E poi ci sono quelli che criticano Roberto Benigni. Ma per criticare i grandi bisogna esserlo, grandi. Altrimenti si fa sottofondo, al massimo si squittisce. Quando gli hanno dato il Leone d'oro alla carriera da regista c'è chi ha fatto notare che l'ultimo film lo ha girato 16 anni fa, come se il tempo che conosciamo noi fosse lo stesso dell'arte. L'arte ha un altro tempo e non mi pare che questa frase possa essere smentita. La grandezza non è fama, non è successo, non è data dai soldi. La grandezza è dimostrazione di genio. E Benigni, proprio in la Tigre e la Neve, ha detto la cosa più bella mai pronunciata sulla poesia e sulla scrittura. E Benigni ha fatto La Vita è Bella che, al di là delle opinioni personali, è un'opera profonda, semplice e immediata, e ancor prima aveva interpretato Quanto t'ho amato, canzone meravigliosa, e prima ancora aveva scritto L'Inno del Corpo Sciolto (signori, se non è genio questo, ché lo può cantare solo chi caga di molto) e poi Dante, Berlinguer preso in braccio, la Carrà palpata sul palco, i coglioni di Pippo Baudo strizzati e, per me inarrivabile, Berlinguer Ti Voglio Bene, con il godi maiala a tutti, con la poesia di Buzzone che faceva così: "Noi siamo quella razza che l'è tra le più strane, che bruchi siamo nati e bruchi si rimane, quella razza siamo noi, è inutile far finta, c'ha trombato la miseria e semo rimasti incinta". Partito dal girare un programma in una stalla e arrivato agli Oscar, dai, che gli vogliamo dire?
La grandezza di Benigni si è rivelata anche nel discorso rivolto, citando Dante che ha fatto 700 anni, a Nicoletta Braschi, moglie amante attrice sua, "che 'mparadisa la mia mente". Il discorso definitivo d'amore: "Abbiamo fatto tutto insieme per 40 anni. Io conosco una sola maniera di misurare il tempo: con te e senza di te". Difficilmente frase d'amore può ambire a tanta potenza. Il suo discorso arriva perché trasmette un percorso fatto insieme, di condivisione e fedeltà a un'idea oltre che alla carne, e ti trasmette la fortuna di non essere soli e non sentirsi tali. Ché tutti noi, diciamo, dite la verità, non vogliamo che esser presi per mano e ricevere conforto. Poi Benigni è geniale anche nella paraculaggine, perché fare un discorso così alla donna che gli è accanto, in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, attira ancora più attenzione; anche se - vero - può pure renderlo attaccabile perché, una volta di più, i premi se li sono presi gli uomini e le donne hanno da stare un passo indietro.
Ma non è questo il caso di polemiche perché se questo momento storico passerà e chissà cosa resterà, il discorso di Benigni resterà sicuramente. E rimarrà anche lui. Che vi piaccia o no. Anzi probabilmente da morto sarà ancor più grande che da vivo. E quindi evviva la grandezza, evviva il genio, in qualsiasi modo si esprima, evviva pure i rosiconi e i criticoni, ché "pulirsi il culo dà gioia infinite", evviva i cessi ("sian benedetti"!), ed evviva anche l'amore. Che, qualcuno l'ha detto, è l'unico modo per fottere la morte. Altro che Berlinguer, Benigni Ti Voglio Bene. Tu la morte l'hai già sconfitta.