Non era difficile capire che la nuova direttrice del Salone del Libro di Torino sarebbe stata Annalena Benini. Bastava una semplice lavagna in compensato o sughero, come quello in dotazione agli uffici dell’F.B.I. delle serie televisive, e poi puntinare le seguenti caratteristiche: donna, scrittrice ma anche giornalista ma anche podcaster ma anche direttrice di rivista culturale ma anche romanziera di romanzi sulle donne ma anche donna saggista sulle donne ma anche madre ma anche recensora di libri ma anche di figli (si possono recensire i figli? Sì, basta leggere l’inserto de “Il Foglio”, “Il Figlio”) ma anche vicino alla sinistra ma anche alla destra ma anche ai moderati ma anche agli indipendenti ma anche giornalista per un giornale non di sinistra e scrittrice per una casa editrice non di destra, ma anche brava intervistatrice di scrittori e di scrittrici e di scrittor* (e lo è, è molto brava). Mancava qualcosa.
Dopo avere spillettato le caratteristiche scritte sui post-it in dotazione all’F.B.I. nelle serie televisive (sono post-it strani, quelli, senza adesivo, infatti li devi puntinare con le puntine colorate se no cadono per terra e non puoi fare l’indagine) e avere collegato le puntine colorate con lo spago colorato, al centro mi restava sempre la famosa foto con il punto interrogativo (c’è gente che davvero fa le foto ai punti interrogativi, quando fanno le indagini, così l’ho fatto anche io). Mancava nipote di Daria Bignardi e nuora di Vittorio Feltri per aver sposato il figlio Mattia Feltri (che non è una mia maliziosità né una dietrologia ma un dato di fatto riportato dal Corriere della Sera). Annalena Benini, che non conosco personalmente, ma solo attraverso i suoi scritti, è la persona giusta al posto giusto al momento giusto. Come ho già detto è brava (ripescate la sua intervista a Sandro Veronesi, magnifica), è elegante, a modo, una “signora” si sarebbe detto in altri tempi (anche se adesso potrebbe essere politicamente scorretto al limite dell’offensivo), ha un’ottima rubrica telefonica (non come quella di Gianni Minà, ma quasi), concordo con Giuliano Ferrara che l’ha definita – commentando la sua nomina – “campione di leggerezza e libertà letteraria”, meno quando commenta: “Saprà tenere lontana la kermesse dal riverito polline editoriale”, poiché di quel polline mi sembra abbastanza impollinata, il che è un pregio (non capisco perché Ferrara lo debba considerare un difetto), quando devi dirigere il Salone del Libro e non fare il cane sciolto.
Su di lei restano aperte due domande. La prima senza risposta, la seconda con la risposta. Prima domanda: ha dichiarato: “Sabato ho ricevuto una telefonata anonima su whatsapp”. Possibile che nessun giornalista le abbia chiesto come minchia si fa a ricevere telefonate anonime su whatsapp? Si possono fare davvero? Seconda domanda: ha dichiarato: “Mi hanno garantito assoluta libertà”. Libertà che Paolo Giordano si era vista negata (almeno così dice lui – anche a me è parso un po’ esagerato, per tre consiglieri). Perché a lei sì e a Giordano no? Quest’ultima domanda ha una risposta: provateci voi a rompere i coglioni a una direttrice – per usare il termine di Giuliano Ferrara – impollinata come lei.