Immaginatevi la scena. Antica Roma, c’è un tizio con il naso piuttosto ingombrante, adunco, I capelli portati corti, un tempo si sarebbe detto alla paggetta, il pizzetto e i baffi a contornare la bocca. Sulla faccenda dei baffi e il pizzetto toccherebbe andarsi a sentire cosa ha detto il professor Alessandro Barbero, sostenendo che mentre molto si è divulgato sui vestiari dell’antichità, molto poco si è fatto riguardo le acconciature dei capelli e il modo di portare barba e baffi, così, per la cronaca. Il tizio indossa una tunica e dei calzari. Al suo fianco c’è un cavallo, diciamo un cavallo bianco, tanto per non aprire antipatiche letture politiche della situazione. Il tizio, che stranamente ha una pronuncia del nord Italia, nord Italia che ai tempi dell’antica Roma non viene ovviamente chiamato così, ci dice, è a noi che assistiamo alla scena che sta evidentemente parlando, anche se non ci guarda mai negli occhi, che il cavallo in questione è appena stato eletto senatore, per sua precisa volontà, sua del tizio col nasone adunco, non del cavallo medesimo. Poi, focalizzate la vostra attenzione su questo passaggio, sempre che non siate distratti dall’idea che un cavallo possa fare il senatore, negli ultimi decenni in Italia non ci siamo fatti mancare niente, non fate troppo gli schizzinosi, il tizio comincia un pippone, vagamente sul vittimistico, come di chi vuole mettere le mani avanti, nel quale ci spiega che sì, ha fatto senatore un cavallo, ma è un cavallo particolarmente intelligente, ha fatto ippoterapia non so per quanti anni, e che in tutti i casi non è che gli altri senatori possano vantare un curriculum come il suo, anzi, quasi comincia a dirci uno per uno i difetti di tutti gli altri membri del Senato, sempre sottolineando come al centro della sua attenzione ci sia sempre la qualità, mai scelte dettate da altro. La scena potrebbe essere quella di un peplum, quei film che ebbero la loro origine proprio in Italia, a Cinecittà, e che erano ambientati nell’antica Roma o nell’antica Grecia, parlo degli anni Cinquanta, anche anni Quaranta, da Hercules a Ben Hur, non è importante star qui a farne la cronistoria. Il progatonista, e qui veniamo alla notizia del giorno, Amedeo Umberto Rita Sebastiani, meglio noto col nome d’arte di Amadeus.
A vincere i sei posti su dodici che portano direttamente dentro il cast del Festival della Canzone Italiana di Sanremo 2023, settantatreesima edizione, sono stati, primo gIANMARIA, vincitore assoluto, già secondo a X Factor nel 2021, poi Shari, Colla Zio, Sethu, Will e Olly. L’anno scorso avevano vinto Yuman, Matteo Romano e Tananai, quest’ultimo, arrivato ultimo nel 2022 ma poi esploso anche grazie al successo di Mille, con Fedez e Mara Sattei, anche lei in gara, quest’anno ancora in gara tra I Big. Provate a fare un esercizio sufi e segnatevi tutti questi nomi, parlo di quelli usciti dalle due edizioni di Sanremo Giovani che dava accesso ai Big, è anche di questo che sto andando a parlarvi. Comunque, giusto per fare un veloce riepilogo. In due anni sono passati a Sanremo Big da Sanremo Giovani nove artisti, contando il fatto che Colla Zio, Dio mi perdoni, sono una band composta da cinque persone, tredici artisti. Di questi, eccoci al punto, una sola donna, Shari. Quest’anno, per altro, tra i giovani artisti che si giocavano ieri sera i sei posti, troppo alta la qualità per sceglierne meno, ci ha detto Amadeus, una sola altra donna in gara, Noor. Ok, guardiamo al cast di Sanremo 2023. Diretto da Amadeus, presentato da Amadeus con Gianni Morandi, le due donne tirate in ballo per la conconduzione, Chiara Ferragni nelle serate di martedì e sabato, e Francesca Fagnani, cui buona parte dei giornali hanno dato come ruolo l’essere la compagna di Enrico Mentana, ecco, le due donne a ricoprire il ruolo di vallette, diciamolo, il famoso passo indietro che le donne dovrebbero saper fare, parole sempre di Amadeus, qualche anno fa, quando introduceva nel medesimo ruolo la compagna di Valentino Rossi (il non citarne il nome è ovviamente una forma di mimesi a quel pensiero, che vede le donne un passo indietro ai loro uomini, o agli uomini in generale).
