La censura di Tony Effe, escluso dal concertone di Capodanno al Circo Massimo di Roma, sta facendo parecchio discutere. Il rapper è stato difeso, sui social (e non solo), da motlissimi artisti, tra cui Mahmood e Mara Sattei, che hanno rinunciato all'evento, lasciando così vuoto il palco del concerto per l'ultimo dell'anno. Ma è giusto parlare di censura? E c'è, più che per il rapper, un danno d'immagine per Roma? Lo abbiamo chiesto alla poetessa romana Flaminia Collela, che ci ha anche spiegato cosa ne pensa dei testi di Tony Effe e dei giovani, che probabilmente non lo avrebbero mai escluso dal concerto di capodanno a Roma.
Rispondo alla domanda dicendo che Tony Effe è, al pari di molti altri improvvisati e grotteschi personaggi che affollano le radio italiane negli ultimi anni, uno zero assoluto, l'emblema di una deriva culturale, impensabile anche poter parlare di musica, la musica è altro ed è altrove. E per fortuna esiste ancora. La nostra città continua ad avere i suoi grandi cantanti, da De Gregori a Renato Zero, e molti altri dopo di loro, che chiamino loro per i concerti di capodanno, e si torni ad ascoltare vera musica, fatta di ricerca di parole e suoni e ritmi. Non mi sento nostalgica nel dirlo. I testi di cui si parla prima che sessisti e intrisi di parole violente e oscene sono assolutamente tutto fuorchè testi d'arte, sembrano piuttosto il profluvio vomitevole di un allucinato in preda al delirio, un insensato sfogo tardo-adolescenziale rivolto al nulla e a nessuno. I giovani purtroppo sono schiavi e vittime del mercato, in questo caso musicale, che si nutre di queste forme orribili di esibizionismo. Il gusto e la sua educazione dovrebbero tornare ad essere importanti più dei social network e del mercato, che in una bolla virtuale avulsa da qualsiasi realtà finiscono per confezionare personaggi che interessano i giovani solo e unicamente per l'immagine che trasmettono.