È stato veramente bellissimo. C'è solo un gruppo al mondo più longevo di loro, i Rolling Stones. Loro, invece, sono i Nomadi, che hanno attraversato 61 anni di storia della musica e unito intere generazioni, portando sul palco la loro ribellione e la poesia della vita quotidiana. L'inizio risale agli anni '60, quando Beppe Carletti e Augusto Daolio (scomparso nel '92) decidono di far risuonare la loro voce, e dopo diversi cambi di formazione, la band si consolida. I loro testi sono passione, istinto, emozione, come dimostra quell'inno di vita e libertà, Io vagabondo, che con oltre un milione di copie vendute vanta un record assoluto. I primi 6 decenni alle spalle, lo sguardo già rivolto al futuro, in occasione del Festival della Parola Reloaded (che si tiene a Sanremo dal 5 al 7 aprile), l'anima storica del gruppo si racconta su MOW.
Carletti, 61 anni di Nomadi. Qual è il segreto?
La coerenza, mia cara, è il solo segreto. Noi non abbiamo mai perso il nostro pubblico, anche se le radio ci snobbano. È un classico, è sempre stato così.
Lo accetta serenamente?
Sì, sapete una cosa? Non me ne frega niente.
Perché non vi trasmettono?
Perché i Nomadi non sono di moda, ma riempiamo i teatri.
Sono veri sold out.
E certo, qua vi volevo. Vai a vedere se gli altri sono tutti autentici, noi non regaliamo biglietti.
E unite diverse generazioni.
Abbiamo un pubblico trasversale, sennò non esisteremmo più. Al termine degli spettacoli ci fermiamo sempre per scattare qualche foto, e non di rado capitano ragazzi di 15, 16 anni, è una soddisfazione inspiegabile. Noi rispettiamo sempre il pubblico, che paga il biglietto, che ci permette di salire sul palco.
Siete un'eccezione.
Dovrebbe essere la regola. Ora si montano la testa dopo un solo disco, ma bisogna ricordarsi sempre da dove si parte. Il nostro repertorio vastissimo non è frutto del caso: con Augusto (Daolio), che purtroppo non c'è più, abbiamo costruito qualcosa di duraturo. Lui diceva sempre che i Nomadi sono come l'uomo mascherato, non muoiono mai. La nostra svolta è stato l'incontro con Francesco Guccini...
Per lui avete detto no a Battisti. Come andò?
Eravamo in sala di registrazione per “Dio è morto”, quando arrivò Mogol con Battisti, ancora sconosciuto. Ci chiese di incidere “Non è Francesca”. Noi accettammo, ma Mogol impose: “O si fa tutto di questo ragazzo o niente”. A malincuore abbiamo detto no. Auguro però a tutti di trovarsi a un bivio del genere.
Il 1972 è l'anno di “Io vagabondo”, un successo senza tempo.
È un brano che attraversa le generazioni. La cantano i bambini, gli adulti, gli anziani, è qualcosa che non si può spiegare.
Com'è arrivata a voi?
Stavamo provinando per “Un disco per l'estate”, quando Alberto Salerno ci propose questo pezzo. L'improvvisammo e sembrava fatta su misura per noi. Nel giro di ventiquattr'ore la incidemmo.
È vero che Ornella Vanoni un po' “rosicava”?
Successe questo: stavamo aspettando che venisse nominato il vincitore della serata (di Un disco per l'estate) che sarebbe andato in finale, e tutti i fotografi erano puntati su di lei. Era Vanoni la favorita. E invece vincemmo noi, e lei non la prese bene.
Poi?
Poi alla finale arrivammo penultimi, ma tutti di quel festival ricordano “Io vagabondo” (ride).
I Nomadi sono stati un po' pionieri anche nell'affrontare certe tematiche come l'ambiente, la violenza sulle donne.
Oggi si scrivono testi o superficiali o cattivi.
La musica conta ancora qualcosa?
È diventata usa e getta. Facciamoci questa domanda: fra 10 anni chi ascolterà ancora le canzoni di oggi?
Dunque tra i giovani non le piace nessuno?
Non è questo, saranno anche bravi, però se usano l'autotune... Una volta, se non eri intonato, non cantavi.
Siete la band più longeva al mondo, seconda solo ai Rolling Stones. Tre anni fa i Måneskin aprivano un loro concerto...
Ne sono orgoglioso.
Le piacciano?
Sì, dimostrano padronanza nel loro genere. Suonano, cantano, hanno tutte le qualità per eccellere.
Lei ci vede lungo. So che Zucchero e Ligabue le portavano i loro demo, in cerca di consigli.
Abitavamo tutti nelle vicinanze. Adelmo, per dire, veniva a casa mia, e mi faceva sentire le sue cose, così anche Luciano, gli consigliai di cantare lui stesso le sue canzoni, non i Nomadi. E così è andata.
Zucchero ha detto che Sanremo gli ha “stracciato i maroni”: ha ragione?
Per carità, preferisco evitare commenti. Certo ci sono rimasto male per il mancato invito ai 60 anni di carriera, ma andiamo avanti.
Tornerebbe all’Ariston?
Se ci invitano, perché no?
In gara?
Dipende, se abbiamo la canzone. Poi la classifica non è tutto, primo, ultimo, non si può piacere a tutti.
Salvini vi apprezza.
Sì, ci conosciamo anche abbastanza bene. La musica non conosce barriere politiche, è di tutti.
Dopo Mattarella incontrerà anche la Meloni?
Avere un colloquio di oltre 30 minuti con il Presidente della Repubblica è stata un'emozione incredibile. Incontrare la Meloni non è in programma... ma le racconto questa storia. Prima di diventare Presidente del Consiglio, scrisse un libro e inserì un nostro testo. La contattai per ringraziarla e lei si commosse.
Arafat, il Dalai Lama, sognate già il prossimo incontro: il Papa o De Luca?
Questa è bella! (ride). Preferiremmo il Papa.
Ha mai pensato di dire basta?
Sessantuno anni sono volati, ma noi andiamo avanti, vogliamo dire che c'è ancora vita, e per dimostrarlo abbiamo già pianificato concerti fino a dicembre.