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Con "Pastiche" Checco Zalone ci frega ancora, mentre Francesco De Gregori scoreggia in ascensore

  • di Michele Monina Michele Monina

13 marzo 2024

Con "Pastiche" Checco Zalone ci frega ancora, mentre Francesco De Gregori scoreggia in ascensore
Avete mai pensato a un accostamento più improbabile? Francesco De Gregori, il Principe della canzone d'autore, e Checco Zalone, che per l'occasione mette da parte i panni del comico, si uniscono in un progetto discografico, Pastiche, titolo dell'album in uscita il 12 aprile. Così, in un colpo solo, Luca Medici (vero nome del comico) mette a segno l’ennesima mossa azzeccata, mentre De Gregori si diverte nuovamente a fare a pezzi sé stesso…

di Michele Monina Michele Monina

Ho passato un intero pomeriggio a pensare a un esempio stringente per raccontare senza raccontare la notizia dell’imminente uscita dell’album Pastiche, che vede Francesco De Gregori e Checco Zalone uno a fianco all’altro. Il che attesta che con buona probabilità vivo una fase della mia vita serena, tanto da poter passare un intero pomeriggio inseguendo un’idea, che evidentemente non ho poi trovata, o l’avreste letta come incipit di questo pezzo, o più semplicemente che non ho proprio un cazzo da fare. Solo che ho letto la notizia, comunicata agli addetti ai lavori tramite un classico comunicato stampa, e ho poi letto anche i post piccati di alcuni colleghi che rimarcavano come la cosa fosse più che legittima, dove per cosa intendo che Checco Zalone si ritrovi a suonare il pianoforte per un album “piano e voce” di Francesco De Gregori, sottolineando come sia un pianista raffinato, con sfumature jazz, artista a tutto tondo, grazie a Dio nessuno ha scomodato il Rinascimento, solo chi ha il paraocchi non può capire.

Pastiche, la cover dell'album di Francesco de Gregori e Checco Zalone
Pastiche, la cover dell'album di Francesco de Gregori e Checco Zalone

