È in arrivo una nuova docu-serie italiana. Dopo il successo di Sanpa, Netflix ci riprova con Vendetta - Guerra nell’Antimafia in uscita il prossimo 24 settembre. Sei puntate per raccontare la storia del giornalista di Telejato Pino Maniaci che da oltre 20 anni si batte personalmente e mediaticamente nella lotta contro la criminalità organizzata. Le sue inchieste, coloritissime e piene di improperi in diretta tg come l’anchorman che ci meriteremmo pure sulle reti nazionali, nel 2013 lo portano a scoperchiare gravi episodi di corruzione a carico di alcuni rappresentanti della magistratura siciliana, in particolare della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, focalizzandosi sull’allora magistrato e Presidente della sezione Misure di Prevenzione Silvana Saguto, uno dei più importanti giudici per l’Antimafia. Tre anni più tardi, il paradosso: Maniaci viene indagato per diffamazione ed estorsione con l’accusa di avere usato un “metodo a tenaglia” teso a denigrare o esaltare, attraverso i suoi servizi tv, mafiosi e politici locali in cambio di pagamenti in denaro. In Tribunale, lo scontro tra Maniaci e la Saguto è serrato fino alla sentenza definitiva che decreterà il vincitore di questa civil war alla siciliana intestina all’Antimafia. Una storia appassionante e intricata che ci siamo fatti raccontare, per saperne di più in attesa della serie, da chi Pino Maniaci l’ha conosciuto e può chiamarlo “maestro”: l’inviato de Le Iene, nonché regista, Ismaele La Vardera che ha mosso i suoi primi passi proprio a Telejato.
Come ha conosciuto Pino Maniaci?
Ho conosciuto Pino all’Università di Palermo, studiavo Comunicazione. Un giorno venne a trovare gli studenti e lanciò questa sfida: se qualcuno di noi avesse voluto andare a trovarlo in redazione a Partinico, gli avrebbe offerto le melanzane fatte da sua moglie, vitto e alloggio, oltre all’opportunità di andare in giro a fare i giornalisti d’assalto per la sua Telejato. Non era una cosa da poco, soprattutto in Sicilia, dove non ci sono grandi possibilità di fare esperienze del genere. Ovviamente sono andato subito, Pino mi aveva già folgorato.
Com’era lavorare per lui?
Ci buttava nella mischia: ci faceva fare la conduzione, il montaggio, le interviste. Mandavo i miei servizi quasi ogni giorno fino a quando uno di questi fece molto scalpore perché dopo la sua messa in onda si dimisero il sindaco e tutta la giunta di Villabate, il mio paese d’origine. La risonanza fu nazionale tanto che mi contattò Matteo Viviani per approfondire e raccontare la mia inchiesta. Da Pino ho imparato le basi del mestiere che mi hanno portato a lavorare, oggi, a Le Iene.
Parliamo del 2016: come hai preso le accuse di corruzione rivolte a Maniaci?
Quando è uscito tutto lo scandalo, io e i ragazzi che orbitavano o avevano orbitato intorno alla redazione di Telejato siamo rimasti sotto choc e abbiamo cercato di capire cosa stesse succedendo. Smarrimento totale. Pino arrestato nel mezzo di un’operazione Antimafia? Per noi fu un fulmine a ciel sereno. Dagli stralci di intercettazioni pubblicate, lo scenario sembrava terribile e non ci vedevo chiaro. Mi sono sentito perso anche perché non potevo incontrarlo e parlarci visto che lo allontanarono da Partinico con divieto di dimora. Pensa che montarono addirittura un video in cui sembrava che lui andasse a chiedere dei soldi al sindaco di Partinico, si vedeva un passaggio di denaro. La mia prima reazione fu: “Pino, che cazzo hai fatto?”.
E poi?
Poi mi sono fermato un attimo e mi sono detto: “Aspetta un secondo, pare che lui abbia fatto qualche minchiata però arrestarlo nel pieno di un’operazione Antimafia, mettere la sua foto segnaletica insieme a quelle di boss di una certa importanza… Che senso ha?”. Appena ho avuto modo di leggere le carte, mi sono reso conto che non c’erano le cose che si dicevano. Ho avuto i miei primi sospetti sul fatto che più che altro si trattasse di un accanimento giudiziario perché non c’era assolutamente nulla nei suoi confronti. Perfino il sindaco di Partinico aveva testimoniato di non aver ricevuto alcuna pressione da parte di Pino.
E allora perché queste accuse?
Pino o lo si odia o lo si ama. Lui è una persona che quando parla non usa mezzi termini, lo si può anche fraintendere. Ti invade completamente con la sua esuberanza e la sua personalità, con il carattere così forte e il modo di parlare zeppo di parolacce. È la sua cifra ma mi rendo conto che possa risultare spiazzante. Non ha filtri e questo l’ha fatto schierare da sempre senza se e senza ma contro ogni tipo di ingiustizia. Poi alla fine la più grande ingiustizia l’ha trovata, pensa un po’, nell’Antimafia ovvero quella che avrebbe dovuto proteggerlo e stare al suo fianco. Non tutta l’Antimafia, eh? Perché naturalmente l’Antimafia non è rappresentata da Silvana Saguto anche se ai tempi ne faceva parte e pure con un ruolo di spicco. Comunque sia, l’hanno trattato come il peggiore dei criminali.
Una situazione paradossale.
Sì, ma lui lo diceva sempre: “Guardate ragazzi, a me non mi uccideranno i mafiosi. A volermi fare fuori sarà parte dell’Antimafia”. Non lo capivamo quando parlava così perché uno non si potrebbe mai immaginare una battaglia tra bene e male in cui quelli schierati col bene, come e con te, a un certo punto ti danno contro.
Storia appassionante. Avresti voluto raccontarla tu?
Sì, ovviamente. Ma credo sia stato giusto così perché ci vuole il giusto distacco. Io, invece, sono molto legato a Pino che per me oltre a essere un maestro è un vero e proprio eroe. Comunque sia non vedo l’ora di guardare questa serie! Sono molto curioso anche perché l’ultima cosa su Maniaci fu la puntata de Il Testimone di Pif su Mtv. La intitolò “Lo Scassaminchia” (2014, ndr), un racconto strepitoso, perfetto per Pino.
Un eroe “scassaminchia”, dunque, Pino Maniaci. Le sue vicende puntano ad affascinare il pubblico di Netflix (190 Paesi) grazie alla docu-serie Vendetta - Guerra nell’Antimafia prodotta da Nutopia in associazione con Mon Amour Films. Dal 24 settembre. Starà al pubblico giudicare se amare o odiare questo personaggio così appassionato e divisivo. Di certo, però, le sue frasi senza mezzi termini suonano già perfette ancor prima di vedergliele pronunciare sullo schermo con la N. Eccovene una, forse la più celebre: “I siciliani sono 5 milioni e i mafiosi schierati 5mila. È mai possibile che per 5mila pezzi di merda la mia terra dev'essere chiamata terra dei padrini?”.