Ieri sera finalmente, l'Italia s'è desta: dopo una martellante campagna promozionale infatti, è andato in onda il primo appuntamento di Mameli, la fiction di Rai 1 che racconta la storia del “ragazzo che sognò l'Italia”. L'Italia s'è desta, dicevamo: in particolare quando ha visto Nino Bixio, uno dei protagonisti del Risorgimento italiano, parlare e muoversi come Jack Sparrow. Solo che non era il Multiverso: era la serie della rete ammiraglia Rai nell'annus domini 2024, nonché uno dei prodotti di punta dell'azienda. I promo di Mameli ci hanno inseguito per giorni, settimana sanremese inclusa, per cui la curiosità era tanta: si potrà parlare dei moti risorgimentali? Non è che gli austriaci si offenderanno a sentirsi definire cattivi? In attesa di comunicati stampa riparatori, comunque, la serie si concluderà questa sera con la seconda e ultima puntata.
Ma dunque com'era questo Mameli? Un misto di fiction e storia, con una notevole dose di licenza poetica alla fiction. Il protagonista, interpretato da Riccardo De Rinaldis Santorelli, è bello quanto basta, amabile quanto basta, sensibile e mosso dall'amor patrio. Più che un rivoluzionario, un santino con qualche deroga allo spirito ribelle; vestito di rosso in compenso sta benissimo. Del resto, come motore dell'azione, la sceneggiatura prevede un inizio con tanto di tragica love story. Mameli si innamora della marchesina Geronima Ferretti, ma la ragazza viene costretta alle nozze con un vecchio marchese. In chiesa però, Geronima preferisce suicidarsi sull'altare pur di non sposarsi. Ovviamente Goffredo tenta la disperata cavalcata finale per raggiungere la chiesa. E ovviamente, per completare il cliché, l'amata gli muore tra le braccia. Con un inizio così, lo stesso Santorelli si sarà confuso sul tipo di personaggio da interpretare. Quello di Rai 1 è un Mameli che soffre e si esalta, ma con moderazione; senza la foga di chi ha un fuoco dentro. Mai in maniera viscerale, come invece ci si aspetterebbe da un ventenne che sogna di sovvertire l'ordine costituito. Il carisma per entrambi ce l'ha il personaggio di Nino Bixio, interpretato da Amedeo Gullà. Ci sarebbe il piccolo, trascurabile, dettaglio che con quegli anelli lì, con quel cerchio all'orecchio, con quegli occhi neri di kajal e il baffetto, a tutto penseremmo tranne a un genovese dell'800. E va bene che il vero Bixio era stato imbarcato come mozzo su una nave a 13 anni, passi che effettivamente ebbe una vita avventurosa solcando i mari. Ma possibile che la rappresentazione di un personaggio realmente esistito evochi continuamente Johnny Depp in Pirati dei Caraibi?
Per il resto, la fotografia regala momenti che sembrano dipinti. La musica didascalica che sottolinea i momenti cruciali c'è e se non si ha un bidone della spazzatura al posto del cuore, quando parte l'inno con i giovani che marciano gridando “Viva l'Italia” ci si emoziona anche. La sequenza con la fiumana di 30mila persone che salgono al Santuario mariano di Oregina cantando l'inno, è costruita ad hoc. Nota a margine: secondo alcuni studiosi, l'inno non è stato composto davvero da Goffredo Mameli. Ne ha parlato recentemente Giorgio Dell’Arti nella sua rassegna stampa mattutina: la paternità apparterrebbe all'insegnante di Mameli, un sacerdote che si chiamava Atanasio Canata, il cui testo venne mandato al compositore Michele Novaro. I moti rivoluzionari, gli ideali del Risorgimento, persino l'elemento misterioso: poteva venirne fuori una storia; abbiamo avuto un'agiografia patriottica.