Il cast, dicevo. Eccolo: Giorgia, Articolo 31, Elodie, Colapesce e Dimartino, Ariete, Modà, Mara Sattei, Leo Gassmann, Cugini di Campagna, Mr Rain, Marco Mengoni, Anna Oxa, Lazza, Tananai, Paola e Chiara, LDA, Madame, Gianluca Grignani, Rosa Chemical, Coma_Cose, Levante, Ultimo, cui vanno aggiunti I già citati gIANMARIA, Shari, Olly, Colla Zio, Will e Sethu. Bene, contiamoli. In tutto, compresi i duo e le band, sono quarantadue artisti, Dio mi perdoni, quarantadue. Di questi, siamo ancora sotto patriarcato, nonostante la gestione Coletta e nonostante le proteste della Cirinnà, undici sono donne, trentuno sono uomini.
Oops, Houston, potremmo avere un problema.
O magari è un caso.
Vediamo alle altre tre edizioni targate Amadeus.
Edizione 2020, quela vinta da Diodato, a pochi giorni dallo scoppio della pandemia da Covid19, ventisei concorrenti in gara, nei fatti trentatré artisti, compresi i membri delle due band Pinguini Tattici Nucleari e Le Vibrazioni, sette donne. Di questi, due donne, Tosca e Rita Pavone, aggiunte in corsa, magari, visto mai, sulla scia di certe proteste rivoltegli proprio per l’assenza di donne nel cast, confesso di essere stato io il promotere di tale battaglia, al grido dell’hashtag #lafigalaportoio, e anche delle polemiche relative all’aver detto che le donne dovevano stare un passo indietro, comunque sempre un rapporto sette a trentatré. Tra i giovani, otto partecipanti, dodici artisti tra i quali tre donne, due parte di un duetto, Gabriella Martinelli e Lula. Daje Amade’.
Edizione 2021, quarantuno artisti in gara, di cui undici donne, per la cronaca di queste dieci, tre erano parte di band, Maneskin, poi vincitori, Coma_Cose e La Rappresentante di Lista, e una in duetto con Fedez, Francesca Michielin, da sole no, non le facevano entrare. Tra I giovani, tanto per dire, otto concorrenti, per nove artisti, c’era il duo dei gemelli Dellai, di cui ben due donne, crepi l’avarizia.
Edizione 2022, senza più sezione giovani, come detto, venticinque artisti in gara, trentadue contando duetti e band, di questi dieci donne.
Ora, la cosa è evidente, Amadeus ha un problema con le donne. Non solo lui, è storia vecchia, nessuna donna ha mai diretto un Festival di Sanremo, parlo di direzione artistica, pochissime donne lo hanno presentato, mai ricoprendo anche il ruolo di direttrice artistica, e mai è stato concesso loro di replicare, Amadeus è al quarto Festival di fila, due ne ha fatti prima di lui Baglioni, tre Carlo Conti e via discorrendo. Nessuna donna è formalmente a capo di una major. Non fatemi continunare che mi avvilisco. Comunque Amadeus chiama sempre pochissime donne, mai più del 30% del cast. Quest’anno circa un 25%, anche meno, quindi. Nessuna donna ha infatti vinto sotto la sua gestione, a parte Victoria dei Maneskin, che però è appunto un quarto di una band, mica sarà un caso. A precisa domanda, postagli durante la conferenza stampa, ha risposto piccato, anzi, esausto. Che non vuole più dover tornare su questo punto, lui non sceglie gli artisti per il proprio sesso, schifa con tutto se stesso le quote rosa, ma solo in base alla bellezza delle canzoni in gara, e quelle non hanno sesso.
