Da Giovanni Allevi imparate a vivere. Da Giovanni Allevi e dal suo monologo a Sanremo. Ringraziatelo. Non importa cosa abbia detto, come abbia suonato per via della neuropatia e di due vertebre rotte. Non importa nulla. Da Giovanni Allevi dovete imparare a vivere come se avesse raccontato la vostra vita, quella di chi non ha un mieloma multiplo, di chi non sa suonare, di chi non ha i capelli grigi per via delle cure. 22:11, come da programma scende il sipario rosso, Amadeus presenta “un compositore italiano di fama internazionale”, ma soprattutto un uomo, fragile, identico a com’era prima della malattia, appena appena diverso. Un uomo vero più una malattia. Così, pura addizione, senza che nulla cambi. Lui è l’uomo che era, grato e stupito, imbarazzato e ingenuamente colpito da tutto. Quasi che non dovremmo stupirci che anche una malattia così bastarda lo abbia colpito. Lui non cede nulla alla non-vita, all’indifferenza, neanche il dolore. Cita Kant, perché c’è effettivamente qualcosa di immutabile in noi. Cita se stesso perché ha imparato un segreto che a volte gli altri, i ciechi, confondo con la superbia. È l’incredibile talento di raccontarsi, è il saper dire la propria storia, non come autobiografia ma come testimonianza. Allevi è prima di tutto questo, un testimone. Un uomo interrogato dalla vita che non ha più paura – o forse non l’ha mai avuta? – di rispondere.
È un uomo che ringrazia per la bellezza del Creato, potete chiamarla anche natura (con la minuscola), o Dio. Finché un uomo ringrazia la bellezza non è un caso perso (neanche come caso medico, neanche guardando in faccia la sofferenza e il dolore). Allevi è anche un’alternativa passata con totale trasparenza e senza costruzioni. Sanremo 2024 è un tour de force di spettacolo ad altro tasso di godimento, tra casse e outfit glitterati, succinti, smaccatamente predatori. Lui è un uomo in maglietta nera e cuffia, con molte cose da dire e poco tempo per dirle. Un uomo che non ha i modi ufficiosi di chi, dopo la sua carriera, dovrebbe avere almeno un po’ di esperienza. Un uomo senza divisa, neanche quella dell’Ariston. Mentre tutto viene sussunto e assorbito dallo show, lui, l’anti-show, al di là di qualche banalità (in cui è pur sempre giusto credere) e del formicolio alle dita, ha fatto formicolare per un attimo Rai1, togliendo il troppo colore, le troppe luci a Sanremo. Che per un attimo è diventato grigio come i suoi capelli, che fieramente mostra. I suoi capelli grigi e bellissimi. Poi la gratitudine ai medici, alla ricerca scientifica. Non è banale. Oggi la scienza è sotto attacco, non per i suoi risultati ma per ciò che rappresenta. Una fonte di ottimismo e l’ottimismo è un nemico della nostra società. Le nuove generazioni sanno guardare solo alla fine del mondo, dell’atmosfera, dei fiumi, dei ghiacciai. Gli adulti guardano solo alla fine dei valori (senza chiedersi cosa davvero li stia mettendo in pericolo e cosa, effettivamente, debba essere preservato). La scienza è il contrario di questi due atteggiamenti. La scienza ti dice: “C’è tempo”. C’è tempo per guarire, per migliore, per aggiustare, per capire. Ecco perché non è banale ringraziare la ricerca scientifica, il personale medico, gli infermieri, i dottori, gli assistenti. Come si può non essere grati a chi giura di impiegare il proprio tempo per darne il più possibile a te? E poi il grazie agli altri pazienti, i piccoli eroi, ai genitori, alle persone che si amano. La sentite la musica ora? Al di là del tremore delle mani, dico, la sentite? Imparate a vivere da Allevi, che impara a vivere da qualsiasi cosa gli si pari di fronte. Imparate quel tremore, a scusarvi per nulla. Imparate a trovare la vostra malattia e a sconfiggerla di fronte a milioni di persone.