In uno dei periodi natalizi più fiacchi di sempre sul fronte della commedia italiana, spunta “Chi ha rapito Jerry Calà?”, piccola follia post-cinepanettoniana con cui Jerry Calà, il Gatto vanziniano, uno dei volti più emblematici degli anni ’80 da bere, torna alla ribalta dopo il debilitante infarto dello scorso marzo. Diciamo “follia” perché il film – potete vederlo su Prime Video, Google Play e altre piattaforme –, non potendo/volendo più ispirarsi, come peraltro ogni altra commedia di simile caratura, al format del cinepanettone versione Neri Parenti, batte un’impervia strada che fonde in un solo corpo la commedia per famiglie, il giallo light e l’autofiction. A leggerla così, parrebbe impresa proibitiva per Jerry Calà. Invece, tutto sommato, Jerry se la cava nonostante uno humour, quasi sempre autocitazionista, che fa il solletico e poco più. Nonostante un set che è un crocevia di volti più o meno di passaggio, attaccati mani e piedi a una trama sottilissima.
Eppure, così scalcinato e spontaneo, “Chi ha rapito Jerry Calà?”, pur non suggerendo alcuna nuova formula che possa riportare la risata italiana natalizia ai fasti delle migliori avventure di Boldi e De Sica (ma anche Christian De Sica e Massimo Ghini, in un secondo tempo, funzionarono piuttosto bene), offre cento minuti di anarchico e familiare “fai da te”. Dietro la macchina da presa c’è Jerry Calà, che con l’autofiction flirtava ben prima di “Vita da Carlo” di Carlo Verdone, per intenderci. Ci si stupisce del fatto che sia il vero Jerry Calà (e non un personaggio immaginario) il protagonista del film, ma Sergio Vastano non si rivolgeva a Jerry, chiamandolo appunto Jerry, ne “Ragazzi della notte” (1995)? E il Renato interpretato da Calà nel suo “Gli inaffidabili” (1997) era così diverso da Jerry medesimo? Ben più frizzante di “Odissea nell’ospizio” (2019), “Chi ha rapito Jerry Calà?” è soprattutto un aggiornamento dell’autobiografia di Jerry fuori e dentro il personaggio, che poi è come dire “fuori e dentro sé stesso”. Il playboy, l’inaffidabile (come nel film ribadisce l’ex moglie Mara Venier, anche lei, ovviamente, nella parte di sé stessa). L’eterno ragazzo di 72 anni dalla battuta ancora facile. Talmente sintetica da ridursi a singola parola-tormentone: “ocio”, “capito?!”, “libiiiidine” (con variante maxi: “doppia libidine”). È il Jerry di sempre, “larger than life” nonostante un rapimento, per quanto abborracciato (facile intuire che finirà per ringraziarli, i rapitori).
La trama? Ma davvero volete sapere la trama di un film del genere? Guardatelo, capirete dove si va a parare dopo dieci minuti. Come alcuni gotici anni ’60 erano tutta atmosfera e poca trama, qui il film si regge sui volti, come dicevamo. Conturbante quello di Francesca Tizzano, la femme fatale della gang dei rapitori. Il più convincente è forse quello di Sergio Assisi, capobanda della scalcinata truppa che tiene segregato Jerry Calà nel diroccato e deserto Cine Sofia. Una delle due vere zampate del film riguarda proprio lui, stand-up comedian napoletano che si propone come comico milanese, invertendo così la rotta di chi oggi si costruisce una finta meridionalità come scorciatoia per arrivare alla risata. La seconda zampata, già che ci siamo, è quella dei rapitori che si presentano al cospetto di Calà mascherati da Greggio, De Sica e Boldi. “Yuppies” è prima esplicitamente citato, poi diventa quasi un auspicio. Presto, nelle mani di Calà, finirà il copione del mai realizzato (ma se n’era parlato a lungo) “Yuppies 3”. Tra le comparse anche la maschera di Nando Paone e il fantastico Maurizio Casagrande, sebbene, a rimorchio del film, si sia parlato più di Mara Venier, Umberto Smaila e Massimo Boldi, tutti nei panni di sé stessi. Chi pagherà il riscatto di Jerry? Beh, diciamo che i tre amici non si daranno granché da fare per ridare la libertà a Jerry. “Tenetevelo!”, urla la Venier ai rapitori. “Chi ha rapito Jerry Calà?” si nega tette e cu*i e si concede giusto qualche “caz*o” come intercalare (oltre a un leggerissimo schiaffetto, en passant, al neofemmismo), preferendo configurarsi come una sorta di bonario roasting ai danni di un Jerry che, in parte blandito dagli emollienti effetti della terza età, si lascia impallinare senza pietà dagli amici-confidenti. Non si è mai certi di dove voglia andare a parare un film così. Di certo non parla alla generazione Z, che di Calà sa poco o niente. Difficilmente soddisferà i cultori dei cinepanettoni più trucidi e speziati. È una strada incerta, quella imboccata dall’autobiografico Jerry. Se solo si fosse lasciato andare più spesso a battute come quella messa in bocca a Boldi: “Sai cosa ti meriti? Un film di Bellocchio!”. Una strana sortita, considerando anche le recenti parole di Jerry: “La battuta nasce dal fatto che noi comici siamo sempre un po’ denigrati dal cinema d’autore, ma un po’ di ironia non fa male. Io poi adoro Bellocchio, ho visto 4 volte Il traditore, è uno dei miei film preferiti. Magari mi chiamasse Bellocchio, ma non lo farà mai... poi dopo questo film!”. Sì, occhio e croce non è ipotizzabile, al momento, un Jerry nelle mani del regista di Esterno notte. Tuttavia Calà il cinema d’autore, seppur di rado, l’ha già frequentato. Più convincente in Colpo di fulmine di Marco Risi (1985) che in Diario di un vizio di Marco Ferreri (1993), ciclicamente subisce però il fascino di un richiamo implacabilmente tentatore: raccontare sé stesso, tutto sé stesso, attraverso un film. Come a ricordarci che c’è stato e c’è ancora. Sempre lui.