Nell’ultima puntata di X Factor Ambra Angiolini, in un attimo di eccessiva autostima, ha dato del giullare a Morgan. Certo che in un programma musicale dare del giullare a un musicista non offende solo la persona ma l’intera categoria dei musicisti. Ok, la televisione da decenni ci ha abituati alla rissa, ma qui la rissa non c’è neanche stata, dato che Morgan con eleganza non ha reagito all’ insulto dell’attrice che piace ai radical chic. Infatti nessun giornale ha riportato l’episodio, anzi, il quotidiano Il Messaggero ha dato 10 in pagella all’Angiolini, mentre il Corriere della Sera ha dato 4 a Morgan. Ora, una parola infelice in televisione può capitare a tutti, infatti capita anche troppo spesso, e da sempre, ma il fatto strano è che sia stata pronunciata dalla paladina del politically correct, quello stereotipo della retorica delle battaglie social e dei fiocchetti rossi a spilletta. Ma una cosa che questa mentalità trascura è proprio il senso dell’arte, di quanto gli artisti, quelli veri, siamo creature da trattare con cura, non da insultare e schiaffeggiare, o da screditare ogni due per tre. La parola giullare, nel tempo in cui la cultura aveva ancora un valore, aveva un significato tutt’altro che dispregiativo. Dario Fo, ad esempio, quando lo chiamavano giullare ne andava fiero, poiché il giullare molto spesso si permetteva anche la licenza di prendere il giro la corte e il Re, cioè il potere assoluto. Un tempo il giullare era considerato il cantastorie nel tardo Medioevo, era esperto nella musica e soprattutto nell’arte del mimo. Nell’accezione negativa di oggi, nell’era dell’ignoranza onnipotente del politically correct, il significato di giullare indica invece una persona priva di dignità e serietà, praticamente un pagliaccio, un buffone. Quindi se Ambra fosse davvero attenta al linguaggio non farebbe uno scivolone simile, ma in realtà è semplicemente come lo sono tanti oggi una conformista del linguaggio progressista, che non è il parlare frutto di studi o di esperienze ma è la lingua di chi si conforma e si omologa, è la moda della lingua. Come non bastasse infatti ha addirittura, così convinta del suo ruolo, preso le distanze dal testo di “10 ragazze per me” di Mogol e Lucio Battisti, da lei giudicato quasi “misogino”, quando invece il testo indica esattamente l’opposto. “Vorrei sapere chi ha detto/ che non vivo più senza te/ però quel matto mi conosce perché ha detto una cosa vera”.
Ma c’è altro: Ambra se l’è presa anche con il buon Dargen D’ Amico, rinfacciandogli: “ho venduto più dischi d’oro di te”. Anche Dargen ha scelto nobilmente il silenzio senza ricordarle che anche il Pulcino Pio ha scalato le classifiche, e che anche i Cugini di Campagna hanno venduto più degli Area di Demetrio Stratos, e che se prendiamo il disco d’oro come parametro, allora la musica muore. Eppure Ambra è sempre pronta alla commozione on demand quando ascolta un concorrente meno peggio degli altri. Tant’è che ha una telecamera fissa su di lei, pronta a zoomare sui suoi occhi lucidi. Peccato che un minuto dopo tanta commozione, con la faccia indispettita e severa, dia del giullare o dell’egoriferito ad una persona che le è seduta accanto e dalla quale avrebbe davvero tante cose da imparare, se proprio vogliamo parlare di musica. Che sia per caso invidia? Diciamolo chiaro, Morgan e Ambra sono mondi lontanissimi, parafrasando Battiato. Morgan è un artista, un uomo di cultura, suona quasi tutti gli strumenti e in modo eccellente, è un uomo di spettacolo a 360 gradi che è stato chiamato a X Factor per acclarata competenza musicale unita al saper stare in video, uno che sa comunicare e insegnare significati e valori della musica ai concorrenti, oltre che al pubblico.Non è un caso che Morgan abbia vinto più edizioni di X Factor di tutti gli altri e che abbia insegnato a cantare a Marco Mengoni e a Noemi, tanto per citarne solo due di artisti che hanno il suo imprinting, che non è quello del giullare.
Ma oltre a questo, piaccia o non piaccia, è uno che sa suscitare emozioni, contrasti, dinamiche, colpi di scena, è espressivo come pochi. Un artista dinamico, sorgivo, geniale, mai ovvio, statico, scontato e ripetibile. Morgan è come l’Araba Fenice. Il mitico uccello simbolo della rinascita, che si bruciava da sè per poi rinascere dalle proprie ceneri. Quando tutti gli danno addosso, ecco che viene richiamato a salvare la scena, in questo caso un programma televisivo. perché intorno, c’è il deserto, oppure il vuoto imperante del politically correct, in cui vige l’autentica “repressione delle parole”, un fenomeno antico di epoca democristiana in Italia e di epoca maccartista in America, purtroppo tornato ferocemente di moda, fenomeno già denunciato da un grande artista come Lenny Bruce che per la libertà di espressione ha dato la vita. Viviamo in un’epoca di conformismo dilagante in cui parole come inclusione, progresso, sostenibilità si usano come noccioline, mentre viene bandito il libero pensiero, lo spirito critico, e soprattutto la competenza, l’arte e la cultura. Morgan in X Factor è persino sprecato, eppure è fondamentale perché rappresenta l’unica voce fuori dal coro capace di valorizzare la voce e la creatività di quei ragazzi sul palco. Perché la stampa del cosiddetto regime neoliberista finto progressista , finge di non saperlo? Si vuole un coro, senza solisti, come omologazione dell’intrattenimento. In tre parole: Tv, sorrisi e canzoni e anche qualche lacrimuccia per non farci pensare e sentirci tutti più buoni e desiderabili, proprio come il pulcino Pio.