Ecco, mettiamola così, io ho capito benissimo. E nel capire benissimo mi sono posto delle domande. E siccome a queste domande ho anche immediatamente appioppato delle risposte ecco che ho cominciato a cercare nei meandri della mia mente un esempio stringete per raccontare senza raccontare la notizia dell’imminente uscita dell’album Pastiche, che vede Francesco De Gregori e Checco Zalone. Sulle prime ho pensato a un paragone che potesse suonare sagace, volendo anche sarcastico, che so, qualcosa che suonasse come “Pensate se domani vi dovesse capitare di leggere che Pio e Amedeo stanno per pubblicare un album insieme a…”, giocando sul fatto che, a ben vedere, Checco Zalone è un personaggio dell’avvocato Luca Medici, non so perché, ma ogni volta che si parla di Checco Zalone tocca sottolineare non solo che quella è una maschera comica, che prende il nome da “che cozzalone”, che cafone, ma che l’autore e l’attore che sta dietro quella maschera comica è persona colta e istruita, Luca Medici, avvocato e, appunto, pianista jazz, come se il tutto desse maggiore profondità a una comicità comunque già piuttosto evidente di suo, lettura che invece non viene quasi mai applicata a Pio e Amedeo, a loro volta due maschere, che però portano per nome i medesimi nomi anagrafici degli autori e attori che le interpretano, sempre beceri e cafoni alla medesima maniera, il primo barese i secondi foggiani. Solo che avrei dovuto spiegare la cosa, come ho appena fatto, e un altro Francesco De Gregori non mi è venuto in mente, perché De Gregori è De Gregori, il principe, e se anche uno volesse guardare al mondo del cantautorato di quel periodo lì, di quando cioè De Gregori è venuto fuori, gli altri sono diversi da lui, non a caso il solo contestato in quel modo ai tempi del famoso processo al Palalido, il solo che poi se n’è andato a zonzo per l’Italia con Lucio Dalla, e che, dopo averci bisticciato per anni, è poi, molto più recentemente, praticamente oggi, andato a zonzo anche con l’ex amico e sodale Antonello Venditti, quello di Rimmel come de La donna cannone, oltre che della bellissima e intellegibile Pezzi di vetro. Quindi ho lasciato Pio e Amedeo al loro destino e ho continuato a ragionare, puntando magari su qualche altra situazione nella quale qualcuno, questo era un po’ quello che volevo dire, ha preso quanto di buono aveva costruito in vita mandandolo poi a puttane. Intendiamoci, non che io, come un preveggente, sappia che Pastiche è una cagata, non lo penso e sicuramente non lo sarà, né io sostengo che una collaborazione con Luca Medici, raffinato pianista jazz sia un autogoal per Francesco De Gregori, figuriamoci, ha costellato i suoi ultimi anni di vita professionale di situazioni al limite dell’imbarazzo puro, penso al famoso concerto all’Arena di Verona del 2015, per festeggiare i quarant’anni di Rimmel, cui hanno preso parte ben più dei “quattro cani per strada”, cani che in genere in questi casi vengono associati ai porci, così si dice, un nome su tutti Fedez, che con De Gregori ha interpretato, il Dio delle interpretazioni mi fulmini ora, Viva l’Italia, che mai potrà essere un disco in duo con Checco Zalone? E a dirla tutta, proprio quell’occasione è stata, credo, la prima volta in cui i due si sono esibiti insieme, poi di occasioni ce ne sono state altre, le belle idee ci mettono anni a maturare, evidentemente. Pensavo appunto a qualcosa del genere, che so?, a Francesco Guccini che dichiara di non aver mai votato a sinistra, o Vinicio Capossela che ha fatto un featuring con Young Signorino, ma questa modalità non mi è parsa calzante, perché qui nessuno ha fatto dichiarazioni fuoriluogo, e il brano che vedeva Capossela e Young Signorino insieme, il Dio dei featuring non abbia pietà di me, aveva anche un senso. Quindi ho deciso di approcciare la cosa in altra maniera, partendo dalla notizia in sé per sé, il 12 aprile esce il primo album, il Dio delle seconde opere abbia invece pietà di me, cui seguirà un unico concerto, il 5 giugno alle Terme di Caracalla a Roma, quindici i brani proposti, quasi tutti di De Gregori, e ci mancherebbe pure altro, una manciata di cover, Pittori della domenica di Paolo Conte, Putesse essere allero di Pino Daniele, Storia di Pinocchio di Nino Manfredi, Le cose della vita di Antonello Venditti, più un inedito Giusto o sbagliato, scritto da entrambi, a infoltire la tracklist un paio di brani di Zalone, La prima Repubblica e Alejandro. La band di De Gregori, oltre all’Orchestra Italiana del Cinema, a arricchire il tutto, e vanificare il senso di lanciare un album come Voce e pianoforte, ma va bene così.

