In un mondo, specialmente della musica, dove tutto si consuma a velocità supersoniche, ogni tanto conviene fermarsi un attimo e ricordare che cosa era successo un minuto prima. In questo caso il “minuto” è durato 22 anni, quelli passati in studio e sul palco come vocalist di Vasco Rossi. Ma proprio perché vissuti intensamente e al fianco di un artista in grado di oscurare chiunque, il prequel della carriera di Clara Moroni meritava nuova luce. Così sono usciti il 13 settembre scorso i suoi primi due album, Chi ha paura di chi (1990) e Spiriti (1992) - più un inedito come Dentro al blu (1993) - in grado di dimostrare le qualità vocali e caratteriali di quella cantante che nel corso del tempo si è trasformata anche in autrice, arrangiatrice e produttrice, ma soprattutto che non era finita per caso nella band del rocker numero uno in Italia. Due dischi fondamentali per la sua formazione, insieme al gruppo dei Black Cars, che riescono a farla apprezzare dal produttore Guido Elmi che, in seguito, la farà entrare in pianta stabile nella band del Blasco fino al 2017 e al mega concerto del Modena Park da 220mila spettatori. Non si tratta, però, di una operazione nostalgia. I due album, come ci ha spiega in questa intervista, sono propedeutici a un nuovo lavoro in studio, al quale ha lavorato nell’ultimo anno con il produttore Fabrizio Simoncioni, e che la vedrà in una veste inedita rispetto al passato. Quale? Ce la siamo fatta raccontare dalla stessa Clara, giustamente partendo dalle origini: quando una ragazza dal punk e l’elettronica si è avvicinata per la prima volta al rock, ha messo in mostra qualità fino a quel momento sconosciute per le donne dell’ambiente e perché è ancora convinta che il rock, in tutte le sue forme, non morirà mai.
Come mai in un’epoca nella quale tutti escono con dei singoli hai deciso di tornare rimasterizzando i tuoi primi due album con la formazione Clara & Black Cars?
In attesa di uscire con il nuovo disco, che è stato molto impegnativo, mi è venuto in mente che c’erano questi due dischi della mia vita pre-Vasco. Sono la genesi di tutto quello che è arrivato dopo. Li abbiamo rimasterizzati e suonano ancora da paura. Con un sound forte, attuale e rock che non se n’è mai andato. Mi sembrava giusto far capire chi ero, cosa facevo, le mie potenzialità di allora e che cosa ha favorito un percorso durato poi 22 anni.
Chi era Clara Moroni in quei primi anni ‘90?
Una ragazza piena di entusiasmo, molto inesperta, che a volte faceva fatica a far valere le proprie idee in modo testardo come invece riesco a fare oggi. Ero più malleabile e tante cose che ci sono su quei due dischi sono frutto di un team di lavoro guidato da Guido Elmi. È stato Guido a spingermi in quella direzione, a trasgredire di più e farmi arrivare al rock.
Anche perché tu arrivati da altri generi, come con la band The Kubrick.
I miei riferimenti erano dal punk all’elettronica. Così come gruppi rock più di nicchia. Lui mi ha spinto verso un rock più italiano, anche se allora non lo sembrava tanto. Infatti eravamo molto avanti rispetto ai tempi. Non si era mai vista una frot-woman che portava avanti quel sound fino ad allora americano. Molti all’inizio non pensavano che fossimo italiani.
Qual era la scena di quel periodo?
Gli unici con cui ho condiviso concerti sono stati i Rats. Prima, invece, con la mia band punk i Litfiba ci hanno fatto da band di supporto a un concerto a San Giuliano Milanese. Era molto prima di questi due album. Per il resto in quel periodo non ho avuto altri contatti. Ero di Milano, lavoravo a Bologna e gli unici con cui ho avuto diverse interazioni sono stati i Rats. In generale erano tempi dove dominavano le classifiche da Marco Masini a Paolo Vallesi o Raf. E poi c’era una nicchia, sempre maschile, rappresentata appunto da band come i Litfiba.
Dopo quei due album, se non fosse arrivata la chiamata di Vasco, pensavi di continuare con i Black Cars o di cambiare, magari provare la strada solista?
Ho sempre fatto pezzi miei da sola. Alcuni che avevo portato a Guido Elmi sono stati stravolti. Tanto che, quando si è chiusa la stagione con lui, perché capitano spesso divergenze con i produttori, sono tornata a scrivere pezzi per me e per provare a uscire come artista solista. Solo che Guido stava lavorando al disco Gli spari sopra di Vasco, mi ha chiesto gli arrangiamenti vocali e dopo è arrivata una proposta alla quale non si può dire di no. Alla fine, dopo averci pensato 15-20 secondi, mi sono detta: “Quando mai mi ricapita?”.
Anche perché Vasco era nel momento di maggiore hype della sua carriera.
