Nessuna gara, nessuna giuria. Tutto può succedere. Tutto buttato in caciara. Francesco De Carlo, Edoardo Ferrario, Michela Giraud, Valerio Lundini, Saverio Raimondo, Stefano Rapone, Daniele Tinti, Martina Catuzzi, Monir Ghassem e la band de I Vazzanikki. Tutto questo è In & Out, il nuovo esperimento (per noi più che riuscito) di Tv8 e Sky. Comicità brillante, intelligente, scanzonata, impossibile pensare che, visti i nomi, il format non sia riuscito – in prima serata – ad arrivare a tutti. Anzi, per la verità è arrivato a pochissimi. Ed è un problema. Un problema perché i temi c'erano. Spazio, per una comicità mai banale, mai scontata, pure. Dallo sketch virale sui David di Donatello con Alessandro Borghi, passando per l’affronto con e di Claudia Pandolfi, Michela Giraud, la pepiera del Duce nel format di Edoardo Ferrario, tutto il cast di In & Out hanno dimostrato – anche se pochi l’hanno visto – che un futuro per la comicità italiana non solo esiste, ma è già presente.
Anche lo storico programma della Gialappa’s è made in Tv8/Sky. E ve l'abbiamo detto più volte che avevamo bisogno di un prodotto del genere per allietare i ritmi di una vita troppo spesso scandita solo da programmi di cronaca nera e inutili notizie di cronaca rosa. Spazio per ridere, spazio per dire cazzate. Ecco, la Gialappa’s c'è riuscita negli anni. Forse anche perché ha saputo far leva su un sentimento che gli italiani non riescono a scollarsi di dosso: la nostalgia. E la prova lo sono i remake, l'eterno ritorno dei programmi con cui siamo cresciuti, i personaggi tutti uguali che ancora oggi a distanza di vent'anni orbitano nei palinsesti. Funzionano, perché funzionavano e funzioneranno. Questa l'idea di base. Lo spazio per il nuovo? (A parte Temptation Island?) Per il pubblico (e spesso anche per chi ci lavora) esiste in minima parte. Perlomeno viene da pensarlo, considerato i numeri e lo share di In & Out. Artisti che si prendono in giro, giovani con un nuovo modo di raccontarsi. Ci sono i figli di Tintoria (Tinti e Rapone), i comici della tv come Saverio Raimondo. Ma soprattutto, filo conduttore, la madre di tutti i finti 'concorrenti': la stand-up comedy. Un linguaggio che ha avuto il suo periodo di ascesa, specie via Youtube, e che in tv si è intravista. A malapena ce ne siamo accorti che esistesse. In In & Out dinamiche sul patriarcato, americane svampite in giro per Roma, attori che sfidano i propri talenti e i personaggi che li hanno resi celebri. Barale con Madonna. Calabresi, Sermonti: tra i migliori attori comici italiani. Prima e dopo Boris, senz’altro. Insomma, ci dicono che l'intelligenza è finita. Ci educano a pensare che la generazione futura sia sempre peggiore di quella precedente. Affermano che la comicità brillante è morta, intrappolata negli anni che non abbiamo mai conosciuto. E invece no, non è così. I “quasi quarantenni” di In & Out dimostrano che le idee ci sono eccome. C’è la voglia di far ridere, di sparare boiate, ma anche di essere spietati e lucidi, di smontare la realtà pezzo per pezzo con ironia tagliente, anche per darle un senso. Ma allora, dove vogliamo andare? Dove pensiamo di trovare tutto quello che non osiamo vedere?
