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Arte o alibi? Tony Effe, la falsa censura del Capodanno a Roma e l’ipoteca sulla libertà di espressione

  • di Lucia Monina Lucia Monina

20 dicembre 2024

Arte o alibi? Tony Effe, la falsa censura del Capodanno a Roma e l’ipoteca sulla libertà di espressione
La vicenda di Tony Effe escluso dal Capodanno a Roma ha scatenato un dibattito acceso che ha travolto politica, media e social. Ma vogliamo riflettere sul concetto di arte come espressione storica e antropologica, contestando l'uso della "libertà artistica" per giustificare testi misogini? La vera censura riguarda altri episodi...

di Lucia Monina Lucia Monina

Ok, Tony Effe è stato escluso dal capodanno a Roma, lo sappiamo un po’ tutti ormai e ne abbiamo anche un po’ tutti le palle piene di questa storia. Persino mio nonno, che non ha idea di che faccia abbia Tony Effe, ha sentito dibattere su questo argomento, telegiornali, giornali, artisti che si ritirano, commenti indignati su X, è praticamente il tema del momento. E no, non voglio neppure parlarvi del fatto che trovo inconcepibile come tutti accorrono a difendere un misogino (che a mio avviso non doveva neppure essere chiamato dal principio) e che nessuno si sia schierato dalla parte di Ghali e Dargen quando Telemeloni li ha censurati, durante il festival di Sanremo. Alla fine la censura ci fa indignare quando fa più comodo a noi. Però, oggi, voglio concentrarmi su altro, del resto non mi è mai fregato granché di Tony Effe, ma studiando arte, sono interessata più che altro a come tutti, per difenderlo, lo definiscono un artista e di come utilizzino proprio quest'ultima, l'arte, il mezzo di difesa, perché l'artista è libero di esprimersi in ogni suo mezzo e questa è libertà di espressione, e io mi trovo piuttosto in disaccordo con questi concetti e ora vi spiego perché. Chiunque studi o sia un amante dell'arte si sarà trovato davanti alla grande domanda: cos'è l'arte e cosa rende un artista un artista? E un altro grande dilemma è: qual è lo scopo dell'arte? Mentre sui primi due c'è ancora molta vacuità nelle risposte, l'ultima ha una risposta chiara e precisa, che ci da Vasari (il nostro amato Vasari) ai nostri contemporanei, ci si è provati a dare. L'arte non parla di sentimenti, non serve a quello, può anche portare a quello, ma non è quello il suo scopo, nonostante tutti confondono l'arte con il romanticismo, che non permea tutta l'arte in generale, ma solo una piccola parte, l'arte parla della nostra quotidianità. L'arte è pura antropologia, l'artista non può essere decontestualizzato dal suo tempo e dal periodo e luogo in cui vive (purtroppo errore molto comune che si fa quando si studia arte), perché è proprio il suo tempo a darci le risposte delle sue opere.

Tony Effe e la Dark Polo Gang
Tony Effe e la Dark Polo Gang
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L'artista reinterpreta, quindi, ciò che vede, non riportandolo per com'è davvero, ma per come lui lo vede, non bisogna quindi prendere l'artista come esempio assoluto, come insegnante di vita (altro errore che spesso si fa), perché l'artista non ha il ruolo di insegnare, ma di raccontare quello che lui rielabora del suo tempo. Ecco perché l'arte è essenziale anche per la storia. A fronte di ciò, trovo tremendamente sbagliato la modalità con la quale è stato mandato via Tony Effe, perché è stata brutta, spiacevole e imbarazzante, detto questo difenderlo con la scusa dell'arte non regge, perché Tony ci parla di ciò che lui vede e reinterpreta e le parole hanno un peso ben specifico, soprattutto in certi ambiti e lavori, e uno che fa questo mestiere dovrebbe saperlo. Per questo motivo trovo assurdo parlare di arte di fronte a questa sorta di “censura” (anche se per me la censura è altra, dato che stiamo parlando tutti di lui, ed è anche un primo in classifica, non proprio il primo degli emarginati), perché l'arte è un racconto storico e antropologico dei nostri tempi e questo è quello che ci lascia Tony, una manciata di parole misogine che noi abbiamo interiorizzato e normalizzato, questa non è arte e l'arte non è una giustificazione a tutto, impariamo a non andare avanti a slogan ma riuscire a comprendere quello che effettivamente portiamo avanti come bandiera dei nostri ideali, perché vedere persone che lavorano con la scrittura, con la voce, con la parola, difendere un misogino, dando la giustificazione dell'arte, penso sia la morte dell'arte stessa. Insomma da questa storia non ne esce bene nessuno, dal sindaco Gualtieri agli artisti che danno solidarietà, l'unico vincitore alla fine è proprio Tony, che a capodanno si esibisce proprio a Roma al palazzetto dello sport, e va bene così, perché la censura vera è altra purtroppo e Ghali e Dargen ne hanno visto un assaggio. 

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