"Napule è mille culure", ma pure mille polemiche. Così, quando i Coldplay decidono di fare una capatina in Italia per il tour 2023, scegliendo la città partenopea per una delle due tappe italiane, al coro di giubilo e corsa ai biglietti, si uniscono pure lamentele su lamentele. Siamo alle solite, sarà la mentalità, sarà che non siamo più abituati a momenti del genere. Un'occasione che anche il sindaco Manfredi ha colto immediatamente, con concessa paraculaggine, per inteso, pubblicizzando l'evento nel ribattezzato stadio Diego Armando Maradona, in onore dell'indimenticato Pibe de Oro. Non una singola data, come previsto inizialmente, bensì due, e poi altre quattro a San Siro, e questo per via del sold out registrato in tempi record. Un tutto esaurito che puzza anche di prevedibile (e solito) bagarinaggio, visto l'altrettanta rapida corsa a rivendere i biglietti, a prezzi raddoppiati e più.
Ma le prime questioni sollevate dai napoletani riguardano proprio i costi dei ticket, definiti esorbitanti. Dai 57 ai 170 euro e rotti, ma esattamente in linea coi grandi eventi. Quei grandi eventi, che per inciso, non passano più per la città campana. Perché escluso Vasco e pochi altri (con biglietti in vendita a onesti 80 euro, e non c'è stato tutto questo chiasso), le altre tournée, anche nazionali, tagliano sul Sud Italia, come se fosse quasi un fastidio dover aggiungere concerti che si affacciano sul mare. Ma il provincialismo del capoluogo è così radicato da non comprendere appieno la fortuna che gli è capitata, grazie a quella ripercussione sul territorio, anche economica, per cui dovrebbero pregare tutte le estati. Invece di accontentarsi di piccoli live e festival, dove la musica, meglio se a flusso gratuito, abboffa di soppressata. Non come i live internazionali che attraggono in città migliaia di persone da tutta Italia. Piuttosto chiediamoci se Napoli sarà in grado di gestire, specie nell'ambito dei trasporti pubblici, una mole simile di persone, in modo da scongiurare che un prezioso jolly si trasformi in un completo disastro. Ma contando sulla buona opera dell'amministrazione comunale, se non si limita a smanettare note entusiastiche, lasciamo in sospeso la questione della viabilità e passiamo agli altri punti crocifissi dai campani.
Quindi la musica propinata dalla band inglese, che non sarà all'altezza dei primi dischi, ma definire scaduta è oltremodo un oltraggio. Insomma, siamo stati capaci di trasformare in una hit Shakerando, e andasse facciamo le pulci pure a Chris Martin? Ma i commenti dei recensori via web non conoscono pace e nemmeno speranza, e sparano: "I brani buoni si contano sulle dita di una mano". Poi ancora: "Mi auguro di non dover assistere a uno spettacolo deprimente di gruppi di 50 anni in preda a reazioni inconsulte che ballano". Ma perché disquisite di concerti svaccati dal divano? Almeno andateci, magari vi divertite pure per sbaglio, altrimenti è affare pretestuoso, di chi vuole acchiappare solo il comodo like con l'hashtag #Coldplaychisono? D'altronde per altri è meglio assistere all'intera discografia di Gigi D'Alessio, si capisce, e con rispetto parlando. Eppure una tirata d'orecchie è d'uopo alla Live Nation, come suggerisce ironicamente un utente: "È inconcepibile organizzare concerti di tale portata senza prima chiedere, magari tramite sondaggi nelle storie instagram, quale artista preferiscono sul palco di Napoli". Sperando che alla prossima l'agenzia rimedi alla meno peggio, questa volta dovranno accontentarsi. Senza dimenticare che Tony Tammaro si è candidato per aprire i live di Chris Martin e compagni. Napoletani, c'è ancora speranza!