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Cara Alessandra Celentano,
il siciliano è una lingua! Prenda esempio
da suo zio: il “re degli ignoranti”

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

6 aprile 2022

Cara Alessandra Celentano, il siciliano è una lingua! Prenda esempio da suo zio: il “re degli ignoranti”
Si può usare il dialetto in Tv? La diatriba è esplosa dopo che ad “Amici” la coach di ballo Alessandra Celentano aveva ripreso uno dei partecipanti al programma di Italia1 per il suo accento siculo, il giovane Nunzio. Ma lo scrittore sicilianissimo Ottavio Cappellani non ci sta e ci spiega perché, a suo dire, l’italiano come lingua non esiste, mentre invece esistono eccome i dialetti che sono le vere lingue che nel mondo rendono il nostro Paese riconoscibile. Con buona pace della nipote del Molleggiato

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

Mettiamo un po’ d’ordine in questu motopiedi (“mutuperi”, robaccia in giro che impedisce il cammino, dei piedi, e traslatamente, del pensiero) che hanno fatto dire a una che fa Celentano di cognome "non parla italiano perché è siciliano", quando il siciliano non è un dialetto ma una lingua. Ricordiamo a questa sciacqualattughe (metaforicamente: colei che non intraprende attività per mandare avanti l’umana specie, ma si limita a sciacquare le lattughe, che altri piantano) che suo zio, molto apprezzato nel mondo in quanto coatto (piace molto ai tedeschi e ai giapponesi, maestri di eleganza di sandali e calzini e fotocamera al collo) è tipo uno che è diventato famoso per essere andato a letto con Ornella Muti e per avere fondato un “clan” che è un concetto “dialettale”, ossia glocal, ce l’hanno gli scozzesi, i marsigliesi e la mafia siciliana, solo che questi sono concetti complessi mentre il “clan” di suo zio è famoso per la scissione con Don Backy. Questo è il livello di preparazione di questa “étoile” (famoso bar notturno al porto di Catania dove fanno gli arancini) che in televisione ha fatto programmi di cultura elevatissimi: Amici, Pechino Express e Selfie.

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Alessandra Celentano e lo zio Adriano Celentano

Vediamo di chiarire: l’ita(g)liano, notoriamente, non esiste, esso è stato inventato dal Tg1 nel dopoguerra, ed è una accozzaglia di termini in gran parte inventati e modernissimi e senza storia, con il quale si cercava di spalmare una conoscenza, appunto, da Tg1, o da sabato sera (dove, però, ricordiamolo, non mancavano i comici dialettali) per evitare che il dialetto toscano, o quello siciliano, o qualunque altro prendessero il sopravvento su questa finzione geopolitica che è l’Ita(g)lia (quando sento Salvini dire “prima gli ita(g)liani” mi appare subito chiara la sua statura mentale, il federalismo, e il suo “prima il lumbard” aveva un senso, “prima lo ita(g)liano” invece no, e mi sovviene sempre alla mente il dialetto al turtellun del Duce che sembrava una massaia).

“Non parla l’ita(g)liano perché è siciliano”, come ha detto l’étoile che fa programmi di serie Zeta in Tivvù, non è un insulto, anzi un complimento. Su questo sito ho letto una opinioqualcosa che sosteneva: “se vuoi fare tivvù devi parlare l’ita(g)liano”, il che è vero e condivisibile e ovvio ma premettendo che oggi, ma anche ieri, ma anche domani, la tivvù la vogliono fare soltanto i falliti, le étoile venute male, coloro che vogliono riciclarsi, i morti di fama, i poveri, gli arretrati, i retrogradi, quelli “smart” scrivono serie per Netflix, fanno podcast, stand-up, start-up, non “talevisione” che guardano soltanto coloro i quali hanno una mente così povera da parlare soltanto l’ita(g)liano, il pavenu delle lingue, l’ultimo arrivato, lo zaurdo, il coatto dei linguaggi.

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Alessandra Celentano ad "Amici"

Non so se citare Carlo Emilio Gadda e “il pasticciaccio”, o me, che se ho venduto i miei romanzi in trenta paesi, con corso monografico ad Heidelberg, l’ho fatto in quanto scrittore siciliano, e non ita(g)liano, fedele alla lezione del grande teatro in cui ogni personaggio ha una sua lingua, un suo dialetto interiore, e fedele altresì all’altra grande lezione, quella della letteratura anglosassone, dove ogni quartiere, ogni “block” ha un dialetto diverso: pensate forse che ad Harlem parlino la stessa lingua di Manhattan, o che nell’East-End londinese parlino come a Notting Hill?
Ma viaggiate, ita(g)liani. Oppure no: restatevene nei vostri paesini, pensando di essere qualcosa o qualcuno, seduti nella vostra poltrona, a guardare la televisione ita(g)liana.
Ah, e non ci scassate la gran coppola di questa stracoppolazza odorosa di minchia.

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