Chi produce contenuti è costretto, ogni giorno, a tenere sott’occhio le tendenze: Sanremo, John Travolta, Ghali, guerra. La guerra, però, è molto più di un trend. La guerra è reale, così come lo è la morte di quelle 30mila persone che vivevano a Gaza. La guerra non è un’infografica e nemmeno un argomento da salotto. E il silenzio di chi ha la possibilità di parlare è complicità. Questo è quello che sembra dirci Selvaggia Lucarelli a proposito della polemica che ha seguito l’ospitata di Ghali a Domenica In di Mara Venier: “Mara Venier ha letto un comunicato obbedendo a un ordine dall’alto e dicendo che ‘tutti siamo d’accordo’. Male, ok. Ma (praticamente) tutti i suoi colleghi e qualunque persona nota graviti nel mondo della tv, del cinema e del web non ha mai detto mezza parola su Gaza, pur godendo di spazi personali e liberi in cui parlare. Compresi quelli che ieri sedevano accanto a lei a commentare canzoni”. Già durante il festival Selvaggia Lucarelli aveva indicato Ghali come il “suo” vincitore per il pezzo Casa mia, ma anche per le sue frasi per la pace. O meglio, non solo per la pace: “Fermate il genocidio”. L’appello, quindi, era ben sbilanciato dalla parte dei palestinesi. Questo, evidentemente, non è piaciuto alla televisione pubblica. Mara Venier, si diceva, ha letto un comunicato Rai in cui si prendevano esplicitamente le distanze rispetto al messaggio del cantante. Ma davvero c’era bisogno di un simile chiarimento? “Non mi pare che si possa considerare più ammirevole il silenzio complice che l’obbedienza in diretta tv. Aggiungo che mi piacerebbe sapere come mai ad Amadeus non sia stata imposta la lettura dello stesso comunicato, visto che sono state dette le stesse cose a Sanremo e davanti a 10 milioni di spettatori. Forse per non mettere in imbarazzo il grande padrone del festival?”. Insomma, una serie di elementi che non quadrano nella percezione di Lucarelli. E in effetti se la libertà degli artisti di esprimersi deve essere tutelata, quel cappello messo sulla questione dai piani alti puzza. Chissà, nei prossimi giorni, come verrà affrontata la questione sulle altre reti nazionali.
Prosegue Lucarelli: “Come al solito scegliamo il bersaglio tra quelli che inciampano per sbaglio o si mimetizzano peggio. Gli altri continueranno a lavorare beati e nessuno si domanderà ‘ma dov’erano mentre si consumava un genocidio?’, perché tanto presto ce ne saremo dimenticati. Anzi, del loro silenzio non ce ne siamo neppure accorti. Ed è quello sui cui contano”. Ma Selvaggia Lucarelli, nelle storie, va oltre e si scaglia contro tutti quelli che il loro silenzio lo hanno interrotto solo adesso. Solo, appunto, quanto Gaza è tornata in trend dopo il 7 ottobre: “Mi state inviando tra il divertito e lo schifato le storie di chi ha taciuto per 4 mesi e ora, dopo 30 000 morti, ci racconta cosa sta succedendo a Gaza. Ma pensa! Grazie, non lo sapevamo! Ecco. Quello è il sistema. Zitti finché parlare può impattare su reputazione e le vendite”. Un’operazione di marketing come le altre, quindi, che mira alla creazione di una fanbase, a fidelizzare il cliente. Perché sì, per gli influencer siamo tutti nient’altro che clienti. A quanto pare, oltre che in amore e in guerra, anche in autopromozione non ci sono regole. Vale tutto, foto di bambini insanguinati comprese: “Morale: i morti di Gaza per gli influencer più spregiudicati servono a posizionarsi e/o a vendere”. E quale momento migliore della fine del festival per farsi avanti. Durante quei cinque giorni si sarebbe rischiata una reazione: “Non si fa politica a Sanremo”, della serie. Ghali non ha avuto paura. Dargen D’Amico neanche. Se la musica non può parlare di ciò che sta accadendo oggi, infatti, di cosa dovrebbe parlare? Resta, però, un dubbio: Selvaggia Lucarelli non fa una cosa simile quasi quotidianamente? La verità è che i trend fanno parte delle nostre attività, del nostro modo di interpretare il mondo. E questo vale per tutti, anche per coloro che sono schierati contro una guerra.