Niente fiori per la prossima edizione del Festival di Sanremo, ma distese di “yerba mate”, la bevanda preferita da Jovanotti (quest’anno forse “Big”, l’anno prossimo forse conduttore), yerba che ogni giorno si prepara su TikTok: un’erba tipo sudamericana, andina, molto etnica, coi pantaloni larghi e colorati e i bracciali di perlina che rappresenta, tipo, un ritorno alla natura naturale da gustare in bici che poi cadi e ti viene l’orchite. Sì, perché tra le indiscrezioni sui “Big” contattati da Amadeus, c’è anche il nome dell’amico di una vita, il ragazzo fortunato che sua mamma lo guarda come si diverte, ma anche poi bongo-impegnato di una chiesa universale che va da Madre Teresa di Calcutta ad Alvaro Vitali nonché animatore di party in spiaggia stile Pirati dei Caraibi che, alcuni sostengono, sarà il prossimo conduttore di Sanremo portando con sé i Caraibi, i Pirati e la “bombilla”, la cannuccia in metallo che non serve per pippotarsi la coccoina come quella di Jhonny Deep nella foto agli atti del processo Deep-Heard, bensì per sucarsi questo infuso “world music”.
L’etnicità “world” di Jovanotti è infatti perfetta per il pippobaudismo più meloniano che democristiano della coppia Amdeus-Fiorello (presentatori e comici menavano duro, durissimo, durante l’epoca della censura democristiana, basti pensare ai programmi di Enzo Trapani, maestro di Antonio Ricci), Fiorello (bravissimo, per carità, come Amadeus, per carità – quest’ultimo però mi fa paura, lo vedo come nella imitazione di Max Tortora: spietato, cattivissimo, una “prima donna” in quel senso cattivissimo che si usava nell’epoca pro-woke, ma che io uso perché sono anziano quasi come Jovanotti) dicevo Fiorello ricorda più il giullare del Re che il “fool” scespiriano: battute geniali ma che blandiscono il potere sottolineandone la stessa potenza: una battuta di Fiorello sul proprio operato è il sogno segreto di ogni politico. Anche Jovanotti sembra un po’ meloniano, con qualche distinguo, sembra un infuso mate tra Giorgia Meloni e Giovanna Melandri: si prende dall’etnico tutto il meglio, si scambiano per etnico le Birkenstock coi kaftani, e si prendono le bevande diuretiche energizzate, il mango, il bongo, il tango, senza curarsi troppo di narcos e povertà e omicidi per strada e mate di coca (che è più buono).
Perché un po’ Sanremo somiglia alla parabola arbasianiana: “Giovane promessa, solito stronz*, venerato maestro”, e Jovanotti, dopo essere stato una giovane e brillante promessa con la sua moto e il suo chiodo e il suo berrettino da baseball è forse passato un po’ troppo presto ai copricapo rastafariani o peruviani, sempre con la sua chiesa che va da Che Guevara a Sandy Marton, diventando in anticipo (probabilmente) un venerato maestro come un piercing all’ombelico del mondo e che forse, per fare il salto alla conduzione di Sanremo deve un po’ solitostronzizzarsi con la partecipazione in gara come “Big” (e non in quel limbo tra solito stroz* e venerato maestro che è il “superospitismo”. Insomma: gli ingredienti ci sono tutti. Basta sostituire i fiori con il mate, che, ricordiamo al ministro Lollobrigida, viene coltivato anche in Sardegna (anche se Jovanotti se lo fa mandare di quello che cresce accanto alle coltivazioni estensive di cocaina, anche se è a chilometri altro che zero). Insomma, a me pare, che con un paio di video TikTok in cui Jovanotti si prepara l’erba mate parlando in sardagnolo stretto “questa si cchiama erba matte” e probabilmente il gioco è fatto.