Il primo marzo 2012, tre giorni prima del suo 69esimo compleanno, quel "4 marzo del 1943" che è diventato il suo inno, se ne andava Lucio Dalla, con un colpo di teatro dei suoi, ammutolendo un Paese intero, incapace di rassegnarsi alla perdita di uno dei suoi figli più amati e geniali. Oggi, a dieci anni di distanza, la sua presenza è più viva che mai, e noi lo ricordiamo grazie alla voce di due artisti che hanno lavorato con lui fino all'ultimo istante. Pierdavide Carone, cantautore romano lanciato da "Amici" nel 2010, che Lucio aveva individuato come tra i giovani più promettenti accompagnandolo a Sanremo solo due settimane prima di morire, in veste di direttore d’orchestra, e Cosimo Damiano Damato, poeta, drammaturgo, sceneggiatore e regista pugliese, che ha collaborato con Dalla fino all'ultimo, nella tournée teatrale "Il bene mio".
La nostra chiacchierata fiume scorre tra aneddoti, curiosità, rivelazioni, come se Lucio fosse ancora qui con noi, perché in fondo non è mai andato via davvero.
Cosimo, come hai conosciuto Lucio?
Tocca fare un bel salto indietro nel tempo, fino a fine anni 2000. Sono in una stanza d'albergo con Giancarlo Giannini, Silvia De Santis e Angelo Tumminelli, il produttore, impegnati nelle prove di uno spettacolo su Mozart, ma c'è qualcosa che non va in queste prove, tanto che il nervosismo si taglia col coltello. A un certo punto sentiamo una voce tenorile da lontano, e pensiamo subito: "Ca**o, sembra Dalla!" (Pierdavide imita la voce di Lucio ndr). A quel punto si materializza davvero Dalla, che era nello stesso hotel perché aveva in programma uno spettacolo a pochi km di distanza (con Giannini si conoscevano da una vita) e dunque quella fu l'occasione per conoscerlo. Poi ci ritroviamo reciprocamente ai nostri spettacoli, e ci lasciamo con la promessa di fare presto qualcosa insieme, questo perché chiacchierando viene fuori che abbiamo tante cose in comune, come l'amore per Carmelo Bene e Federico Fellini, l'amicizia di Alda Merini, la poesia, i mercatini... Dopo qualche anno mi ritrovo ad organizzare uno spettacolo teatrale sulla musica folk italiana, "Il bene mio" (prodotto da Marcello Corvino), ispirato alla figura del padre della musica folk italiana, Matteo Salvatore, senza il quale non esisterebbero - per esempio - Guccini, Capossela, e ricordandomi lo promessa di Dalla lo cerco per proporre a lui e Marco (Alemanno ndr), di partecipare al progetto. Dalla accetta subito felice, commentando con una frase che non ho più dimenticato: "Era nel destino che avremmo lavorato insieme. Nulla è rigorosamente scritto". Lui difatti sosteneva che gli artisti si incontrano quando c'è un'alchimia, insomma qualcosa che va al di là della nostra volontà. Così è iniziato il nostro viaggio, dal 2011 al 2012, fino all'ultima data del 10 febbraio, al Teatro Petruzzelli, quando poi lui partì per Sanremo, per raggiungere Pierdavide. Anche con Pier, alla fine, c'era già questo incrocio nell'aria.
Era nel destino.
Sì proprio così. Tra l'altro, durante le ultime date della tournée, (che sarebbe ripartita a maggio ndr), ricordo perfettamente che mi parlava di questo ragazzo che gli rammentava i suoi inizi, perché aveva la sua stessa poesia, la sua stessa preparazione musicale... Puntava molto su di lui, lo stimava, ne parlava come se fosse al suo pari, non come un discepolo con il maestro. Lucio aveva davvero un'umanità straordinaria. Quella è stata l'ultima volta che ci siamo visti, 20 giorni dopo è iniziato - come lo definiva lui - "il secondo tempo della vita".
La tournée, interrotta dalla sua scomparsa, poi l'hai trasformata in un docufilm.
