Da rossetto e cioccolato a rapper tutto tatuato. Cosa è andato storto,in particolare, in questa (non) evoluzione della specie (canterina)? Forse niente, solo l’evoluzione naturale delle cose, ma andiamo per gradi: il buon Tony Effe non parteciperà al concerto di capodanno nella Capitale, e a seguire una solidarietà di etichetta. Non di artisti, non di colleghi ma meglio specificare di “etichetta”. Per chi non lo sapesse gli amichetti (nonché artisti ribelli che diserteranno il concerto di capodanno in nome della fratellanza e della colleganza) del nostro Tony “Tatoo” su fronte, collo e viso, sono in ordine: Mahmood (Island Records), Emma (Universal), Lazza (Island e Universal), Mara Sattei (Island Records). Ci sta. Basta saperlo però. NB: Gruppo Universal, Tony Effe (Universal). E a parte questo che comunque è lecito, il caro Tony Effe che certamente non appartiene al cenacolo dell’intellighenzia di questo secolo, può con la sua ignoranza comunque raccontare uno spaccato. Anzi io sono una reale fan della sottocultura, spesso anche più eloquente circa le dinamiche socio culturali, della stessa cultura dominante. Non sono certa sia “arte” quella di Tony, ma il quesito su cosa sia l’arte è di per sé una domanda stupida. Dunque posto non porci questo dilemma, e posto che posso essere più che certa che dietro i testi del signor Effe, non si nasconda un Edgar Allan Poe, rivalutato post Mortem, e francamente nemmeno un Cecco Angiolieri dei “noiartri”, è giusto censurare un canterino sconcio? Non lo so, ma poi chissenefrega. Ho pubblicato un tweet provocatorio, dove ho fatto il verso a Tony Effe che dava implicitamente della “tro*a” a una donna con cui era stato in passato lui stesso, e anche altri colleghi rapper, in un suo testo. Ma ci sta, è uno scherzo, nel mio caso è provocazione, sono un’attrice, è arte. Nessuno se la dovrebbe prendere. Io non me la prenderei perché sono contro il politicamente corretto. E comunque io ho molto diritto di parlare di censura, visto che sono continuamente bistrattata, limitata e bannata per essere “vera” …
Facciamo un passo indietro: io e Tony Effe ci siamo scritti per un po’ in dm su instagram, eravamo rimasti anche che ci saremmo visti, per conoscerci, per parlare. Devo dire è stato molto educato, carinissimo e anche molto sincero. Posso anche dire che ha avuto molte più palle di tanti altri ragazzi con cui mi sono approcciata, perché ha avuto la schiettezza e il coraggio di dire: “Anche se posso dirtelo proprio con sincerità mi piacciono le ragazze un po' meno spinte, ma magari poi sei diversa come lo posso essere io”. Mi piacque questa sincerità, e anche l’aver colto il punto persona/personaggio. Di solito funziona costruire un personaggio che attinge alla realtà, che non si allontana molto dalla nostra persona, per quanto le narrazioni spettacolari devono avere un “appeal” altrimenti non si può fare intrattenimento, e questo è un tema che vivo in prima persona. In chat lui scrisse anche che non amava uscire, che gli piacevano i bambini, e che sperava di non diventare un papà vecchio. Tutte cose molte carine. E quegli orribili tatuaggi che porta forse non raccontano con giustizia la semplicità di un ragazzo di 33 anni, che molto probabilmente è anche un ragazzo per bene, e credetemi è davvero qualcosa che esperisco io ogni giorno barcamenandomi tra il percepito che si ha di me, e la vera Paolina, semplice, casalinga, non attratta minimamente dai locali, dalle posizioni delle persone, dall’ apparire, dal mostrarmi sui social per più di ciò che sono o con più di quello che ho. A me non me ne frega un cazzo di niente. Mi annoio facilmente e cerco di fare solo quello che mi piace. Io lo capisco Tony, con il quale poi alla fine non ci siamo più visti dal vivo. Forse, allora non capisco più se è necessario raccontare storie che non collimano con la realtà, forse dovremmo solo metterci l’anima in pace che nel 95% dei casi queste canzoncine dei frapper (come li chiamo io con una punta di disprezzo mista a satira) sono solo cazzate per impressionare i minorenni. La stragrande maggioranza di sti frapperini parla di droghe che però dichiarano di non assumere, di tro*e che vogliono solo i loro soldi ma poi qualcuno le sposa e/o ci fa i figli, di povertà e rapine con i papà magistrati o gioiellieri, spacciando per povertà cinquemila euro al mese per due genitori e un figlio unico. Non so… io quando andavo all’università da San Giorgio a Cremano al Corso Vittorio Emanuele, tra circumvesuviana, metropolitana e funicolare, tutti i giorni ci volevano un euro e cinquanta all’andata e un euro e cinquanta al ritorno, mia madre mi lanciava ogni mattina sul letto qualche spicciolo ma spesso mancava proprio l’euro e cinquanta per ritornare a casa e prendere la funicolare senza biglietto era un’impresa perché la sbarra non si alzava, e vai di fantasia a capire cosa ingegnarsi ogni volta. Non voglio raccontare la mia storia, voglio solo dire che non ho sentito l’esigenza di fare uno storytelling sulla mancanza di soldi, né quella di fare rapine soprattutto. Ho sentito l’esigenza di studiare, di migliorarmi, di trovare un modo per emergere, non per forza pulito non per forza corretto, ma soprattutto non per impressionare, al massimo per impressionarmi. Non so dove voglio arrivare con questa riflessione, probabilmente al fatto che è più figo parlare di sacrificio, amore e semplicità, perché ci vogliono più palle per credere in se stessi quando non si ha nulla, e si è soli, che raccontare storie di malavita con le collane di diamante al collo. Per il resto, a Nicolò voglio ricordare che comunque sono stati censurati "Madame Bovary" di Flaubert, e l’"Ulisse" di Joyce, che francamente temo non conosca, ma poco importa, sono testi che hanno ottenuto tutto sommato un bel successo. Ad maiora!