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Sicuri che se esportassimo i Pinguini Tattici Nucleari non venderebbero più dei Måneskin?

  • di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

2 dicembre 2022

Sicuri che se esportassimo i Pinguini Tattici Nucleari non venderebbero più dei Måneskin?
Esce “Fake news”, nuovo album dei Pinguini Tattici Nucleari, ultima certezza della morente discografia italiana. Numeri trionfali, se si pensa all'incredibile vendita per gli stadi, e repertorio di qualità, consolidato da brani radiofonici ma anche curati e pensanti. Numeri e repertorio, appunto, a differenza dei Måneskin, che puntano più che altro su cover, chiappe al vento e reggicalze. Per questo ci chiediamo, gradimento alla mano: e se esportassimo i Pinguini Tattici Nucleari?

di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

Il pop italiano è vivo e lotta insieme ai Pinguini Tattici Nucleari, con buona pace di Rhove (Shakerando). Destinati a essere l'ultima realtà di successo di una morente discografia italiana. Non per scomodare i Måneskin, la rock band dei miracoli, che fa numeri inimmaginabili. Numeri appunto, poco altro. Se si escludono premi racimolati ancora per una cover del 2017, Beggin', mentre fa capolino l'impietoso declino degli ultimi brani. Allora si titola sull’immagine, chiappe al vento, topless e reggicalze, oppure, l'ultima improvvisata, frecciatine sul fronte calcistico del giallorosso Damiano (David) vs maglietta della Lazio di una fan.

Al posto di numeri e repertorio, due fondamenta che dovrebbe camminare di pari passo. Mano nella mano, come ci hanno abituato i ragazzi bergamaschi.

The worst thing was the girl with the Lazio shirt tho https://t.co/wQOuRgd2tz

— Damiano David (@daviddamiano99) November 30, 2022

Non è un caso che oggi, all'uscita del nuovo album, Fake news, titolo generato da una bufala che voleva il frontman Riccardo Zanotti andarsene per la sua strada, non ci sia un solo critico o giornalista musicale a dirne male. Compiacenza? No, semmai sostanza. Quando c'è non si può per forza fare il bastian contrario. Eppure la testa di alcuni scoppierà nel pensare che la band sia passata dalle autoproduzioni ai club indie ai palasport e poi gli stadi sold out (prima l'annuncio di San Siro, esaurito in 12 ore, e poi l'Olimpico e poi addirittura dieci date) senza soluzione di continuità. Sempre infilando una serie di hit ben fatte e capaci di parlare a più generazioni, che nel gioco al confronto li reincarna addirittura negli 883, o meglio in Max Pezzali.

Certo, il passaggio a Sanremo nel 2020 (terzi sul podio) ha permesso la spinta essenziale, anche se bloccata ai pali dalla pandemia, che tra le altre hanno cantato (gli unici a farlo) nella toccante Hikikomori.

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Ecco come con testi sempre rifiniti e pensanti, e finezze tecniche, Zanotti & Co hanno scalato le classifiche Fimi e raggiunto il giusto livello di maturità, che consente di surclassare persino Damiano e compagni. Non in riferimento al seppur considerevole Best Italian Act degli Mtv Ema, dove gli altri sono usciti a mani vuote, semmai nella vendita dei biglietti (specie nel confronto impari sugli stadi), che rappresenta meglio di ogni altra cosa il vero livello di gradimento.

Per cui, numeri e repertorio alla mano, siamo proprio sicuri che i Pinguini non possano diventare international, essere d'esportazione, come e più dei Måneskin? Difficile immaginarlo, sostengono loro, che proseguono con i piedi ben piantati per terra. Eppure non impossibile, anzi. In un derby immaginario, e per brani pubblicati, per ora vincono a mani basse. Vuoi vedere che proprio quel non essere cool li ha salvati?

 

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