Sì, un docufilm in cui ho recuperato gran parte delle immagini dello spettacolo, e a cui si è aggiunto anche Renzo Arbore, che ha partecipato ad alcune date del tour. Lo spettacolo era davvero un super-carrozzone con tanti artisti, da Arbore a Teresa De Sio, passando per Lunetta Savino e ovviamente Marco Alemanno, la voce narrante, più Lucio, che impreziosiva il tutto con le sue incursioni e anche dei suggerimenti regalati con nonchalance.
Un aneddoto particolare?
Ricordo di quando mi ha fatto visitare tutte le chiese di Bologna, lui conosceva perfettamente le storie delle chiese e anche delle opere che si trovano all'interno, e contemporaneamente, mentre si passeggiava per la città, mi indicava i tetti. Lucio aveva una passione incredibile per i tetti rossi di Bologna. Durante una prova, invece, non riuscivo a chiudere una scena, e lui, appena arrivato, e in apparenza distratto dalle nostre peripezie, ci suggerisce: "Ma perché qui non alzate il pugno?". Così, con un gesto così semplice, aveva risolto un'azione dello spettacolo. Veramente il genio totale, ma con lo sguardo di un bambino.
Pierdavide, tu eri uno dei suoi pupilli.
Posso dire che Lucio aveva proprio voglia di essere mio amico, mentre io vivevo il tutto con molta più riverenza.
Avevi soggezione?
È chiaro, ero di fronte a un genio, e quando sei di fronte a un genio non sai nemmeno come relazionarti. Questo mi era già capitato con Franco Battiato, a cui avevo aperto alcuni concerti. La differenza, come diceva Cosimo, era nella duplice chiave di Dalla, sì un genio, ma anche in grado di metterti a tuo agio. Questo suo aspetto ha reso più semplice anche il nostro rapporto, tanto che "subivo" pure le sue mattate. Lucio, per dire, era sotto controllo medico, quindi raramente ordinava piatti particolari per pranzo o cena, però ti "consigliava" quello che avresti potuto prendere (ride).
Che avrebbe ordinato lui?
(Ride ancora). Esatto, sembrava un consiglio altruistico, ma in realtà era un'indicazione egoistica, insomma voleva che tu ordinassi quello che avrebbe preso lui, solo per potertelo fregare. Ricordo una sera a Sanremo, eravamo a cena dopo l'esibizione, ai tavoli vicino c'erano persone che chiaramente l'avevano riconosciuto e gli avevano chiesto di fare foto e autografi. Lui era andato, e a un certo punto aveva trovato una forchetta pulita su un tavolo, con la quale spiluccava di piatto in piatto mentre continuava a chiacchierare.
Amava qualche piatto in particolare?
Adorava la pajata, l'ho ordinata non so quante volte solo per fargliela mangiare.
Te la fregava tutta?
Un po' te la lasciava, ma con la scusa che dovevo dimagrire, ai tempi ero più in carne, e in ottica Sanremo - aveva chiesto anche ad Armani di vestirmi - lo faceva passare come un gesto altruistico, mentre in realtà ne approfittava per mangiare cose che non poteva.
Invece che rapporto aveva coi fan?
Lucio si donava proprio alle persone - riprende Cosimo - anzi era lui che fermava la gente per strada, era curioso, interrogava gli altri. Viveva la sua fama come una cosa normale, proprio come dice la sua canzone "Ma l'impresa eccezionale... è essere normale" (Disperato erotico stomp). Nella sua totale follia artistica, insomma, era la persona più normale di questo mondo.
Mai infastidito dagli ammiratori?
Nonostante l'invadenza stratosferica di alcuni, cercava comunque di accontentarli. Nell'ultima tournée in coppia con De Gregori (2010/2011), che di suo è più riservato, lo sappiamo, Lucio - per dire - abbracciava tutti, firmava autografi... E se negli anni De Gregori è diventato anche più empatico col pubblico, è anche merito del tour con Dalla. Lucio gli diceva proprio: "Ma che ti costa? Regali alle persone un sogno, un attimo di felicità".
