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Da Ultimo a Tommaso Paradiso: tutti si sentono Venditti (ma che davero?)

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

8 marzo 2022

Da Ultimo a Tommaso Paradiso: tutti si sentono Venditti (ma che davero?)
Allucinazione collettiva o successo meritato? Alcuni artisti italiani sono degli X Files (e hanno dietro di sé una lunga lista di cantanti meteoritici che sono stati sulla cresta dell'onda per un periodo, salvo poi sparire di colpo). Almeno ci facessero il favore di non credersi Antonellone

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

È che uno poi si distrae. Per quanto ci riguarda, mentalmente eravamo rimasti a quel Sanremo 2019 vinto a sorpresa da Mahmood, in gara come assoluto outsider ma poi, plot twist, trionfatore della kermesse. Questo a discapito di chi quell’edizione del Festivàl l’avrebbe dovuta far sua, stando ai pronostici: Ultimo. Ecco, Ultimo non prese benissimo l’approdo al secondo posto e nella conferenza appresso alla finale attaccò ai calcagni un po’ tutti, in primis i giornalisti della sala stampa, rei, a suo dire, di aver boicottato quello che doveva essere il trionfo che gli spettava. Fu scena tremenda (ma, per fortuna, memabilissima) che, tanto per dirne una, non si permise di fare nemmeno Fiorella Mannoia quando, due anni prima, si vide “scippare” la sua praticamente ovvia vittoria a Sanremo 2017 da un esimio Signor Nessuno, tale Francesco Gabbani, con scimmia al seguito sul palco e vestito del proprio peggior maglione arancione. Bene, mentre lo pensavamo evaporato in una nuvoletta di imbarazzo dopo quella sceneggiata, oggi la realtà fattuale ci morde feroce la collottola: apprendiamo che Ultimo, all’anagrafe Niccolò Moriconi, vive, lotta e canta ancora per noi. Anzi. Con tre milioni di follower su Instagram, un suo live dal raccapricciante titolo “Buongiorno Vita” a piede libero su Prime Video e l’ultimo disco, Solo, si tramutatosi in Platino a 30 giorni dall’uscita (21 ottobre 2021). Minchia. Oggi ventiseienne, quello che ricordavamo come un bimbetto capriccioso intento a mettere in scena una colossale figuraccia a Sanremo, mantiene alto il nome (e le vendite) del pop italiano d’autore, nonché di quella “scuola romana” che negli anni Novanta aveva come massimi esponenti la Divin Triade Daniele Silvestri, un altro Niccolò (Fabi) e Max Gazzè. Praticamente, mentre si sente parlare solo di Mahmood e Tommaso Paradiso, Moriconi fa i big money. È, dunque, il nuovo Venditti? No. Assolutamente no. Per quanto se la senta, evidentemente, caldissima.

Di quando in quando, capitano delle specie di allucinazioni collettive che si propagano per tutto il nostro bel Paese. E questo accade a qualunque livello, sia chiaro: a Silvio Berlusconi è occorso di diventare puntalmente Premier, per esempio, e, a chiedere in giro post 1994, non c’è mai stata un’anima disposta a dire di averlo votato. Gli ascolti sbanca-Auditel di Barbarella d’Urso per un lunghissimo periodo (oramai archiviato) sono un altro tassello che segue fedelmente questo misterioso pattern. Dal punto di vista musicale, invece, possiamo contare X Files come i Modà che riempiono (sold out) San Siro, lo Stadio Olimpico, che diventano ogni volta Oro, Platino, Diamante. Tutti, anche quelli del Gotha della musica italiana, vogliono farsi scrivere i testi da Kekko Silvestre. Questo, prima che Kekko Sivestre e i tutti i suoi Modà scomparissero completamente dai radar, dalla sera alla mattina, senza che nessuno ne facesse più parola. Un rimosso collettivo. Ecco, Moriconi, invece, sta ancora vivendo il fulgido apice del proprio periodo “Modà”. Ma ce lo immaginiamo bene, presto o tardi, a intonare disperato “Ricordati di me”. 

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Perché, dobbiamo dirlo, non è che tutto il male provenga necessariamente da quella criptonite in note e sillabe biascicate che risponde al nome di Tommaso Paradiso. Per carità, lui fa il suo, ce la mette tutta: intitola il primo disco da solista Space Cowboy (Jamiroquai chi?), nella titletrack piazza a metà ritornello l’immortale verso: “Sono solo un vaccaro che guarda il cielo” e altre delizie su cui non ci dilunghiamo (anche se ci piacerebbe assai). Perché qui il tema è Ultimo che ha, in effetti, una narrazione ben diversa: perennemente innamorato, scrive testi composti da versi che verrebbero scartati perfino dai Baci Perugina per eccesso di melassa e banalità. Li canta (con una gran voce, va detto) indugiando sugli acuti a la Gigi D’Alessio. Ecco, a volerlo spiegare a chi non avesse mai ascoltato un suo brano in vita, questo diremmo: è un neomelodico romano. Un neomelodico romano che appartiene alla sempre viva stirpe degli urlatori.

Da Francesco Renga (con rispetto parlando, lui almeno di vocalità ne aveva eccome) a Giuliano Sangiorgi dei Negramaro (idem), passando per Francesco Sarcina de Le Vibrazioni (eh, qui vabbè) fino ad arrivare al già citato Kekko dei Modà, gli urlatori sono una specie che alla pancia (musicale) del Paese è sempre piaciuta tantissimo (almeno per un periodo - limitato - di tempo). Adesso - e, in realtà da qualche anno a questa parte -  la categoria si fregia di una sua nuova, meritatissima punta di diamante: Ultimo. 

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Gli urlatori sono quelli che quando ti amano devono gridartelo sulla faccia manco stessero su un set di Gabriele Muccino. Gli urlatori, se gli manchi, l’Italia intera lo deve sapere. E Mario Merola muto. Gli urlatori, direbbe Stanis La Rochelle, hanno devastato questo panorama musicale italiano. Guardi, signora mia, le basterà pigiar play su una ballad a casaccio del Moriconi per fare esperienza di quanto ne sia riposante l’ascolto. Praticamente, la perfetta traslitterazione in note di quelli che scrivono in caps lock sui social. Tipo Donald Trump. O quel vostro cugino di secondo grado che, a livello encefalico, s’è fermato ai giorni del V-Day con Beppe Grillo che se la gridava per la qualunque (e Fedez che gli cantava sotto l’inno del Movimento). 

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Insomma, vedere le vendite del mercato musicale nostrano in balia della trap è già stata un’emozione che “speravamo de morì prima”. Ora, rendersi conto che, quasi sottotraccia, il cantautorato pop sia nelle mani di Moriconi, fa volare un malinconico pensiero all’indirizzo di Young Signorino. Leggere e pensare, poi, che Ultimo sia un nome destinato a durare, che sia in buona sostanza il nuovo Venditti, è un’informazione che ci va dalla pelle al cuore, facendoci del male. Ad Antonellone non bastavano le scimmiottature di Paradiso, no, ci si doveva mettere pure Moriconi, oggi rappresentante di quella romanità, intesa come scuola romana cantautoriale, senza che a nessuno venga da dire “Ma che davero?”. Per fortuna, nonostante le brutture, uno che può fare Venditti veramente ce l’abbiamo e rimane immortale tanto quanto l’originale: Corrado Guzzanti. E allora, alla fine, va bene anche così. Aspettiamo che passi anche questa allucinazione di massa. Sul grande raccordo anulà. La notte prima degli esà. LOL. 

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