Non c’è niente di più inclusivo del sesso inclusivo. Almeno per la Disney. Tant’è che il live action in uscita per il 2024 del capostipite di tutti i lungometraggi animati, Biancaneve e i sette nani, si misurerà – è il caso di dirlo – con un progetto di tutt’altra statura.
Biancaneve sarà poco bianca, non ci sarà il principe azzurro, i sette non saranno nani. Sostanzialmente Nerapece e i sette (pali). Perché al posto dei sette simpatici minatori avremo sette non meglio definite creature magiche, di diversa etnia e statura, accumunate evidentemente da un’unica cosa: Nerapece.
Dalle foto pubblicate in esclusiva sul Daily Mail è chiaro che del classico Disney resta poco. A quanto pare la Biancaneve femminista ama le gang bang e pure miste. Non solo. Nessun principe azzurro per lei, l’amore che salva, il rapporto esclusivo, la buona e vecchia monogamia. A Nerapece piace strano.
Nerapece perché l’attrice, Rachel Zegler, è metà colombiana e metà polacca. Certo non è nera. Ma neanche bianca. Potremmo definirla color fluid. E allora tanto vale chiamarla come si vuole. Anche nera.
Ah, tra i sette nani non più nani non ci sono solo uomini. Almeno non uomini etero e cis. A quanto pare a Nerapece vanno bene tuttə tranne uno, l’uomo bianco etero cis e pure ricco. Questo renderà il film decisamente più inclusivo.
Tutti possono salvare tutti, anzi tuttə, ma lui non può salvare nessuno. Il problema non è dunque neanche Gal Gadot nei panni della matrigna invidiosa (Gal Gadot… invidiosa…), ma il motivo di tutto questo. Perché non scrivere una favola diversa?
È chiaro che il problema non sia la variazione sul tema. Il problema è l’aver instupidito una favola intelligente, aver offeso l’intelligenza di svariate generazioni cresciute senza diventare un branco di predatori e prevaricatori. Davvero un live action così ci renderà più buoni e inclusivi?
Scelte del genere hanno l’effetto dei blocchi stradali di Ultima Generazione. Pressoché nullo per la causa, ma è decisamente soddisfacente per chi la pratica.