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Benigni e l’automobile, 1977: “L’uomo senza macchina è come la donna senza poppe” [VIDEO]

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

2 settembre 2021

Benigni e l’automobile, 1977: “L’uomo senza macchina è come la donna senza poppe” [VIDEO]
È il giorno di Roberto Benigni, dei suoi lavori, dei ricordi che ci legano a lui. Benigni che ha lasciato qualcosa ad ognuno di noi, da Berlinguer ti voglio bene alla Divina Commedia. Anche se parliamo di automobili, come in questo filmato del 1977 recuperato per caso in cui racconta il suo rapporto con le macchine

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

A Roberto Benigni non puoi che volergli bene, almeno se lavori con le parole. Perché le sue le sceglie con una passione meticolosa, gode nel pronunciarle, nel sentire come si incastrano tra loro per poi arrivare a chi ascolta. Ieri Benigni ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera e si è parlato della dedica a Nicoletta Braschi, dell’amore e del cinema. Chi si è stufato di sentirlo dice che ormai non ha più niente. Che era meglio prima, che la Divina Commedia ormai l’ha imparata tutta a memoria anche lui. Che l’allegria con cui si pone è ormai un ritornello che si ripete alla nausea. Ma Benigni ha già risposto ed ha finito per lasciare qualcosa a tutti noi, anche a chi non lo sa. Dalla televisione con Berlusconi a Pippo Baudo, dal Piccolo Diavolo a Berlinguer ti voglio bene. Qualcosa arriva sempre, perché se le parole le scegli così bene poi il discorso diventa meno importante.

È così anche quando parla dell’automobile, in un vecchio filmato del 1977. È lì sul palco che racconta, si agita e inventa mentre Lucio Dalla, in prima fila, ascolta in silenzio. Lo vedi la prima volta e pensi che erano altri tempi, che adesso c’è il politicamente corretto e che sarebbe impossibile. Ma lo era, forse peggio, anche negli anni Settanta, solo che Benigni sapeva come dire le cose e lo faceva con tempi comici massacranti. E allora “L’uomo senza macchina è come la donna senza poppe”, niente di meno. Che poi, se andate a ripescare le sue rivoluzioni davanti ad un’Italia con gli occhi strabuzzati e la mascella cadente, viene fuori che è il minimo.

Roberto Benigni è questa roba qui, un cazzotto gentile alla Giorgio Gaber. Ti condanna e ti assolve un po’ tutto insieme. Per farlo non ha mai avuto bisogno del suo palco, del suo ambiente. Ci riusciva in televisione, al cinema, a teatro. Ora è diverso: alla premiazione avrebbe abbracciato Mattarella - anche se poi non l’ha fatto - perché ha un po’ meno voglia di scherzare, o di subire una lista di conseguenze che probabilmente solo lui conosce.

Ma quando serviva, quando era il suo turno, non si è mai tirato indietro. E un qualcosa l’ha lasciato davvero a tutti, anche quando parliamo di macchine.

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