L'attrice Aurora Ruffino (La solitudine dei numeri primi, Braccialetti rossi) ha scritto un libro. “Volevo salvare i colori” è il suo titolo. La storia vera e al contempo irreale di Vanessa, una donna che proprio come la sua stessa autrice, ha affrontato un’infanzia difficile senza sua madre, con il desiderio costante di salvare dal buio, dal “nero” della vita le cose e le persone che amava. “Facevo un gioco da sola, mi mettevo a colorare il cielo, mi davo dieci secondi e se riuscivo a colorare in tempo, il colore non sarebbe morto. Era il mio modo di fare i conti con qualcosa di troppo grande per me, e il colore rappresentava persone a me care, come mia madre”. Con Aurora abbiamo parlato di viaggi, di sentimenti contrastanti, di prime volte e di sofferenze autoimposte per scoprire, nel breve tempo di una veloce chiacchierata, quanto è grande la gioia di essere vivi anche tra mille fragilità.
Aurora Ruffino. Volevo salvare i colori è il titolo del tuo romanzo, quali sono questi colori da salvare?
Tutti, in generale, i colori si oppongono al nero, si oppongono all'ombra, quindi qualsiasi cosa colorata è diversa da ciò che è nero, ciò che è ombra, ciò che è scuro.
Puoi raccontarci di più su come questo tema del colore sia legato alla tua infanzia e al rapporto con la morte?
Era il mio modo da bambina di cercare di controllare qualcosa di incontrollabile, come la morte. Facevo un gioco da sola, mi mettevo a colorare il cielo, mi davo dieci secondi e se riuscivo a colorare in tempo, il colore non sarebbe morto. Era il mio modo di fare i conti con qualcosa di troppo grande per me, e il colore rappresentava persone a me care, come mia madre. Provavo una gioia immensa quando riuscivo a farlo.
Vanessa, la protagonista del tuo libro, si riscopre in un viaggio molto particolare e avrà a che fare con molte "prime volte". Qual è la più intensa di tutte?
Capirà l'amore per la prima volta, sperimentando la differenza tra un rapporto sessuale e fare l'amore con qualcuno che mette il suo benessere al primo posto e la fa sentire amata e protetta. Questa è una delle esperienze più intense che farà durante il viaggio.
Mi ha colpito la frase: “Mi odio per averti ferita, per averti fatto scappare da me”, dice Vanessa riferendosi a sua madre scomparsa. Pensi che lei scappi davvero da qualcosa in questa storia?
Lei scappa dall'affrontare questo dolore, che è troppo per lei. Non riesce ad accettare che la sua nascita abbia comportato la morte della persona più importante della sua vita, sua madre, e tutto ciò che non ha potuto vivere con lei. Questo dolore la spinge a scappare dalla vita, sentendosi non meritevole di viverla.
Hai detto che scrivi spesso per rispondere a un istinto. Qual è stata l'ultima volta che hai scritto, e in che circostanze?
Scrivo tutti i giorni. L'ultima volta è stata ieri sera, mentre lavoravo su una storia che ho iniziato qualche anno fa e che sto riprendendo.
Sei una scrittrice che lavora molto per immagini, quali sono i tuoi modelli letterari?
Sono diventata una lettrice consapevole dopo i 30 anni. Un autore che amo moltissimo è Coelho, i suoi libri sono spirituali nel senso che ti invitano a guardare dentro di te, e La strega di Portobello è uno dei miei preferiti. Il libro lo percepisco proprio come un viaggio interiore.
Secondo te, qual è il legame tra arte e comprensione di sé?
Ogni lavoro artistico è un modo di esprimere qualcosa di interiore, che ci permette di riconoscerci. Non importa se è un libro, un film o un oggetto artigianale: tutto ciò che creiamo è un modo per esplorare e capire meglio noi stessi.