Il mondo degli animali è rassicurante. No, non nel senso che gli animali siano tutti rassicuranti, a fronte di placidi e paffuti orsacchiottoni come i Koala, o simpatici lemuri dagli occhi giganteschi, è noto, ci sono le tigri del Bengala, i tassi del miele, i diavoli della Tasmania, intendo che il mondo degli animali è rassicurante perché sta lì, pieno di storie da raccontare e per chi come me è sempre alla ricerca di storie da raccontare corrisponde alla ferma certezza che non tradirà mai.
È anche un po’ una scorciatoia pronta all’uso, il mondo degli animali, perché le storie che da lì arrivano sono decisamente bizzarre, a tratti anche buffe, e questo fa sì che nell’utilizzarle sia sempre sottinteso che sto per occuparmi di qualcosa che ha poco a che fare con la musica di qualità, o non vi ha affatto a che fare, una scorciatoia che è un po’ come apporre una lettera scarlatta su certe opere, è vero, ma l’intento ironico di questa modalità spero rifugga qualsiasi dubbio rispetto agli intenti di chi scrive, cioè, per intendersi, io.
Il fatto è che il mondo degli animali, a volte, mi regala storie anche senza che io le vada a cercare. Lo fa attraverso messaggi di amici, reali o virtuali, che mi mandano articoli e documentari che possano servirmi di ispirazione, ma a volte lo fa anche così, del tutto casualmente. Per dire, l’altro giorno stavo guardando una serie piuttosto scema che a volte uso come sottofondo mentre scrivo, "Brooklyn Nine-Nine", su Netflix, una commedia ambientata in un distretto di polizia newyorchese, puntate divertenti e piuttosto brevi, ventidue minuti. La uso come sottofondo perché è appunto scemetta, niente di rilevante, cui prestare particolare attenzione. Non distrae, tiene semplicemente compagnia. A un certo punto, però, una delle coprotagoniste, un personaggio minore, mezza psicotica, fissata coi lupi, si presenta con una felpa nera che invece di mostrare un lupo mostra un animale orribile. Tutto rosa, ma di un rosa bitorzoluto, come qualcosa di rugoso, dei baffi bianchi improbabili, denti appuntiti ma non temibili, il corpo che sembra una patata. È una nemesi, spiega, siccome si è comportata male, non merita più di onorare il lupo, quindi ha esibito l’animale più brutto del mondo: un ratto talpa glabro.
In realtà, stando al grande mondo del web, l’animale più brutto del mondo dovrebbe essere il Psychrolutes marcidus, detto pesce Blob, una specie di pesce con nasone e sguardo triste, la bocca con un ghigno all’ingiù, questo viene sempre indicato in quegli articoli da colonnino destro dedicati agli animali più brutti, ma anche il ratto talpa glabro, in realtà o talpa ratto o talpa glabra, è a sua volta una vera bruttura. Più che una talpa sembra un topo, nudo, cioè del tutto sprovvisto di peli. È glabro, appunto, e rosa, e orribile. Il nome scientifico è eterocefalo glabro, e anche qui, diciamo che pure la scienza ci ha messo del suo. Vive in una porzione piuttosto minuscola di mondo, cioè nelle zone desertiche che si trovano tra Etiopia, Kenya e Somalia, e ha delle caratteristiche piuttosto uniche. Come le api, infatti, è il solo mammifero al mondo a vivere in colonie a capo delle quali si trova una regina, femmina alpha.
La colonia, che ospita circa una ottantina di esemplari, vive in una specie di dedalo di gallerie, larghe massimo mezzo metro e lunghe fino a settanta metri, che si diramano da una sorta di piazza sotterranea, una stanza enorme non troppo diversa da quella che si trova in certe nostre grotte, penso a Frasassi o Castellana. La colonia è organizzata per ruoli, e ci sono operai con incarichi differenti, come lo scavare gallerie, il ripulire le nuove gallerie dai detriti dello scavo, il procacciare cibo, il crescere i cuccioli e infine i difensori della tana, in sostanza una specie di soldati. La regina è l’esemplare più grosso della colonia, nonché il solo preposto all’accoppiamento coi maschi della comunità, è munita di una fila imponente di mammelle sempre sviluppate. Si accoppia a ogni estro, che arriva circa cinque volte l’anno, anche con tre maschi, e partorisce una media di quattordici esemplari a figliata.