Con Gli spari sopra era al top. A quel disco sono seguiti i San Siro e tanti altri concerti pazzeschi. C’erano pezzi incredibili, da …Stupendo a Vivere. Credo di aver dato un’impronta con la mia voce alla buona riuscita di quel progetto. Nel ‘96 con il tour Nessun pericolo per te mancava una figura di rottura, la prima donna sul palco di Vasco. Non poteva essere una qualunque e volevano una tosta. Mi spiace dirlo, ma non c’era nessuna come me in giro.
In quei 22 anni, nonostante il lavoro con Vasco, non ti sei fatta mancare progetti personali.
Ho fatto quattro album. Uno in inglese come Ten worlds (2004) con la mia etichetta. Aveva sonorità crossover, con incursioni dall’elettronica. Poi con Bambina brava (2010) sono tornata a sonorità più dure, oppure l’Ep Sono quello che sono nel 2012 e Unica nel 2018.
Gli album di quel periodo erano influenzati da Vasco?
No, per nulla. Abbiamo stili di scrittura completamente diversi. Non era proprio nelle mie corde. Per Vasco parliamo di capolavori, ma io non ho una scrittura tipicamente italiana.
Dopo questi due dischi rimasterizzati arriverà anche un album di inediti. Cosa ti ha spinto a tornare alla discografia?
L’anno scorso ho fatto una intervista con un giornalista che mi ha chiesto: “Perché non fai un disco nuovo?”. E dentro di me, effettivamente, sono tornate ad affollarsi certe domande.
Stai parlando di me?
Sì, sei stata la scintilla che ha fatto riaccendere il fuoco. La brace c’era sempre. L’ultimo album, Unica, l’avevo portato di supporto al tour di Vasco, visto che ci siamo lasciati nel 2017 dopo il Modena Park, però abbiamo concordato per un’uscita soft. Poi c’è stato il Covid, sono subentrate esigenze che riguardano la sfera privata, come il matrimonio con il mio attuale marito, il costruire una casa nuova e accudire tre cani, e quando tutto sembrava assestato è arrivato un certo Gianmarco Aimi e mi ha messo la pulce nell’orecchio.
Mi sento lusingato dall’aver contribuito, anche se in minima parte, al disco che uscirà. Quindi l’ultimo anno lo hai dedicato tutto a questo lavoro?
Il processo di scrittura mi ha preso quasi un anno, il resto del tempo ho lavorato in studio con Simoncioni. Sarà un album completamente diverso da tutti gli altri dove esploro nuove sonorità, ho scritto tutto dalla musica ai testi e ho collaborato in un paio di pezzi con artisti con cui non avrei mai immaginato di collaborare. Un’esperienza che mi è servita molto, perché nel frattempo sono cresciuta come autrice, arrangiatrice e compositrice.
Al di là di come sarà l’album, mi sembra che capire che il rock sarà una colonna portante. Com’è ritornare in un periodo in cui, anche grazie ai Måneskin, il rock sembra essere di nuovo di moda?
Io non lo vedo così tanto presente. Tu lo vedi? Mi sembra che ci sia ancora tanta trap. Trap e mainstream mi sembrano largamente dominanti, però sono anche convinta che il rock non può morire. Io nei miei hashtag sui social scrivo sempre #rockwillneverdie. Il rock in tutte le sue forme. Non è possibile che esista una generazione che non lo conosce o non lo suona.
Forse i più giovani lo scopriranno strada facendo?
Spesso succede che se qualcosa non è più alla ribalta, a un certo punto, arriva qualcuno che riprende quelle sonorità, le ripropone in una forma rinnovata e torna in trend. E a volte siamo noi più maturi a essere troppo snob e a dire che l’abbiamo già sentito 30 anni prima. Più che altro mi lascia perplesso il modo di oggi di veicolare la musica. È troppo frammentato, poco organico, si ascoltano solo i singoli e non più gli album. Se dovessi fermarmi a questo non farei più niente, invece ho deciso di andare avanti. Esco con un album e vediamo come va.
Prima del nuovo album, però, potremo anche ascoltarti dal vivo il 12 ottobre al Legend Club di Milano dove riproporrai proprio i due dischi del ‘90 e del ‘92.
Un one night event con la reunion dei Black Cars, a parte il tastierista che purtroppo è morto giovanissimo. Riproporremo i due album e come special guest si esibirà anche Maurizio Solieri, che ha suonato nei due dischi originali e, come lo ricordiamo con Vasco, quando fa i suoi riff sono immortali. Sui social, tra l’altro, ho notato che in tantissimi mi mandano le foto di quei due album, mentre allora non mi sembrava di aver venduto così tanto.
Ai tempi cominciava a farsi largo anche la pirateria…
No no, hanno gli originali. Sia cassette che vinili e Cd. Eppure io non ho mai visto una Lira. Peccato che non esista più la Emi, altrimenti dovrei chiedergli se aveva fatto bene i conti…