Se per “non hanno sesso” intende che non sono cantate da uomini e donne, ovviamente, è una cazzata, perché gli artisti in gara sono uomini e donne, mica altro, se invece intende che sono senza il tipico friccicore che si identifica col sesso, come dire, senza vita, beh, magari siamo anche d’accordo con lui. Le quote rosa non dovrebbero esistere, siamo d’accordo, ma prima non dovrebbero esistere le discriminazioni, che invece ci solo (peraltro un solo componente delle comissioni di cui ha parlato come esistessero davvero, è una donna, guarda tu). Siccome esistono evidenti discriminazioni, come ovunque, le quote rosa sono tristemente necessarie, o quantomeno, visto che parliamo d’arte, basterebbe un po’ di buon senso. Dando per assodato che non è la bellezza delle canzoni a determinare la partecipazione al Festival, ieri abbiamo sentito le dodici canzoni dei concorrenti a Sanremo Giovani e ci sono risalite le palle su per i canali testicolari, tanto erano brutte, direi che si sarebbe potuto fare qualcosa di meglio e di più, anche per dar posto a concorrenti donne, già discriminate dalla discografia, e quindi dal mercato.
Detto questo, e torno all’incipit, è evidente che oggi come oggi nessuno possa dir nulla a Amadeus, perchè ha fatto numeri folli al Festival, e perchè quando fai numeri folli sei come Dio, o come un imperatore. Decidi qualsiasi cosa e quella qualsiasi cosa è cassazione, nessuno ha modo di dire la sua. Del resto ha riportato a Sanremo top player come Mengoni, Giorgia, Anna Oxa, Grignani, Paola e Chiara, che gli si potrebbe dire. L’anno prossimo, complice la congiuntura che nel mentre ha portato il mercato discografico alla soglia del buco nero, a parte i grandi eventi live non succede più niente da tempo immemore, anche per questo le canzoni del Festival vengono riconosciute come hit, non c’è concorrenza, l’anno prossimo non ci stupiremmo di trovare in gara anche artisti di prima linea, penso a Zucchero, Ligabue, Cremonini, Jovanotti, per dire, questo è il trend. Però, e qui c’è il però, se sei Dio, o se sei il Caligola che ha eletto il suo cavallo a senatore, e che cazzo, non star poi lì a inventarti scuse come “scelgo le canzoni solo se sono molto belle, non per il sesso di chi le canta”. Non sei credibile. Anzi, sei quasi fastidioso, nel tuo piagnucolare scuse. Fai Caligola fino in fondo, del resto hai portato in gara i Cugini di Campagna, lasciando fuori un sacco di artisti più contemporanei e anche più di successo, dichiara apertamente “non mi piace la figa” o qualcosa del genere, tanto la figa, sotto Coletta, per dirla alla Elio e le Storie Tese, sembra essere passata di moda, e rivendica la tua scelta sessista, senza star lì a fare pantomime. Caligola non ne faceva. Comunque, dai, Giorgia Meloni ora metterà mano alla Rai, e almeno questa mano di smalto fluo che negli ultimi anni ha imperversato verrà meno, già quest’anno è un po’ sparita, salvo qualche rimasuglio, penso a Rosa Chemical. Vista la virulenza con cui ribadisce di farsi chiamare il presidente del consiglio, vien da pensare che vorrà imporre una linea più vicina a quella di un suo predecessore storico, quello che se il Monza vince con la Juventus per premio manda ai giocatori un pullman pieno di troie, imponendo d’ufficio un ritorno a quando era un pelo di figa a tirare più di un carro di buoi.