Le talpe glabre si nutrono di tuberi e radici, e di piccoli animali, quali le lumache, con la capacità quasi unica di digerire la cellulosa e di produrre due tipi differenti di sterco, uno dei quali viene nuovamente ingerito in quanto contiene fibre fondamentali per la digestione.
Fin qui, dirà qualcuno, animale curioso, ma niente di che. Quello che però della talpa glabra colpisce è un’altra caratteristica. È il roditore più longevo, fino a trent’anni, e durante la sua vita, anche in virtù del non essere soggetto a predazioni per il suo vivere sottoterra, non dimostra alcun tipo di stress, e anche a livello fisico non dimostra alcun invecchiamento né del corpo né della pelle. In pratica un esemplare giovanissimo e un esemplare anziano appaiono uguali, senza segni evidenti che non siano, magari, cicatrici o altro.
In sostanza la ratto talpa glabra, vive in un mondo tutto suo, senza contatti col mondo esterno, se non quando deve abbandonare la tana per crearne una nuova, ha una sorta di società organizzata in maniera precisa, ognuno coi suoi ruoli, una femmina alpha al comando, e non invecchia mai, arrivando a vivere dieci volte più a lungo degli altri grandi roditori. Fosse un uomo, per intendersi, una talpa glabra vivrebbe qualcosa come ottocento anni.
Cosa ci insegna questo animale, perché è evidente che se sono stato qui a spiegarvi le caratteristiche di un animale che con buona probabilità non vi capiterà e non mi capiterà mai di vedere dal vivo, se non fosse stato per questo mio testo e magari per la visione di quel determinato episodio di "Brooklyn Nine-Nine" neanche in foto, su Google, se vi ho raccontato del ratto talpa glabro è perché dietro c’era una qualche morale, una metafora a beneficio di un mio pensiero, magari un po’ contorto, sul mondo e sul mondo della musica, che è poi la porzione di mondo che ho deciso di osservare da una posizione privilegiata per raccontare l’oggi e il mondo tutto, cosa ci insegna questo animale?
Ci insegna che mentre il mondo procede seguendo sue dinamiche e traiettorie, a volte prevedibili, altre meno, andando a inscenare evoluzioni e involuzioni, crisi e ripartenze, esistono non-luoghi come le comunità delle talpe glabre nelle quali colonie di animali guidati da una femmina alpha procedono, senza problemi, vivendo molto più a lungo degli altri, mai assalite da predatori, senza neanche sentire l’incedere del tempo, la vecchiaia questa sconosciuta. Certo, le femmine giovani della colonia sono spesso vessate dalla regina, più grossa di loro e senza neanche gli acciacchi dell’età, perché solo alla regina è permesso di accoppiarsi e figliare, per altro cambiando maschi, sempre presi tra gli operai, a ogni tornata, e ambire a prendere il suo ruolo equivale comunque a correre rischi molto alti, ma per il resto nulla esce dai pacifici binari di un’esistenza senza intoppi, senza pericoli, senza ostacoli. Certo, manca la luce del sole, e dire che essendo le colonie sviluppate in territori desertici di sole ce ne sarebbe anche tanto, ma è proprio per una questione di salvaguardia della specie, e anche quel loro aspetto così buffo, un buffo che però sconfina incredibilmente nel brutto, è dovuto all’assenza di melatonina, inutile nel loro caso, sottoterra non c’è bisogno di pigmentazione.
