Luigi Mascheroni, un messo della cultura che non fa sconti, firma per Il Giornale un ritratto di Erri de Luca “non più da giovane”, un rinculo di buona scrittura che copre il retro del ritratto dell’artista da giovane di Joyce, il suo lato B. Se nel libro si tratta, infatti, di raccontare la mente che rende l’artista tale, Mascheroni ricorda il corpo (e i corpi che lo hanno sempre sostenuto) che ha reso Erri De Luca – Enrico, Henry per lo zio americano – uno degli scrittori più prolifici e noiosi d’Italia. Un corpo immerso nella storia fin dal suo nascere nella società, negli anni di Lotta continua, che si è evoluto, villoso ma mostrato in pubblico sempre dopo almeno uno shampoo di pessime opinioni e battaglie dei “buoni”, per diventare un riferimento della sinistra che non c’è più, quasi primitivista, quasi bolscevica, quasi sovversiva. Nulla che non possa essere bilanciato da pubblicazioni per il gruppo editoriale del Cavaliere, ricorda Mascheroni.
«Intellettuale impegnato, scrittore di lezioso successo […], estremista triste e moralista malinconico che ha costellato la propria vita di aggressività e fanatismo per poi predicare agli altri pace e tolleranza – da Curcio al Qohèlet è un attimo, dalla critica marxista all’esegesi biblica un’illuminazione – Enrico “Erri” De Luca è uno degli autori più amati dalla sinistra sedicente solidale e intelligente». E tutto si riassume in quel “sedicente”. Sedicente intelligente e solidale, che è come parlare di una solidarietà e di un’intelligenza moralmente un gradino sotto l’intelligenza e la solidarietà autoreferenziali (cioè il vittimismo per vendere), dal momento che Erri De Luca, per raccogliere consensi, punta a far passare da vittima chiunque egli scelga di difendere.
Uno scrittore buono per le strade a traffico limitato, dice Mascheroni, perché non supera i 30 all’ora. Anzi, cammina. E fa pure poca strada. Nei suoi libri? Non più di 80 pagine di sentiero, spesso tra due case e in cui c’è poco da ammirare. Ma chi resiste all’infatuazione, come lo vede? «Alla fine, perché dai propri peccati non si sfugge, è ricordato quasi solo per essere stato responsabile del servizio d’ordine di Lotta Continua ai tempi dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi. L’autonomia, l’esproprio proletario, il passamontagna, i Katanga, sbandate e sprangate. Dalla chiave inglese ai salottini Bo-bo in un amen». A proposito di “Amen”. De Luca si è improvvisato biblista: «traduce – così così secondo gli specialisti – i libri del Vecchio Testamento, e sembra che in alcuni seminari, ma non sappiamo se ciò sia causa o effetto della desacralizzazione della società, Erri De Luca sia più letto dei Padri della Chiesa. Anche se si fatica a capire l’attribuzione da parte dei media di una così pesante caratura intellettuale».
Insomma, un corpo. Un corpo che non mente, in tutti sensi. «Abituato a confondere l’impegno civile con le sprangate e il dissenso sociale con atti criminali, capace di rinominare la parola “terrorismo” con “militanza”». Cos’altro aspettarsi, sembra chiedersi Mascheroni, da uno che le ha sbagliate tutte: «Ha difeso Cesare Battisti, un assassino di civili inermi. Ha protestato contro l’estradizione dei brigatisti in Francia. […] Ha espresso solidarietà a Roberto Saviano contro quella bastarda della Meloni. Ha accusato il governo di «dirottamento» per aver assegnato a una nave Ong il porto di Ancona. E ha naturalmente preso le parti dei mediaticissimi ego-imbrattatori dei muri del Senato». Più un breviario di scelte sbagliate, di elogi verso di lui delle Concita de Gregorio e degli Alessandro Gassman, dei Wu Ming e degli Zerocalcare nostrani. Tanto che Mascheroni chiude così: «E forse, caro Erri, guardando indietro alla tua vita antagonista, aveva ragione l’amico Vincino quando scrisse che tu non hai mai fatto un giorno di galera, dei tanti che avresti meritato».