L’arte e la censura non dovrebbero mai trovare un punto di contatto, per parlare della querelle Tony Effe e il Concertone dell’ultimo dell’anno a Roma non si può che partire da qui. L’arte è arte, e giudicarla secondo la morale è sempre un errore, perché l’arte può se non addirittura deve essere amorale, è arte, appunto. Dai, se ne parla ogni volta che un artista compie una qualche nefandezza, o meglio, ogni volta che un artista compie una qualche nefandezza e lo si viene a sapere. Di qui a tirare in ballo Caravaggio, che è stato Caravaggio e al tempo stesso un assassino, il passo è breve. Come magari citare Maradona e la sua condotta privata non sempre integerrima. Se ne parla anche quando escono opere che portano avanti un modo di vedere, di pensare, di dire discutibile, perché le opere sono opere, siamo sempre lì. "Lolita" di Nabokov è un capolavoro della letteratura del Novecento, al pari di Viaggio al termine della notte, la prima nonostante racconti una storia aberrante, la seconda nonostante sia stato scritto da uno scrittore che era una persona aberrante. Quindi, ripeto, l’arte e la censura non dovrebbero mai avere un punto di contatto. Mai. Certo, proprio perché l’arte può essere amorale, disturbante, anche del tutto veicolatrice di disvalori o di punti di vista assai più che discutibili, pur non giudicandoli con i metri della morale è assolutamente ovvio che ci siano alcuni contesti in cui quelle opere e quindi quegli artisti, attenzione, parlo di artisti, non delle persone che sono quegli artisti, dovrebbero essere. Non avrei invitato Nabokov a presentare il suo Lolita in una scuola media femminile, per dire, o Burroughs in un centro di recupero per tossicodipendenti, faccio due esempi a caso. Andando quindi dritti alla questione Tony Effe e il concerto dell’ultimo dell’anno a Roma, non credo serva fare di nuovo il riassunto delle puntate precedenti, ma in caso eccolo: Tony Effe viene invitato dal Comune di Roma a cantare, si fa per dire, al concerto dell’ultimo dell’anno al Circo Massimo, con lui Mahmood e Mara Sattei. Qualcuno fa notare che ha testi misogini e violenti, scoppia la polemica. Il Comune torna sui suoi passi e lo invita a fare un passo indietro, poi lo sbologna, Friends and Partners e Vivo Concerti, insieme al suo managment, Pegaso, fanno un comunicato in cui sottolineano il danno di immagine e economico che questa cacciata comporta, a questo punto Mahmood si ritira, per solidarietà, seguito da Mara Sattei, con la presa di posizione pubblica di un fottio di artisti, da Emma a Lazza, passando per Noemi, Giorgia, Kid Yugi e compagnia cantante, un disastro per Roma che non ha più artisti per il concerto dell’ultimo dell’anno al Circo Massimo. Andando quindi alla questione Tony Effe e il concerto dell’ultimo dell’anno a Roma, ecco, direi che l’errore è stato fatto in partenza, perché un Comune, di sinistra o destra che sia, non dovrebbe chiamare uno come Tony Effe. E allora Sanremo?
