Dopo 50 anni dall’uscita nelle sale, a 50 anni dalla morte di uno dei più grandi lottatori di sempre. Per tre giorni, dal 14 al 16 agosto, sarà possibile vedere nelle sale dei cinema The Space il film più iconico di Bruce Lee, I tre dell’operazione drago, diretto da Robert Clouse. Un film leggendario, come leggendario è il suo protagonista. Il suo mito, però, si è costruito nel tempo. Artista marziale, attore, regista, sceneggiatore e filosofo. Tutto questo era Lee Jun-Fan, al secolo Bruce Lee, il guerriero venuto “dalla Cina con furore” per insegnare le vie della lotta a tutto il mondo. In realtà, nacque a San Francisco il 27 novembre 1940, durante una tournée negli Stati Uniti organizzata da suo padre, un famoso cantante d’opera cantonese. Dopo pochi mesi dalla nascita, nell’aprile del ’41, la famiglia tornò ad Hong-Kong, dove presto dovette assistere all’attacco dell’impero giapponese, padrone della città per i successivi 4 anni. Nel 1945, dopo la resa incondizionata del Giappone, Hong-Kong tornò a essere territorio britannico: fu qui, nelle strade di una città che stava cercando di ripartire dopo anni di guerra, che Bruce si formò come lottatore. Finiva spesso in risse tra gang, scontri senza regole a cui il giovane Bruce difficilmente si sottraeva. I genitori, ormai convinti che la strada del figlio fosse quella del combattimento, decisero di concedergli il permesso di allenarsi con un maestro, così da imparare la disciplina e i principi che appartengono ad ogni artista marziale. Lungimiranza inconsapevole, quella dei genitori. Bruce, infatti, diventò uno studente del leggendario Ip-Man, inventore della scuola del Wing-Chun. Questo stile di kung-fu prevedeva l’impiego di tecniche e movimenti che rivolgevano contro l’avversario la sua stessa forza. Già adesso si intravedevano le vibrazioni di un futuro stile. Inizialmente, il maestro si oppose all’inserimento di Bruce nella sua scuola, anche a causa delle origini del giovane guerriero. La madre, infatti, aveva ascendenti europei e tradizionalmente non si poteva insegnare a studenti che non fossero completamente cinesi. Per la fortuna di tutto il mondo, Ip-Man si convinse e prese con sé Bruce Lee, instaurando una delle collaborazioni più iconiche della storia delle arti marziali. Seguirono anni di allenamenti, studio e lotte clandestine sui tetti della città. Rischiò qualche guaio con la polizia a causa di scontri che superarono il limite (aveva staccato un dente a un ragazzo della sua scuola e aveva pestato un membro di una famiglia criminale) e le sue scarse prospettive accademiche costrinsero i genitori a farlo partire per gli Stati Uniti, dove avrebbe potuto richiedere cittadinanza.
Si stabilì a Seattle nel 1959, dove fondò la sua prima scuola di arti marziali a soli 19 anni, chiamata umilissimamente Jun Fan Gung Fu, ovvero “Kung fu di Bruce Lee”. Chi cerca un posto nell’olimpo dell’arte deve cominciare presto. Dopo due anni, si iscrive all’università di Washington, dove frequenta, tra gli altri, corsi di filosofia e psicologia. È il 1964 l’anno della svolta: durante un’esibizione a Long Beach in California, mostra la sua tecnica del pugno a un pollice. In un istante, tutto il corpo, dai piedi fino al polso, si muoveva per rilasciare la massima quantità di energia. Ogni guerriero deve possedere la sua mossa segreta. Che poi segreta non era, visto che Lee si mostrò tutt’altro che contrario a rendere popolare la sua arte. Impressionato dal carisma del giovane lottatore, il produttore televisivo William Dozier lo volle per il ruolo di Kato nella serie The Green
Hornet, dove Bruce recitò a fianco di Van Williams. Per tre anni lavorò sui set di alcuni film d’azione, il che contribuì a renderlo un personaggio noto al pubblico americano e ai produttori di Hollywood. Nel 1969, però, Bruce fece un ulteriore passo: i principi della sua filosofia marziale vennero formalizzati nella scuola del Jeet Kune Do. Lo stile della scuola prevedeva la libertà da ogni classico metodo di lotta e l’interpretazione specifica di ogni situazione di combattimento. Il limite è non avere limiti, lo stile consiste nell’assenza di stile. “Be water, my friend”. Poi arrivarono gli anni ’70, quelli della definitiva consacrazione. Ritornato a Hong-Kong, cominciò a recitare in una serie di film dove poté mostrare tutte le sue abilità. Fu protagonista in Dalla Cina con furore e Il furore della Cina colpisce ancora, entrambi diretti dal regista Lo Wei. Quest’ultimo era un personaggio piuttosto ambiguo: Jackie Chan rivelò di aver subito minacce dalla mafia dopo l’interruzione di un contratto con Wei e lo stesso Lee ne criticò i metodi. L’eco dello scontro Lee-Wei pose fine alla collaborazione tra i due. Con L’urlo di Chen terrorizza l’occidente in cui Lee è attore, regista, sceneggiatore e anche produttore (aveva creato appositamente una casa di produzione, la Concord Production), il successo raggiunse dimensioni mai viste per un film di Honk-Kong: 130 milioni di dollari guadagnati in tutto il mondo. Paragonando il successo al cambio odierno l’incasso supererebbe i 700 milioni di dollari. Più iconica dei soldi, però, è la scena di combattimento con Chuck Norris ambientata al Colosseo, quasi fossero due gladiatori del kung-fu. Norris era all’esordio come attore, Lee già lanciato verso orizzonti sempre più lontani. Ma dopo il cielo cosa c’è?
Con Robert Clouse alla regia, I tre dell’operazione drago, è ancora oggi considerato uno dei più grandi successi di sempre per quanto riguarda i film d’azione e uno dei più influenti dell’intera storia del cinema a tema arti marziali. Lee, così chiamato anche nel film, deve difendersi da narcotrafficanti e militari corrotti durante lo svolgimento di un torneo di arti marziali, organizzato da Mr. Han sulla sua isola privata. Lasciamo alla visione i dettagli. Non rovinatevi la sorpresa. Per promuovere il film, vennero organizzate lezioni di karate gratuite, pubblicati libri illustrati, poster e fotografie. La spesa per il marketing raggiunse il milione di dollari, cifra notevole per l’epoca. Quentin Tarantino lo ritiene uno dei film centrali per la sua formazione. Akira Toriyama, disegnatore di Dragon-Ball, disse di essersi ispirato allo sguardo di Bruce Lee per creare il personaggio di Goku. Per molti videogiochi come Mortal Kombat e Street Fighter, l’ultimo film di Lee è stato un faro irrinunciabile. Purtroppo, l’attore non riuscì a godere dell’incredibile successo del film: morì il 20 luglio del 1973, un mese prima dell’uscita nei cinema. Mobile, fluido e agile. Capace di adattarsi ai corpi che gli si oppongono. Bruce Lee è stato una delle figure più iconiche del cinema d’azione. Ha unito mondi, oriente e occidente, a forza di calci rotanti e di pugni sferrati in un istante ma praticati per anni. Scorreva sulla pellicola e vibrava colpi precisi, studiati. Sempre pronto a cambiare, se stesso come la sua arte. Proprio come l’acqua. Sono passati 50 anni ma la sua arte merita di essere mantenuta viva. Il tempo non passa per chi ha inscritto il proprio stile nella storia.