Premesso, si fa per dire, ne sto parlando anche da troppo tempo, che parlare di qualcosa che non si è sentito è sempre opinabile, ma del resto passiamo buona parte del nostro tempo a parlare di cose che non conosciamo, il Dio dei tuttologi mi ha appena mandato una colomba bianca in senso di assenso, e premesso, sempre si fa per dire, che ho molto amato Francesco De Gregori per almeno venti anni della sua prodigiosa carriera, e che pur non impazzendo alla follia per Checco Zalone, lo trovo comunque un comico assai di talento, e gli riconosco il suo essere assai meno triviale di quanto certe sue battute vorrebbero lasciarci credere, ci sono almeno due passaggi di quel che questa notizia porta con sé che mi lasciano almeno interdetto, o forse dovrei dire perplesso. Primo, la caratteristica primaria di Francesco De Gregori, a parte l’essere un cantautore di qualità mostruosa, uno che ha scritto pagine fondamentali della nostra musica affatto leggera, uno dei rari nomi che sono riusciti con le loro canzoni a superare l’incedere del tempo, non rimanendo impigliati nelle reti a maglie fitte della contemporaneità, qualsiasi cosa questa frase suggestiva voglia in realtà dire, ecco, la caratteristica primaria di Francesco De Gregori è farsi i cazzi propri, anche in maniera volutamente ostica, ostile. Ci ha sempre tenuto molto a farci sapere che le nostre letture delle sue canzoni introspettive, erano sbagliate, che gli abbiamo appioppato idee politiche che non gli appartengono, che ci siamo noi aspettati sempre qualcosa da lui ma quel qualcosa lui non ha mai preso in considerazione di darcelo, ok, ma è mai possibile che uno che ha scritto quel che ha scritto De Gregori, ripeto, il top, e che ha negli anni fatto di tutto per rendere quel suo repertorio quasi irriconoscibile alle nostre orecchie, facendo il medesimo lavoro che Bob Dylan ha fatto sui suoi pezzi, stravolgendone gli arrangiamenti, anche imbruttendone clamorosamente le linee melodiche, così, per dispetto, poi si debba trovare a fare quella che pare, a tutti gli effetti una paraculata, qualcosa che faccia appunto discutere, che lasci perplessi il suo pubblico più esigente, anche, e di vecchia data? Ripeto, dando a Checco Zalone i meriti di Checco Zalone, ma avrebbe mai, in passato, Francesco De Gregori, che so?, fatto una operazione del genere con un altro comico, magari anche più vicino a lui per origini e anagrafe, penso a Carlo Verdone? Non parlo di anni recenti, ripeto, recentemente ha duettato con Fedez, da lì in poi vale tutto, parlo del passato. Secondo, questo che non riguarda direttamente De Gregori quanto piuttosto i tanti che ieri hanno commentato trattando con sufficienza chi ha sbottato alla notizia di questa collaborazione, soprattutto gli addetti ai lavori. È vero, Checco Zalone è una maschera che mette in evidenza le storture dell’italiano medio, eccetera eccetera, è vero, Luca Medici è un avvocato e anche un raffinato pianista jazz, è vero tutto. Ma il disco in questione è a firma Francesco De Gregori e Checco Zalone, non Luca Medici, e sarebbe come se, in passato, che so, Antonello Venditti avesse deciso di fare un disco con Thomas Millian, che a sua volta era un attore con alle spalle produzioni anche hollywoodiane, ma lo avesse fatto firmandolo Antonello Venditti e Er Monnezza, pianoforte e voc. Direi che ci sta che qualcuno rimanga perplesso, anche di fronte al, credo, millesimo album di canzoni edite di Francesco De Gregori, che negli anni ha tirato fuori miliardi di dischi dal vivo, di raccolte, riproponendo giustamente quasi sempre le cose che gli sono venute meglio, cioè quelle del passato. È possibile manifestare dissenso, senza arrivare a occupare le Terme di Caracalla a giugno facendo un processo politico a entrambi, per altro il rumour che vuole Checco Zalone vagamente di destra è lì, da qualche parte, o si passa per i Pio e Amedeo di turno? Lo dico perché, così, a occhio, a me questa sembra esattamente una becera operazione commerciale, che quindi punta solo e esclusivamente al mercato, sempre che il 12 aprile non esca poi a sorpresa il nuovo disco di Stocazzo, trapper di Buccinasco, occupando militarmente la classifica. Una operazione commerciale che, in quanto commerciale, nulla di spregevole ha, ma che in termini di perplessità lascia ampio spazio al dibattito. Quel che invece non lascia affatto spazio al dibattito è come, ancora una volta, Checco Zalone ce l’abbia fatta a tutti. Cioè come sia riuscito a tirare fuori dal cappello una idea che, dal suo punto di vista, funziona alla perfezione, cosa di meglio di fare un album nel quale collabori con nientemeno che Francesco De Gregori per dimostrare che non sei Checco Zalone, ma Luca Medici, avvocato e raffinato pianista jazz, e che quando fai battute grevi in realtà stai facendo altro, altrimenti col cazzo che potevi poi duettare con Francesco De Gregori. Ecco, mettiamola così, Francesco De Gregori ha ancora una volta voluto prendere a male parole chi lo adora, dimostrandosi non tanto o non solo antipatico, quanto piuttosto tignosamente intento a scoreggiare dentro l’ascensore, per il gusto di farlo, Checco Zalone mette un altro flag alla sua lista di mosse giuste per continuare a poter dire la parola “ricchione” nei suoi spettacoli senza che qualcuno pensi che tra lui e lui ci siano punti di contatto. Del resto, “lo zio, siamo nel terzo millennio”…

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