Gian Paolo Serino è il tagliagole della critica letteraria, fa a pezzi l'ipocrisia e si smarca dai libri di bassa qualità. Un lettore intransigente in un costante testa a testa con la cultura prodotta nel suo tempo. Un critico che ha sempre un inedito, un testo ritrovato, un capolavoro di qualche grande nel cassetto, come dimostra il recente Un volto nella folla di Budd Shulberg e pubblicato da Mattioli1885 a sua cura. Gli abbiamo chiesto dei grandi nomi del panorama letterario, tra vincitori di Strega e Campiello e giornalisti che fanno i romanzieri. Grazie a Michela Murgia si finisce a parlare di prove ontologiche e di Dio, con Roberto Saviano si va alla ricerca dell'idea perduta e per Natale consiglia di pensare a fare l'albero: «Chi legge non è normale». Un'intervista senza retorica dell'irregolare della critica italiana.
Gian Paolo qual è l’ultimo libro che hai letto?
Di italiani ho molto apprezzato Una piccola pace di Mattia Signorini (Feltrinelli) e L’inganno di Veronica Tomassini (La nave di Teseo): ci credo molto perché rappresentano la voce che manca in Italia: una scrittura non ombelicale, non semplici romanzi ma un solfeggio dell’anima.
È uscito il nuovo libro di Concita de Gregorio, Un’ultima cosa. Viene pubblicata da Feltrinelli. Com’è come romanziera?
La ammiro molto come giornalista, anche televisiva. Almeno per il garbo e l’educazione. Certo non dimentico che ha contribuito con il suo milione all’anno di stipendio da direttrice dell’Unità a farla fallire mettendo sui gommoni diversi giornalisti. Ecco, spero che nei suoi romanzi, che non ho letto, scriva di questo: dei licenziati e disoccupati, anche loro sono migranti economici.
È uscito anche il nuovo romanzo di Giovanni Floris, Il gioco. I giornalisti stanno diventando romanzieri, ma ne hanno la stoffa?
I giornalisti scrivono perché non hanno niente da dire e hanno qualcosa da dire perché scrivono. Il giornalista è stimolato dalla scadenza. Scrive peggio se ha tempo.
Arriva il Natale. Cosa ci consigli?
Di non leggere. Chi legge non è normale. Se sei normale fai l’albero, vai al cinema e aspetti quelli che vogliono tutti: Natale con la neve.
Hai curato l’edizione italiana di Un volto nella folla di Budd Shulberg e la prima tiratura è già esaurita. Allora i lettori non leggono solo i premi Strega in Italia.
Credo proprio di no. Un volto nella folla è un miracolo: un libro che ho ritrovato dall’autore di Fronte del Porto: racconta, erano gli anni ’50 quando Shulberg lo scrisse, di un saltimbanco che da clown diventa così potente da poter condizionare la politica americana. In poche pagine Shulberg racconta il nostro oggi dove la politica è ridotta a vaudeville. Incredibile che sia il libro preferito di artisti diversissimi: Bob Dylan, Tom Wolfe, Spike Lee, Francois Truffaut, Kurt Vonnegut, Elia Kazan. Incredibile.
Cosa pensi dell’ultimo di Mario Desiati, Spatriati?
Che abbia meritato il Premio Strega. È da quando scrive romanzi che scrive sullo stesso argomento. Quindi andava premiato.
E del giovanissimo premio Campiello, Bernardo Zannoni, con il suo esordio letterario, I miei stupidi intenti?
Non l’ho letto: mi accontento del titolo I miei stupidi intenti? Dice già tutto su chi vuole fare lo scrittore.
Qual è il libro italiano uscito in questi anni che ti ha più spiazzato?
Quindici riprese di Walter Siti.
Hai letto l’ultimo libro di Michela Murgia, God save the queer? Se non lo hai fatto lo leggerai?
Più che leggerlo l’ho sorvegliato. Conoscevo la canzone, cantata in tutte le lingue, ma il libro no. Mi è bastato leggere una frase come «il confine non ci circonda, ma ci attraversa, e che quel che avvertiamo come contraddizione è in realtà uno spazio fecondo di cui non abbiamo ancora compreso il potenziale vitale». Ecco mi è bastato non solo per valutare il libro della Murgia ma per confermarmi che Dio esiste. Ed è in questi particolari che tutti lo possono trovare. Avendo la possibilità di essere Dio, facile inventare il cielo e i mari il Paradiso e Adamo, Picasso o Einstein: voglio dire, sono capolavori non è difficile. Ma inventarsi Michela Murgia e una frase come questa; ci vuole per forza un Dio. Michela Murgia dimostra l’esistenza di Dio.
Chiara Valerio, secondo Luigi Mascheroni, ha fatto più cose di Ernst Jünger, che è morto a 102 anni. Scrive per i maggiori quotidiani nazionali, per Vanity Fair, ha una rubrica su Rai3, cura una collana per Marsilio e così via. Desiati l’ha definita «la mente più brillante della cultura italiana». Sei d’accordo?
La rispetto perché non so chi sia.
Anche lei viene dal mondo progressista e femminista, insieme a tutti quelli che abbiamo citato. C’è il rischio che il mondo della letteratura si uniformi tutto a sinistra?
Io credo che cultura è entrare nel tempo senza vendersi ai Poteri del tempo. Io non credo a destra e sinistra, non ci ho mai creduto. Almeno in letteratura. Il resto è narrativa a (s)comparsa.
Il Nobel è stato vinto da Annie Ernaux. Che ne pensi?
Classico esempio di autrice che mette tutti d’accordo. Femminista, sinistrata, fustigatrice del maschilismo, incapace di scrivere un libro che più che un’ombra lasci almeno una traccia. Radical chic dai romanzetti scritti in punta di penna che li chiudi e sei soddisfatto di averlo letto ma intanto prepari le borse e vai al centro commerciale. Leggerla è come leggere niente. Non ti cambia: è un leccalecca sociale, una caramella letteraria che non serve a nulla, non cambia nulla. Come tutto oggi.
Tu a chi lo avresti dato?
A Don DeLillo
Ci sono scrittori italiani che avrebbero potuto vincere il Nobel?
L’hanno già dato a Dario Fo, che a livello letterario ha il fascino più corto del cognome.
Roberto Saviano è sotto processo per aver dato della bastarda a Giorgia Meloni a Piazza pulita. Saviano dichiara: «Io sono uno scrittore e il mio strumento è la parola» e dice che difenderà, a processo, la libertà di espressione attaccata da questo governo.
È singolare che Saviano usi il termine “bastardo” entrato nel linguaggio comune proprio durante il fascismo.
Secondo te si tratta di uno scrittore attaccato per le sue idee, come accade in altri Paesi dove vige la censura?
Quali idee?
Gianrico Carofiglio firma un libro con la figlia, Giorgia, L’ora del caffè (Einaudi). Lo leggerai?
Il dialogo tra genitori e figli è sempre importante: ancor più se si leggono frasi come «I giovani che protestano perché si agisca in fretta contro il cambiamento climatico non sono idealisti: sono profondamente realisti. Lottano per un futuro abitabile». Sono concetti nuovi e importanti…