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Come i distributori musicali
sacrificano gli artisti a Spotify.
La testimonianza: "Il mio repertorio
rischia di essere cancellato con un click"

  • di Francesco Sacco Francesco Sacco

13 dicembre 2023

Come i distributori musicali sacrificano gli artisti a Spotify. La testimonianza: "Il mio repertorio rischia di essere cancellato con un click"
Il cantautore Francesco Sacco ci spiega, in un lungo articolo, come il distributore ha deciso di cancellare la sua discografia su Spotify con un click. Senza possibilità di replica e senza ragione apparente (giura di non aver comprato ascolti). Così, dopo anni di sforzi e investimenti per produrre un proprio repertorio, vedrà sparire tutto dopo una mail e senza essere tutelato da eventuali ripercussioni. Una condizione che, con le nuove norme della piattaforma streaming, coinvolge tanti altri musicisti...

di Francesco Sacco Francesco Sacco

“Dai, non è morto nessuno”: una frase che si dice sempre per minimizzare qualche ingiustizia o qualche sfiga quotidiana. E anche in questo caso, per fortuna, non è morto nessuno davvero, se non almeno temporaneamente, la mia carriera di artista. Una mattina di dicembre, le prime gelate dell’anno viste dalla finestra di una piccola casa in questa Milano sempre più faticosa. Sto cercando di scrivere qualcosa di nuovo. È una mattina allegra a suo modo, una di quelle in cui riesci a fare pace con il fatto che i soldi che guadagni non corrisponderanno mai agli sforzi che hai fatto, ma sei contento e va bene così. Tre anni di lavoro alle spalle come cantautore, due dischi, una manciata di singoli e una fatica che può capire solo chi è del mestiere: scrivere, autoprodursi i brani, registrarli in casa, pubblicarli su un servizio di streaming che in un anno ti paga a malapena un panino. Poi l’ufficio stampa, le copertine, i videoclip, il booking, la promozione sui social…un investimento continuo di idee, tempo e soldi in un progetto che vedi crescere con la stessa velocità con cui si spostano le placche terrestri. Quadro attuale? Non certo una storia costellata di successi, ma neanche un fallimento: un buon seguito, qualche live prestigioso, tanti concerti in localini e altri escamotage per potersi permettere un panino tutti i giorni. Poi, dal nulla, una mail dal distributore Believe: “Nel corso degli ultimi mesi, sono state rilevate una serie di attività di streaming fraudolento sul vostro account (come descritto in dettaglio nell'allegato) che costituiscono una violazione a cui non è più possibile porre rimedio, […] pertanto non ci resta altra scelta che risolvere il contratto di distribuzione. […] Tale risoluzione sarà efficace trascorso un periodo di 60 giorni dalla data della presente. […]Alla scadenza di tale periodo, xxx darà istruzioni ai DSP di rimuovere dalle piattaforme le vostre Registrazioni e/o Video musicali.”

Francesco Sacco
Francesco Sacco

Il mio distributore ha deciso di cancellare la mia discografia con un click. Senza possibilità di replica e senza ragione apparente, visto che non ho mai comprato ascolti su Spotify, dato che sappiamo tutti che di base è controproducente oltre al fatto che se anche volessi farlo non avrei tutti sti soldi da investirci. Lo stesso distributore al quale ho affidato due anni di tempo, sforzi ed economie per produrre il mio repertorio decide di cancellare tutto senza possibilità di intervento per tutelarsi da eventuali ripercussioni da parte di Spotify, portandomi come prova del crimine dei numeri che, oltretutto, non tornano, visto che nel famoso “allegato” vengono riportati ascolti di tre volte superiori alla realtà. Un errore? Strano, nella mail vengono indicati con precisione i codici di repertorio dei miei brani. Cosa ci posso fare? Di base niente, oltre che scrivere questo articolo e una mail - ad oggi senza risposta - all’ufficio legale dell’azienda dislocato chissà dove, dato che, a suo dire, il mio referente italiano non sa e non può farci nulla. Quello che per ora so è che oltre due anni di sforzi, un investimento immenso di energia, tempo e denaro, fatto per avere in cambio una carriera precaria, nella quale la soddisfazione di aver pubblicato delle cose che ti piacciono è sempre guastata dalla consapevolezza di non essere nelle grazie del sistema, di non essere entrato in quel novero di fortunati ai quali gli ascolti li determina direttamente Spotify con il meccanismo delle playlist editoriali, saranno cancellati in un giorno non meglio definito fra oggi e i prossimi sessanta. Sono uno dei tanti che rosica perché non ce l’ha fatta? Di base no, sono venuto a patti con il fatto che il mercato è saturo e che uno youtuber avrà sicuramente più chance di me di fare qualcosa di importante nel mondo della discografia, ma anche con il fatto che preferisco essere soddisfatto di quello che pubblico e concentrare i miei sforzi per scriverlo, piuttosto che appendere la chitarra al proverbiale chiodo e iniziare a fare recensioni di videogiochi su Twitch, o a cercare di far entrare il mio gatto nei trend topics. Tutto sommato sono soddisfatto: ho pubblicato una manciata di canzoni che piacciono a me e al mio pubblico, ho presentato il mio disco in Triennale e mi pago il mutuo con le date che faccio. O meglio, lo ero, prima che il mio distributore scegliesse di essere ancora peggio della realtà con la quale mi dovrebbe fare da mediatore, cancellando la mia carriera con un click per una analisi dati fatta da un qualche sistema di controllo informatico sul conteggio degli ascolti, da prendere come Vangelo senza chiedere spiegazioni: algoritmi che non capisco e che non è mio lavoro capire.

Francesco Sacco
Francesco Sacco

Mi chiamo Francesco Sacco, faccio il musicista e probabilmente ripartirò da zero, sempre più affaticato da un’industria discografica che ci tratta come schiavi, colpevoli solo di essere nati con il desiderio di scrivere canzoni. E decidendo di pubblicare le mie cose in un mercato così marcio e purulento ho acconsentito a far parte di questo schifo. Ma per fortuna anche in questo caso “non è morto nessuno”. Nessuno a parte la mia carriera, basata, come quella di tutti, sulla presenza della mia musica su una piattaforma che più che ad un’azienda assomiglia sempre di più alla divinità malvagia di un qualche culto dimenticato, che determina, premia e punisce senza mai dare udienza al suo adepto. E non è morto nessuno anche perché mi rendo conto di essere adulto, abbastanza solido e circondato di ancore di salvezza, perché sì, quando ho ricevuto quella mail il mio primo pensiero è stato quello di iniziare a sbattere molto forte la testa contro il muro. Mi chiedo quale sarebbe stato il pensiero di qualcuno di più fragile, e mi chiedo se ve ne ricorderete alla prossima tavola rotonda sulla salute mentale dei musicisti che farete in qualche Music Week, in cui gli stessi che mi hanno messo in questa situazione illustreranno la cura con la quale la loro azienda tutela gli artisti in questo mondo difficile. Io intanto riparto dal ritornello di una delle canzoni che forse da domani potrete ascoltare solo venendo ad un mio live: “Quando scagliate le frecce e nascondete le mani, io prego e progetto vendette con il dio dei cani”. E smetterò di fare finta che vada tutto bene, finché ne ho la forza.

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