Raccontava a tal proposito Michele Mondella - continua Pierdavide - suo ufficio stampa storico (e anche di tanti altri, come De Gregori, Morandi, Rino Gaetano) che anche Lucio aveva avuto un maestro da questo punto di vista, proprio Gianni Morandi. Alla fine degli anni '80, quando hanno fatto disco e tournée insieme, Morandi - che vive tutto con uno stacanovismo impressionante - rimaneva a firmare autografi dopo i concerti, trattenendosi fino all'ultima persona. Questo fatto ha aiutato anche Lucio nel rapporto coi fan, anche se lui l'ha fatto a modo suo.
Quindi lo avremmo seguito sui social come Gianni, con le foto di Anna?
(Ridono) Può darsi. Lucio è stato anche un visionario - continua Cosimo - pensate a Canzone (scritta con un altro suo pupillo, Samuele Bersani, 1996), se riguardate il videoclip, ai tempi non c'erano ancora i cellulari come oggi, ma Dalla ha anticipato anche lo smartphone, perché nella clip c'è gente per strada che si passa di mano in mano questo televisorino, che sembra proprio uno smartphone, in cui si vede Dalla che canta. Quindi ha previsto quello che sarebbe accaduto vent'anni dopo... Pensavo, a proposito delle notizie di questi giorni poco confortanti (per via della guerra in Ucraina), proprio a una sua canzone, Henna, forse la sua meno conosciuta, che comincia con questi versi: "Adesso basta sangue/Ma non vedi/Non stiamo nemmeno più in piedi/Un po' di pietà", un brano che ha scritto per la guerra in Bosnia (ed Erzegovina - 1992/1995), ma che a distanza di 30 anni è ancora drammaticamente così attuale. In sostanza Lucio profetizzava i tempi, nel bene e nel male. Dalla negli ultimi anni era amareggiato per quello che accadeva nel mondo. Una volta gli chiesi: "E se Futura l'avessi scritta adesso"? Lui rispose: "Ora sarebbe sulla strada...". Quindi la speranza era perduta anche per lui.
La sua Futura oggi sarebbe una prostituta, come la mia Nanì - continua Pierdavide - penso che questa visione decadente e comune degli ultimi tempi sia stata anche il motore del nostro avvicinamento.
Pierdavide, siamo onesti, ti rammarica essere stato messo da parte nelle celebrazioni in suo onore?
Più che rammaricarmi, mi fa riflettere sul senso di una celebrazione. Quando celebriamo qualcuno ne stiamo davvero onorando l'esistenza o piuttosto lo facciamo per ricevere complimenti e farci vedere? Lucio non viveva nel passato, per quanto il suo passato fosse glorioso, era una cosa che l'annoiava. Fino alla fine era proiettato in avanti, in fondo ha scelto di partecipare a Sanremo per lanciare un ragazzo giovane, che ero io. Quindi celebrarlo su eventi nobili, ma di decenni fa, dimenticando frattanto quello che è stato dopo, non rende onore a Lucio in primis.
Permettetemi di aggiungere - interviene Cosimo - ciò che è successo a Sanremo quest'anno. La meschinità del presentatore nel realizzare un omaggio a Dalla commentando: "Dieci anni fa era qui a dirigere l’Orchestra...". Falso, non è così, Lucio non dirigeva semplicemente l'Orchestra, era in gara con Pierdavide Carone, non puoi non citare Pierdavide. Parliamo dell'ultima esibizione televisiva in Italia di Dalla, non si può cancellare la storia.
Perché succede questo?
Perché non c'è rispetto. Vuoi o non vuoi è stato Pierdavide a trascinare Dalla a Sanremo, lui non ci sarebbe mai andato. Come ha fatto Madonia (Luca) con Battiato. Non ricordo se era lo stesso anno...
Anno prima (2011).
Ecco, vedere questi giganti che si rimettono in gioco veramente, a favore dei giovani, e non come Morandi quest'anno, e quindi non per sé stessi, è un dono vero.
L'omissione è stata una cattiveria gratuita di Amadeus?