Neanche Carlo Conti lo avrebbe dovuto chiamare, in effetti. E non perché lo si debba censurare, ripeto, l’arte non deve essere giudicata secondo la morale, ma per una questione di contesto, uno come Tony Effe usa un linguaggio violento e misogino che non dovrebbe essere sposato dalle istituzioni, come un Comune, tanto più quello della capitale, o come la RAI, che ospita il Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Sei uno che veicola quel linguaggio e quindi quei messaggi? Fallo. Ma non chiedere di farlo in quei contesti e non meravigliarti se non ti invitano a farlo in quei contesti. Per dirla con N.A.I.P., artista che ha partecipato a una qualche edizione passata di X Factor, se invece che cantare canzoni misogine Tony Effe avesse cantato canzoni razziste, omofobe, xenofobe, naziste, la polemica ci sarebbe stata lo stesso, in caso fosse stato invitato a cantare con Mahmood e Mara Sattei al concerto dell’ultimo dell’anno a Roma, ma perché quei due artisti col cazzo che avrebbero accettato di dividere il palco con lui. Evidentemente, come dice N.A.I.P., la misoginia pesa assai meno nel prendere posizione, infatti ora c’è la levate di scudi per difenderlo, e non certo solo perché si giudica sbagliato che dopo averlo invitato poi lo si sia cacciato. Prova ne è, per citare Barbie Xanax, che la solidarietà raccolta in poche ore da Tony Effe sia molta di più di quella raccolta in un anno da Elodie per tutti gli attacchi misogini da lei subiti, a partire da quel “canta perché mostra il culo” di Gino Paoli (immaginiamo che i capezzoli esibiti ieri sera al Casinò, appena sfumati dal vestito trasparente indossato nella finale di Sanremo Giovani gliene varrà altrettanti). Certo, qui ci può essere anche una bieca faccenda di convenienza, Tony Effe è oggi uno che muove numeri, ma non voglio pensare che chi l’ha difeso lo abbia fatto in malafede, credo proprio che questo sia venuto naturale. E ora vado al passaggio successivo, a prescindere infatti dal contesto sbagliato, i testi di Tony Effe, se li si vuole analizzare come opere d’arte, quindi senza usare la morale, non possono certo stare in contesti istituzionali, perché fuoriluogo per loro natura, c’è questo piccolo dettaglio che io, personalmente, non trovo affatto irrilevante, un dettaglio che l’altra sera mi ha fatto sussultare, quando ho sentito Jovanotti dire che Tony Effe e Mozart sono colleghi e che Mozart avrebbe apprezzato "Sesso e Samba", cioè il dettaglio che temo annullino tutto quel che ho scritto fin qui, cioè il fatto che le opere d’arte non vanno giudicate secondo la morale, e di conseguenza neanche gli artisti, perché sono appunto opere d’arte: il dettaglio che Tony Effe non è un artista e di conseguenza le sue canzoni non sono opere d’arte. Perché spacciare per arte tutto quel che fa intrattenimento è un errore marchiano, di quelli che a scuola avrebbero compromesso un tema facendoci beccare una insufficienza grave.
E spacciare per artista chi sia al massimo un intrattenitore, di conseguenza, è il classico secondo errore da matita blu. Tony Effe non è un artista, sentite come mette insieme le sue barre, sentite come non chiude le strofe dopo aver martoriato la metrica, sentite come è incapace di modulare la voce, facendone anche vanto (o nascondendosi dietro il suo essere di Roma nord), sentite le parole che usa e per dire cosa, ecco, già questo dovrebbe essere sufficiente per farvi dire che di arte qui non ce n’è, ma non bastasse, sentitelo poi parlare, quindi raccontare la sua presunta arte e il suo essere un presunto artista senza il vincolo della metrica e delle rime, e il risultato, se possibile, sarà ancora più avvilente. Un intrattenitore, quindi, e anche di bassa lega, supportato dall’essere belloccio, seppur molto basso di statura, al punto da aver raccontato lui stesso di essersi dovuto imbruttire per non passare per il classico bono senza cervello. Quindi, preso atto che Tony Effe non è un artista, e che le sue canzoni non sono opere, si sarebbe anche potuta applicare la morale comune alle sue canzoni, e in presenza di testi misogini, non giustificati dall’essere opere d’arte, quindi non lì per disturbare, o per sublimare il male, o per rappresentare la faccia malata della società, le si sarebbe pure potute giudicare immorali, e quindi da censurare. Credo, lo credo seriamente, che giudicare con leggerezza opere rivolte a un pubblico di giovanissimi, che su quelle canzoni magari elabora il proprio vocabolario e con quel vocabolario poi esprime i propri sentimenti e i propri pensieri, sia un errore non da matita blu, ma mortale, perché porta alla morte della nostra società. Modalità che non applicherei mai a Celine, lo citavo prima, o Nabokov, quella sì arte. Tony Effe non doveva essere invitato perché non nel suo contesto, e in tutti i casi le sue canzoni hanno testi aberranti, misogini, sessisti e pieni di disvalori quali una esasperazione della ricchezza e del lusso, Mozart lasciamolo riposare in pace, lì nella fossa comune nella quale un artista come lui è stato gettato, in povertà.