanto a sbrocchi e personalità debordante sembra non avere nulla da invidiare proprio a Waters, si è scoperto che ad aver fatto il gran rifiuto, si dice per la cifra record di venti milioni di sterline, mica noccioline, sia stato proprio Johnny Marr, chitarrista. Uno che in quanto chitarrista degli Smiths è qualcosa di più di un semplice chitarrista. Come dire, è stato bello, intenso, ma non lo rifarei neanche se mi puntassero un bazuka alla fronte. Una cosa simile, da noi, l’ha fatta Francesco Renga. So che il paragone suona un filo azzardato, rifiutando di accompagnarsi di nuovo con Omar Pedrini e i loro, forse più suoi di Omar che loro, a questo punto, Timoria. Per il venticinquennale, prima, e trentennale, poi, di "Viaggio senza tempo" ci sarebbe anche potuta essere occasione, ma niente di fatto. Lì c’è stata, lo ha raccontato Omar, una questione di donne, e di scazzi, e Renga ha poi preso una strada così distante dal suo passato da rendere il tutto forse poco credibile, peccato, perché per chi c’era sarebbe stato bello rivederli, ma tant’è: niente Timoria.
E niente Ivano Fossati che torna sulle scene. Certo non una reunion, perché uno che ritorna sui suoi passi ma è da solo non fa certo una reunion, semmai un ritorno. Ma Ivano si è davvero rotto di star lì sempre a pensare a come trasformare quel che vive o gli passa sotto gli occhi in canzoni, e quindi ha preferito andare in pensione, chiamalo stupido, lui che può. A me, che sono un romantico, piacerebbe per una volta rivedere sullo stesso palco anche Piero Cassano con Carlo Marrale e Antonella Ruggero, i tre sopravvissuti dei primi Matia Bazar. So che è impossibile, ma mi piacerebbe davvero tanto. Sogno per sogno. I Rage Against The Machine qualcosa hanno fatto, non abbastanza, e a questo punto, sognare per sognare, anche se Eazy E non c’è più, un bel ritorno dei N.W.A non sarebbe affatto male. Giusto per ritornare con la mente a quando eravamo giovani, quei bei tempi lì, Ice Cube e Dr Dre assieme a Mc Ren e DJ Yella. Un po’ di sano odio verso la polizia che sembra non essere poi passato così tanto di moda. Tornati del resto insieme i Jane’s Addiction, nella versione originale, con anche Avery al basso, e non potendo tornare insieme chi animava quegli anni lì, quelli dei primi Lollapalooza, perché son praticamente morti tutti. Dio santo, tocca tornare ancora indietro nel tempo, e sperare, che so?, in una pace tardiva tra Jello Biafra e il resto dei Dead Kennedys, perché loro senza di lui non esistono, diciamolo apertamente, e lui senza di loro è un po’ meno cattivo e incisivo di un tempo. Gli Eurythmics ogni tanto insieme ci sono tornati, ma sono anni che non fanno cose di rilievo. Annie Lennox e Dave Stewart insieme hanno letteralmente fatto la storia del pop anni Ottanta, e non solo, mentre, anche lì, sono talmente tanti i sopravvissuti a quell’epoca che portano in giro progetti con turnisti e passanti che quasi viene voglia di augurarsi che prima o poi venga scritto un editto che impedisca a chi non c’era al momento della nascita di portare avanti i nomi di band storiche. Ah, anche Le Orme nella formazione con Tony Pagliuca e Aldo Tagliapietra, oltre che Michi Dei Rossi, non mi spiacerebbe, ma pure qui siamo nel campo dell’impossibile. Insomma, o voi che vi siete titillati all’idea di tornare, forse, se non si mandano a cagare prima, vedere insieme Noel e Liam, lì a litigare sul palco, come due deficienti, sappiate che di possibilità ce n’erano eccome. Io per dire pagherei bene per vedere i Deep Purple nella formazione di "Burn", anno del Signore 1974, con Ritchie Blackmore, Jon Lord, Glenn Hughes e Ian Paice accompagnati dalla voce di David Coverdale, poi voce degli Whitesnake, e farei carte false per continuare a vedere in giro gli Aerosmith, che non si erano sciolti ma hanno annunciato il loro ritiro per problemi alle corde vocali di Steven Tyler, ma davvero, c’è l’imbarazzo della scelta. Imbarazzo della scelta che mi sembra spesso lasci spazio, mi autocito, all’imbarazzo e basta. Contenti voi.