“Avrebbe potuto vendere il ghiaccio agli eschimesi”, dicono a L’Arena di Verona alcune delle presunte vittime dei raggiri finanziari di Nicholas Coppola, il giovane imprenditore e promoter finanziario di 27 anni arrestato a fine dicembre su mandato del Tribunale di Verona dalla Guardia di Finanza. Coppola, uno dei “guru” della moneta digitale e degli asset decentralizzati più noti in Italia, una vita divisa tra la città scaligera e gli Emirati Arabi Uniti, è stato arrestato dalle Fiamme Gialle per l’ipotesi di reato di abusivismo finanziario. Nel mondo della finanza deregolamentata (almeno in Italia) del criptoverso, l’arresto del giovane promoter segnala l’assoluta aleatorietà di molti processi di promozione di un mercato di frontiera che si mostra assolutamente speculativo. Coppola, fondatore della “Singularity Community” che su i suoi profili Instagram esibiva una vita di viaggi, lusso e sfarzo costellata anche dalle immagini che lo ritraevano a convegni, si era riuscito a presentare, a lungo, come un maestro del “mindset” imprenditoriale. Dal lockdown in avanti, Coppola contattava online molti residenti del suo territorio presentandosi come un giovane imprenditore capace di essere però già un accorto investitore e ai suoi bersagli, secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, si presentava come sostenitore della “crypto currency revolution”.
Una delle sue vittime truffate ha raccontato alla testata veronese che Coppola prometteva rendite facili in tempi brevi chiedendo agli investitori di fornirgli in mano le risorse da mettere sui cripto-asset: «Abbiamo fatto un investimento iniziale di 15mila euro e poi, attraverso alcuni complici, ci ha convinto a investire altri 50mila euro», racconta Elisabetta, nome di fantasia, una donna che è finita nello schema-Coppola. «Per tre mesi abbiamo ricevuto una rendita di 3mila euro, poi non abbiamo visto più nulla. A me non interessa riavere i miei soldi: voglio solo che non faccia più del male alle persone». Tra un giro in Lamborghini e una puntata ai tropici, Coppola promuoveva un modello di business che, come ha fatto notare lo YouTuber Fufflix, lo avrebbe portato a comprare il primo bitcoin nel 2013 quando di questo mondo “parlavano solo i nerd”. Nel suo profilo, non a caso oggi disabilitato a ricevere commenti, su Instagram Coppola mostrava di essere spesso invitato come relatore in conferenze e convegni, pur guardandosi bene dallo specificare le kermesse o mostrare, in molti casi, gli enti invitanti. Coppola promuoveva la sua attività redditizia online principalmente con lo sfoggio di foto da luoghi remoti e frasi motivazionali, tra cui spicca un emblematico aforisma da uomo vissuto: "Ho goduto della vita, la sto apprezzando nonostante le sfide, perché trovo bellezza anche nell'arduo cammino. La vita può essere un inferno, ma per me è stata straordinaria perché ho pagato il prezzo giusto."
Insomma, a fidarsi solo delle parole del diretto interessato, il mindset Coppola applicato agli investimenti in cripto prevederebbe l’individuazione della chiave del successo imprenditoriale nella capacità di abbracciare un'idea appassionante, lavorarci con impegno e trasformarla in un business solo quando è certo che funzioni. Tuttavia, il Tribunale di Verona e le Fiamme Gialle, sulla base di una serie di querele presentati da decine di persone con cui Coppola aveva interagito sul web hanno mostrato che tramite pratiche illegali, il "promotore" - anche con la complicità di altri soggetti ora sotto indagine di cui non sono emersi i nomi - truffava gli investitori proponendo condizioni straordinariamente vantaggiose, assicurando loro un rendimento "sicuro" e significativo. Le operazioni di trading, tuttavia, avvenivano senza le autorizzazioni previste dal Testo Unico della Finanza (d.lgs n. 58/1998). Attualmente, il profitto derivante da tali illeciti è stato stimato in oltre 500.000 euro, rappresentanti la somma complessiva sottratta in modo illegale agli investitori truffati. Le indagini hanno rivelato che il soggetto destinatario del provvedimento cautelare promuoveva abusivamente prodotti finanziari, strumenti e attività di investimento in criptovalute e token non fungibili (NFT) per conto di una società italiana e di società estere con sede in Lussemburgo, Costa Rica, Seychelles e Isole Vergini. Alcune di queste società operavano sul territorio nazionale attraverso piattaforme di investimento online, come ha sottolineato il portale Decripto. Ma Coppola, al massimo, poteva essere qualificato come “influencer”: a quanto risulta da un’analisi delle fonti aperte, non sarebbe in possesso delle autorizzazioni necessarie a operare da trader. Come ha ricordato l’avvocato Fulvio Sarzana sul suo blog su Il Sole 24 Ore, infatti, i token digitali e le criptovalute sono per sentenza della Cassazione da ritenere equiparati a prodotti finanziari in quanto gli acquirenti operano sulla loro compravendita per fini di investimento e profitto.
Il caso-Coppola, qualora gli addebiti fossero confermati, mostra sicuramente almeno tre problematiche del sistema-Italia. In primo luogo, la diffusione di una mentalità collettiva orientata all’idea di guadagno facile, che aiuta a inserirsi presunti “guru” che promettono di moltiplicare le risorse, di “fare soldi con i soldi”, di consolidare proventi stellari per i titolari di fondi e risorse da mettere in pista nei mercati più svariati. In secondo luogo, una preoccupante tematica di bassa educazione finanziaria emerge dal proliferare di casi come quello di Coppola: non si è colta, sul fronte delle vittime di queste truffe, la differenza tra promotori finanziari e intermediari di livello non qualificato. L’idea stessa che Coppola avesse successo come “venditore”, dunque come imbonitore, dice molto di tutto questo. Last but not least, sull’onda di quanto successo in America, ove la Sec ha regolato come asset altamente volatili ma circoscritti in un perimetro le criptovalute, emerge la necessità di separare il grano dal loglio e far ricondurre anche i cripto-asset sotto un perimetro di regolamentazione preciso. Per la tutela degli investitori e dei veri operatori che si interessano al mercato. Non esistono soldi facili, nemmeno in finanza. L’hype e la presunta iconicità dei “guru” del settore è forse più elettrizzante dell’austera freddezza di un trader professionista o di un intermediario. Ma alla prova dei fatti è quest’ultima a minimizzare i rischi. E dunque il rischio di cadere in truffe in cui spesso le vittime, per incultura, rischiano di essere involontari complici.