Con quale empito occorre sentire talune stravaganze. Eppure le pronuncia con un vigore ammirevole, Big Luca. Torniamo al misterioso afflato: venditori, guru, burattinai. Chi sono? Credibili come Mangiafuoco dietro a un bancone. Il trentunenne di Fiesole afferma con l’albagia necessaria: sono l’unico che può parlare di soldi on line. È così. Fattene una ragione. Big Luca al secolo Luca De Stefani. Ci sono fior di trattati scritti da sé medesimo che spiegano l’evoluzione del fenomeno, giacché, signori, a soli 24 anni, guadagnava 100 mila euro al mese. Creature favolose, direi. Come, non so, le criptovalute. Mi interessano almeno un paio di aspetti della faccenda. Non tanto che esista una para-realtà in cui agiscano soggetti del genere, piuttosto può incuriosirmi la consistenza e la natura del seguito. A quale debolezza mirano? Quale fragilità inforcano per domarla, lavorarla come una argilla sottratta al suo originale impeto. Innocente, o accecato da desideri. Quali desideri intendono violare? I desideri di chi? Intanto dei ragazzini sbarra giovanotti sedotti dal miraggio capitalista, di cui intercettano ben poco, per fortuna e loro malgrado.
L’uomo senza il deterrente della coscienza è un intestino
Le criptovalute. O i corsi di Big Luca. Mi interessa anche la narrazione che utilizzano. Per spiegarsi, questa pittura quasi poetica, che è una specie di intro ai loro inizi. Big Luca si racconta: facevo il buttafuori a Nottingham. Guadagnavo 150 sterline a settimana. Lasciando intendere che poveraccio che fosse. Poi lo guardi bene e pensi: tu un buttafuori? Ci sono canoni estetici anche per un buttafuori. Vi invito a cercare su google immagini Big Luca e un uomo della security. Andiamo avanti. I desideri di chi, mi chiedevo.
Una fittizia visione del mondo, svuotata di profondità, di ragioni esistenziali che dalla notte dei tempi hanno concesso all’uomo di distinguersi da una scimmia, chi sia migliore, più avveduto, tra i due esemplari, oggi è abbastanza chiaro; che sia la seconda specie è un dato di fatto. Un’opportunità scimmiesca a cui dover aspirare. Una possibilità, una soluzione che alla svolta darwiniana concedi la chance. La chance che manca adesso. Nella contemporaneità. Talmente amena da aver bisogno di un tizio che dica: la povertà è una malattia mentale.
I nipotini del santone per eccellenza, di solito americano. Il fantoccio del self-made-man che resiste ancora, avventurosamente, visioni fallimentari e inzaccherate della più mefistofelica delle retoriche trasformate in concept.
Non è urgente indagare quanto ci sia di autentico in quel che il santone del momento, scegliete voi un nome, tuoni da un canale youtube. Autentico è un aggettivo generoso, può darsi inapplicabile nel qual caso. Ma noi vogliamo credere a tutto. Decidiamo. Per capire. Allora tu Big Luca dici che è possibile diventare milionari e per questo vendi il tuo segreto.
Interessante.
Interessante la narrazione, riflettevo sopra. Anche Mik Cosentino ne utilizza una adeguata, una sferzata alla sfiga povertà. Mik Cosentino ha dato un colpo di reni al destino dopo aver subito un trauma inesorabile: non avere i soldi per un biglietto ferroviario. Un’esperienza devastante. Da allora, con le lacrime agli occhi un altro po’, due fessure intrinseche di risentimento e orgoglio, si ripromise: mai più.
Interessante.
L’antesignano di riferimento, uno tra gli altri, pare sia un certo Dan Kennedy. La questione secondo me è: quale origine ha un ego del genere?
Come si possa intendo preferire una strada di questo tipo ad altre conformi a una qualche coscienza. Ne siamo parte di questa coscienza. L’uomo senza il deterrente della coscienza è un intestino, un contenitore di ossiuri e tenie, il pre-escremento. Capite?
Non resta molto, altrimenti.
Lo sciacquone alla fine di una seduta terapeutica sulla tazza del water di servizio.