Non direi cattiveria, piuttosto gli autori - tutto quello che accade sul palco è scritto, respiri inclusi - non conoscono la musica né i contesti di cui parlano.
È abbastanza grave.
La sciatteria è grave come la cattiveria - aggiunge Pierdavide - è di sicuro grave decontestualizzare la presenza di un artista così importante. Dire: "Dieci anni fa era qui a dirigere l'Orchestra...", con tutto il rispetto per il Maestro Vessicchio, per dire, non era a Sanremo per dirigere l'Orchestra. Insomma, non era in Riviera per fare quello, ma era lì per me. Poteva legare l'omaggio a un altro momento, se intendeva sorvolare sul mio nome, ricordando ad esempio la sua partecipazione di 50 anni fa con Piazza Grande (esattamente nel 1972).
Questi autori formidabili- continua Cosimo (con ironia) - messi lì probabilmente da qualche politico, hanno consegnato uno spunto all'attrice (la Ferilli) che aveva realizzato una trasmissione molto pregevole con Dalla (La bella e la besthia)... Non era preferibile parlare di quello e basta? Perché dieci anni fa è accaduto altro, un'altra storia. Lucio asseriva addirittura che Nanì gli ricordava la sua 4 marzo 1943, insomma lo commuoveva, e vedeva in Pierdavide la sua continuità artistica, questa è la verità che hanno cancellato.
Pierdavide, pensi che la scomparsa di Lucio abbia segnato la tua carriera?
Sicuramente l'ha rallentata. Io ero molto giovane, e in poco tempo, dai 21 ai 23 anni, sono diventato molto popolare grazie alla TV (2010).
Ti confesso che ai tempi, ero poco più che una ragazzetta anche io, guardavo "Amici" e tifavo per te.
Ma grazie davvero. Vedi, a un certo punto ho sentito l'esigenza di non voler rendere vana la popolarità conquistata, ma di provare a dargli un senso, e quel senso poteva aiutarmi ad ottenerlo soltanto Lucio, infatti stavamo compiendo un percorso di emancipazione dalla popolarità fine a sé stessa, affinché potessi essere un altro tipo di artista. Un'esigenza sicuramente personale, ma condivisa da lui, che aveva vissuto qualcosa di simile a inizio carriera, visto che a un certo punto aveva attuato una vera e propria rottura con Roversi (Roberto), che di sicuro gli aveva insegnato come si lavora con le parole (Lucio prima non scriveva i suoi testi), tant'è che subito dopo ha scritto Com'è profondo il mare, un capolavoro. Io, che speravo di fare un percorso simile, certo non alla stessa grandezza, dopo aver perso il regista dell'operazione mi sono ritrovato solo, e poco a poco tutte le entità che facevano parte del mio progetto, e che mi avevano celebrato, prima per i risultati numerici e poi per i meriti artistici che mi avevano condotto a Dalla erano spariti. Chiaramente ricominciare daccapo - come ho fatto negli ultimi anni - è stato complicato, perché mi sono reso conto, come per il ricordo di Lucio a Sanremo di cui parlavamo prima, che siamo un popolo senza memoria storica. Tutto quello che ho fatto, insomma, non conta, almeno agli occhi dei più.
Dei più disattenti.
Sì. È anche vero che se valgo davvero qualcosa devo andare oltre questo. È troppo comodo il vittimismo, è come una coperta di Linus, invece mi devo ricordare - visto che siamo qui a parlare di Lucio - di quanto lui credesse in me, rimboccarmi le maniche e "ricominciare da tre", come diceva Troisi (Massimo).
Io non appartengono al mondo dei talent - commenta Cosimo - quindi non conoscevo la storia artistica di Pierdavide prima di Dalla, e da prevenuto, quando ho ascoltato Nanì, ho pensato che Lucio avesse ragione eccome. Va anche detto che Pierdavide, a differenza dei cantanti che si presentano a Sanremo adesso, è un musicista per davvero, sa suonare, oltre a essere un autore. Oggi c'è l'autotune, il petto nudo, ma la musica italiana è altro, siamo in un periodo di vuoto musicale.
