Tiktoker adolescenziali, con poche chance di “svoltare”. E mi dispiace moltissimo, siamo nei giorni di fine impero, vorremmo avvertirli. Si potrebbe cambiare strategia, non è che bisogna necessariamente cambiare il mondo. Di recente, un giovanotto sul web, influencer del make-up perfetto, raccontava dei suoi innamoramenti, tanti quanti i granelli di rena su una spiaggia del Pacifico. Intratteneva i suoi ammiratori. Ops, volevo dire follower. Non era l’esempio sommo di nulla. Una banalità ricevuta come se non lo fosse, gravissima distrazione. Opinionista, nel dizionario di matusalemme. Proponeva le sue interlocuzioni amorose, schermaglie maldestre e sguarnite, che neanche il maledetto cult di Fassbinder, Querelle, manifesto immorale dei disinibiti e svuotanti anni Ottanta, avrebbe potuto rendere meglio. Confidenze, affatto censurabili. Non ambivano ad altro che a uno scambio di pettegolezzo, non innocente, ma puerile. L’influencer potrebbe aspirare a nuove intenzioni. Rappresentare non il sembiante sbrattato di un ego ridicolo e inavvertito. Piuttosto non so l’egida di un carattere morale, come un personaggio letterario. A indicare ognuno una forgia, fisica e interiore. Un tratto della natura umana. Il cattivissimo, alla Stavrogin. La disinibita amorale sul solco di personaggi femminili da bovarismo. I personaggi femminili che si espongono al momento sono abbastanza riproducibili, non cerchiamo l’archetipo, al massimo una liposuzione, un’iniezione di acido ialuronico, zigomi gommosi strabordanti simili a colli flosci su acquitrini. A un tale paesaggio desolato, potremmo opporre l’idea neonata. Riproduciamo falsi di eccezionalità. Il tipo che somiglia a Stavrogin appunto. A latere del video del tiktoker aggiungerei la nota bibliografica che reindirizza al romanzo di Dostoevskij, I demoni.
Ad esempio. È una follia, avete ragione. Però darebbe un senso, come di solito restituisce una follia. Il senso ultimo della banalità. Trasformarla. Il cattivismo con pungoli retroattivi, dunque non solo un imbecille con esigui picchi di narcisismo, ma esattamente la riproduzione di un falso che riconduce tuttavia a un personaggio d’autore. Meditarvi. Il titanismo di Stavrogin, vai alla voce titanismo, la sua laconicità morale. La manipolazione che induce i suoi adepti servili l’uno al suicidio in un violento ateismo, l’altro al cristianesimo politico, ovvero Kirillov e Satov. Vedi la voce personaggi intermedi. Cioè infiliamo dentro qualcos’altro che il neonato metodo per ricompattare un viso con la crema colorata firmata dal brand tal de tali. Un bel biondino, crudelissimo. Stavrogin aveva una delicatezza diafana e feroce, inafferrabile. Qualcosa che induceva alla sopraffazione, alla disperazione. Il fatto importa parecchio. Possiamo riflettervi per un paio di minuti. Sarebbe già un obiettivo. La bellezza stemperata nella malinconia remota, smarrita nelle isbe oscure e glaciali di un secolo, di un tempo, che seppellendo l’eroe romantico, sul tavolo dei salotti letterari, portava gli argomenti che avrebbero riferito di una rivoluzione del pensiero, intriso di pietà intanto. Non solo nichilismo e giustapposizioni politiche, una etica conservatrice e indulgente insieme. Sì, è chiedere troppo. Immaginate però se accadesse davvero, se si riuscisse a indossare un carattere, un tratto, come un archetipo. Le donne che svettano dietro la webcam, forse, la smetterebbero con le amenità patetiche, costrette a guardare a taluni modelli, superati eppure inarrivabili. Lo stile nella sconcezza, persino, e dico sconcezza con un ravvedimento risentito, bigotto fosse anche. Tornare a vergognarsi, ad avvertire il pudore, vecchi lemmi da riproporre. Donne nobili, stentoree, disdicevoli: da Varvara Petrovna all’Andreina di Moravia. Perché no?