A causare la morte delle talpe glabre, che ripetiamo non invecchiano e nelle quali la regina è in grado di figliare anche oltre i trent’anni di vita, sono scontri violenti, quasi sempre tra simili della stessa colonia. Succede questo, quando la regina sta per partorire si indebolisce. Questo è il momento in cui le altre femmine della colonia possono ambire a prenderne il posto, ma il solo modo che hanno è di ucciderla. Per altro, visto che i maschi che si accoppiano con la regina le sono sempre fedeli, devono anche cercare altri maschi in caso disposti a inseminarle. Lo scontro è sempre violento, ma non sempre porta alla morte di una delle due contendenti, spesso la pretendente al trono, più piccola fisicamente, esiste infatti una terza soluzione, che cioè la femmina coi maschi scelti vada via dalla colonia, andando a formarne un’altra altrove. Per altro, la capacità di figliare della regina, può sfiorare gli ottanta esemplari l’anno, oltre duemilatrecento esemplari nel corso dell’intera vita, non incide come si potrebbe pensare nel suo invecchiamento, ma sembra addirittura che ne rafforzi il fisico, al punto che non è stato riscontrato nessun tipo di incidenza anagrafica rispetto alla morte, i giovani e i vecchi hanno la stessa possibilità di morire.
A questo punto, immagino, qualcuno chiederà ragione non tanto del mio racconto, immagino tutti siate andati o andrete a breve a cercare immagini di talpe glabre, iscritte d’ufficio nel vostro immaginario, come del resto nel mio, quanto piuttosto del mio aver lasciato intendere che avrei ricondotto questa animale nel campo della musica, allestendo un qualche bizzarro parallelismo con il titolare del titolo, Manuel Agnelli.
A dirla tutta non è che l’ho lasciato intendere, l’ho proprio detto chiaro e tondo. Non è difficile, dai, e non sto certo facendo riferimento al titolo, maledetto titolo, che puntualmente spoliera tutti i miei colpi di teatro.
Vivere sottoterra, stare nell’underground. Essere la regina che elimina puntualmente qualsiasi tipo di dissenso interno, nessun’altra femmina alpha nelle vicinanze, il dominio assoluto su tutto, pena la morte o l’ostracismo. L’accoppiarsi con tre maschi diversi ogni anno, qui so che il parallelismo è scivoloso, ma niente di sessuale, sia chiaro, stiamo parlando di andare a pescare linfa vitale ogni volta in giovani operosi, vai di Mescal, vai di Tora! Tora!, vai di Il paese è reale, vai di X-Factor. Il non invecchiare, rimanendo sempre simili a se stessi, seppur fuori dal mondo reale, vai alla voce mercato. Potrei anche aggiungere ulteriori dettagli, il fatto che, per quell’essere sotterranei, nessuno è in grado di scoprirne le tane, e anche una volta scoperte non è dato sapere se siano ancora abitate o abbandonate, come dire, fuori dalla colonia nessuno ha presente che esisti. Così come il fatto di nutrirsi sempre e costantemente dello stesso cibo, fatto che ti permette di non subire l’incedere del tempo, è in realtà la tua salvezza, vivi più a lungo degli altri, è in realtà una dieta monotona, ripetitiva, che ti costringe anche a mangiare la tua stessa merda al fine di renderla digeribile.
Insomma, chiaro, sto parlando di Manuel Agnelli, la talpa glabra del rock italiano, lì da un numero impressionante di anni, pronto a mangiarsi chiunque e a non cambiare mai, regina incontrastata della sua colonia, sconosciuto fuori dalla sua colonia (non sto parlando del personaggio, sto parlando della musica). Poi, certo, lui è figo, muscoloso, i capelli lunghi, le mosse da arti marziali, gli anni che passano ma in realtà non passano, oggi ne fa appunto cinquantasei, beato lui, nulla a che vedere con quel topolone rosa e spelacchiato, ma per il resto siamo esattamente da quelle parti. Lunga vita, ottocento anni, circa, alla regina.