Che i giovani si avvicinino alla figura del presidente della Repubblica è cosa buona e giusta. Soprattutto in questo momento in cui le sue funzioni di garante della Costituzione vengono da molti messi in dubbio. Ma che l’incontro tra il presidente Sergio Mattarella e 12 creator, avvenuto al Quirinale debba intitolarsi “Costituzione in shorts” fa un po’ storcere il nasone: non possiamo fare a meno di tradurre “Costituzione in shorts” come “Costituzione in pantaloncini”. E neanche, a dire, un bermudino, magari non con le palme e i tucani, ma di quelli più formali, non so, sahariani (da indossare con i calzettoni alti e le “desert boot” Clarks), no, “shorts” sono proprio i jeans tagliati e sfrangiati ad altezza chiappa tipico delle surf girl. Poi sì, certo, si spiega che gli “shorts” sono video fatti con lo smartphone in verticale della durata di un minuto, ma oramai il danno è fatto e l’immagine della Costituzione come Bridget Fonda in Jackie Brown o come Daisy Duke di Hazzard non si toglierà mai più dalla mente.
Il moderatore dell’incontro è stato Fabio Rovazzi e ci piacerebbe sapere se l’intento da lui dichiarato, ossia “rendere virale la Costituzione” sia stata una sua idea o se gliel’abbia consigliata lo staff presidenziale. L’idea di “rendere virale” la Costituzione denota: 1) La convinzione, assai malsana, che un fenomeno “esista” solo se virale, mentre sappiamo tutti che la “viralità” di un video, di un meme, di un epic fail, ha brevissima durata e rientra perfettamente nei “quindici minuti di celebrità per tutti” profetizzata da Andy Wharol; rendere “virale la Costituzione” vuol dire renderla come “Il ballo del qua qua” di John Travolta o il bacio tra Fedez e Rosa Chemical a Sanremo, robe delle quali poi ci si scorda; 2) Se per “viralità” si intende famosa, popolare, interessante, “condivisa”, bé, la Costituzione permea tutta la nostra vita ogni santo giorno, siamo immersi nella Costituzione dal momento in cui nasciamo, anzi, dal momento del nostro concepimento, sarebbe come voler rendere “virale” il respiro e l’aria che ci circonda. Tutto questo è preoccupante per una cultura, per una civiltà, soprattutto per una civiltà che come la nostra che è fondata sullo “stato di diritto”: è preoccupante che si abbia bisogno dei social, dei content, dei creator, e dei pantaloncini corti, per diffondere il verbo della Costituzione; significherebbe che la scuola ha fallito, una beffa, dato che la Costituzione la prevede, per un certo periodo, obbligatoria e gratuita.
Lungi dal volere mancare di rispetto alla figura del presidente Sergio Mattarella, al contrario apprezziamo che si sia prestato a questa iniziativa. È l’iniziativa che non convince. È l’idea che tutto debba in qualche maniera passare attraverso i “social” per diventare “sociale” che ci sembra surreale. Come se di fatto si stia avverando quella sostituzione tra il virtuale e il reale raccontato da quella fantascienza “cyberpunk” spesso sottovalutata e che invece è l’unica letteratura veramente “politica”, a cominciare dalle previsioni di George Orwell in “1984”, passando da “Neuromante” di William Gibson, per finire (al momento) alle pericolosità per la democrazia che si stanno imputando a TikTok. Stiamo parlando della Costituzione, permetteteci di essere letterari. Può la “coscienza” di qualcuno crearsi attraverso i click, i like, le visualizzazioni? Sono questi concetti “fondanti”, o hanno i piedi di balsa come il vitello di Elio e le storie tese? La Costituzione è il “fondamento” della nostra Repubblica, può essa poggiarsi sulla balsa? Che la nostra Costituzione sia una buona Costituzione non c’è dubbio. Ma, forse, la coscienza civile dovrebbe passare attraverso canali più reali di quelli di Youtube e forse bisognerebbe anche dare voce a chi si rende conto, ogni giorno, quanto le leggi e la vita reale di ogni giorno siano lontani dall’applicazione di quella Costituzione: dal “Lavoro” (ha detto bene il presidente Mattarella “fondata non sul lavoro altrui”, e allora perché esistono, legalmente, “sfruttatori” di lavoro e “sfruttati”?) alla “Sanità” (perché ci vogliono mesi di attesa per una risonanza magnetica non a pagamento). Con il dovuto rispetto per la figura del Presidente della Repubblica e della persona di Sergio Mattarella: vedere dodici giovani che ripetevano compiaciuti la lezione come gli insopportabili primi della classe in un “contesto”, il virtuale, che non ha nulla a che vedere con il reale, non ci è sembrato edificante.