E cari miei, l’Italia è una grande Rsa (Residenza sanitaria assistenziale): una residenza spettacolare assistita o una residenza sanitaria artistica, fate un po’ voi. Intendiamoci: se dico “vecchi” non mi riferisco solo all’età anagrafica, l’Italia dell’arte è vecchia nel senso che qualunque sia l’età dei protagonisti ha sempre quel sapore di bocciofila di provincia, quel sentorino di cavoli bolliti. Così, Sergio Castellitto (70 anni) è stato nominato, dal ministro Gennaro Sangiuliano, presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia. Una scelta perfetta! Non solo prevista (ne ha parlato per primo Dagospia) ma persino, direi, auspicata da questo nuovo corso! Ascoltate queste dolcissime parole (intervistato da Gianmarco Aimi su Fanpage il 30 maggio di quest’anno) che sanno di fiori di pesco e pure di pesca: “Quello che resisterà sarà un cinema di archeologia. Non lo intendo come museale, ma che dovremo andare a ritrovare le pepite d’oro scavando. Ora vanno di moda le micro-serie sul web o sui social, visto che tutti possono costruirsele con quattro amici e metterle online. Siamo devastati dalla democrazia creativa. C’è una tale democraticità nell’espressione artistica che chiunque può esercitare il diritto a inventare storie e raccontarle. E purtroppo questo va accettato”.
In sintesi: 1) Ma che schifo la democrazia nell’arte! (E non lo vuoi fare presidente del CSC?) 2) Vanno di moda le cose costruite sui quattro amici (Castellitto ha fatto sette film sette con la moglie e nella stessa intervista dice che suo figlio è più bravo di lui – sarà anche, ma dirselo in famiglia non fa fino). 3) Chiunque può esercitare il diritto a inventare storie e raccontarle (che probabilmente è – così per dire – una delle caratteristiche dell’homo sapiens. Ricordo che Umberto Eco sosteneva: “Quello che ci distingue dagli animali non è il linguaggio, ma la capacità di dire bugie”, ossia di inventare storie). E bisogna toglierla ‘sta facolta! E che minchi*! Deve deciderlo Castellitto chi può raccontare storie e chi no! Certo, con questa logica alla pesca il cinema non avrebbe acuto che ne so, Robert Rodriguez che girò “El Mariachi” in vhs e che poi diventò “Desperado”, o Sam Raimi che iniziò con pellicole amatoriali per finire al Marvel Cinematic Universe (lo so che non vi piace l’MCU, voglio vedere se vi offrono una parte voglio vedere), per non parlare ovviamente di John Carpenter e George Romero. Non avremmo avuto neanche Quentin Tarantino. La lista è lunga.
E con lui entrano nel Cda anche Giancarlo Giannini (81 anni) e Pupi Avati (84 anni). Immagino siano tutti molto felici anche se personalmente non capisco come si possa essere contenti di finire in Rsa, al posto di combattere fino all’ultimo con il mercato, con la possibilità di fallire, di rinchiudersi in un monolocale come Bobi Bazlen (l’ideatore della casa editrice Adelphi) o in una soffitta (ancorché parigina) scroccando i pasti ai socialite. La fama e il successo personale all’interno del proprio circolo culturale è uguale ai pensionati dei circoli di paese, sempre a gara a chi la spara più grossa, ricordando epoche passate perché tanto oramai la pensione è assicurata. Intendiamoci di nuovo: non dico che costoro non lavoreranno più essendo entrati in Rsa (anzi, li voglio vedere tutti negli Avengers, li voglio!). Intendo dire che mi dispiace disturbare Alberto Arbasino, ma qui bisogna aggiornare il suo famoso detto. Qui, in Italia, la carriera sta diventando la seguente: da giovane promessa a venerato maestro e, infine, a solito stronz*.