Intanto insieme avete lavorato a uno spettacolo che nasce proprio dalle canzoni di Lucio.
Tutto parte dai due anni in cui l'ho frequentato, e in cui mi sono appuntato su un quaderno, come si faceva un tempo, tutto quello che mi raccontava. Perché avere l'opportunità di condividere dei momenti con Lucio è una cosa immensa. Pensiamo a Leopardi, che abbiamo studiato a scuola, immaginiamo come sarebbe stato magnifico passeggiare con lui e chiedergli curiosità del suo amore per Silvia. Quindi se ti capita l'occasione di passare del tempo con un maestro come Dalla, devi davvero "rubargli" tutto. Così quando è scomparso abbiamo pensato di celebrarlo con questo spettacolo, "Il ragno", che ho scritto con un grande scrittore e Premio Campiello, Raffaele Nigro, ed è il viaggio di quattro marinai e una prostituta, che girano per il mondo su questa nave. Poiché il capitano Ragno - che è ovviamente Dalla, nell'ambiente era chiamato proprio "ragno" (soprannome rifilatogli da Morandi) - è scomparso, i marinai (che rappresentano le anime di Lucio) sono un po' smarriti.
C'è un calendario in programma?
Abbiamo già fatto delle date, ma sono state interrotte per la pandemia, stiamo riprogrammando il tutto per la primavera.
Pierdavide, dopo Casa (album uscito a nove anni da Nanì e altri racconti) che progetti hai in cantiere?
In questo momento sono in una fase di transizione. Ho chiuso il mio ultimo rapporto discografico (quello legato a Casa) e prima di parlare di progetti devo tornare proprio alla radice, ossia trovare persone che abbiano la voglia, la forza e le capacità di immergersi nella mia musica e portarla al di là dell'orizzonte. Finché non trovo persone così preferisco stare fermo, proprio perché dopo Nanì e altri racconti ho vissuto tante false partenze. Di fatto puntare su un artista è una missione.
Diciamo che sei in attesa di qualcuno che punti su di te e nello stesso momento di potertene fidare.
Esatto, le due cose devono combaciare, non sono disposto ad accettare alcun compromesso.
Ma la vostra canzone preferita di Lucio?
La mia è Cara - risponde Carone - perché rappresenta, almeno secondo me, un'anomalia, visto che non scriveva tante canzoni d'amore in quel periodo e quella invece è una canzone d'amore straordinaria.
Ci sono incontri che cambiano il tuo modo di guardare la vita - osserva Damato - così l'incontro con Lucio, che ha smosso anche la pubblicazione delle mie poesie, quando dopo averle lette - io che non le mostravo mai a nessuno per pudore - mi ha dato la spinta definitiva, definendomi addirittura un poeta. Se non mi avesse convinto, le avrei tenute nascoste. Sulla canzone, condivido sicuramente la bellezza di Cara, anche se io sono legato a una canzone più recente, grazie alla quale è nato anche un amore, che ancora resiste. Parlo di Amore disperato.
Pierdavide, ricordi ancora il suo ultimo messaggio?
Lo conservo nella mente e nel cuore, è di un paio di giorni prima di morire. Visto che stavo cambiando approccio verso il tipo di cantante che volevo diventare, questo aveva creato spaesamento nel pubblico che aveva comprato il primo disco, con conseguente malcontento nella casa discografica e preoccupazione in me. Non parlavo con nessuno di questo, ma Lucio, da uomo molto empatico, e che aveva attraversato un percorso simile, lo capiva anche nei miei silenzi, così mi scrisse: "Non ti devi preoccupare di niente, so che sei destinato a grandi cose". Un lascito che mi restituisce fiducia giorno per giorno.
Ma possiamo regalare, sul finale, una dedica ad Amadeus, a proposito del suo omaggio sanremese?
Vai Cosimo...
Per lui un bel brano di Lucio: Merdman! (ride)
Ecco, così sappiamo già - chiude ironicamente Carone - che in un possibile Amadeus quater io sarei già fuori. L'esclusiva ce l'avete già e soltanto voi.