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Oliviero Toscani e il suo teorema
egocentrico che ha conquistato il mondo

  • di Ray Banhoff Ray Banhoff

28 febbraio 2022

Oliviero Toscani e il suo teorema egocentrico che ha conquistato il mondo
Ancora una volta ci stupisce: un’autobiografia per i suoi 80 anni che contiene poco o nulla di personale, privato, familiare. Ma piace lo stesso, perché Toscani sembra essere stato al centro di ogni evento del secolo scorso anche involontariamente e ha ricordato storie, aneddoti ed episodi con il suo modo sagace e a volte ridondante - quanto l’ego del suo autore – di raccontarsi e raccontare

di Ray Banhoff Ray Banhoff

Possiamo dire una cosa? Basta con i pezzi degli amici che parlano dei lavori di altri amici. Basta. Anche qui su MOW Luca Beatrice ha sentito il bisogno di omaggiare Oliviero Toscani con un ricordo da “amico”. Sembra di essere ad una festa aziendale. Nel mondo dell’editoria e dell’arte sono tutti amici di tutti e nessuno amico di nessuno. Proprio Toscani vorrei sentire a quanti può estendere la parola “amico”. Comunque, è uscito un libro autobiografico del maestro e voglio parlare solo di quello, visto che l’ho letto.

"Ne ho fatte di tutti i colori, vita e fortuna di un situazionista" (La Nave di Teseo) scorre veloce per più di 250 pagine. Il ritmo è quello del discorso di Toscani, molto brillante, sagace, a volte ridontante quanto l’ego del suo autore ma funziona. Più che una biografia ci troviamo tra un libro che è un po’ una storia della fotografia ripercorsa a ritroso, un po’ Forrest Gump per il teorema egocentrico secondo cui Toscani sembra essere stato al centro di ogni evento del secolo scorso anche involontariamente. Un esempio: "Andy (Warhol) era un marziano, ascoltava molto, aveva una vaga aria da demente. Non dico che lo fosse ma era su un’altra lunghezza d’onda"; oppure: "a un certo punto a Lennon saltò via il pletro e io lo presi al volo. Lui mi guardò e mi sorrise"; ancora: "I camerieri si raccomandavano sotto voce: non disturbatelo. Era Bob Dylan. Io mi chiedevo: è questo il simbolo della mia vita? Un barbone".

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Andy Warhol e Oliviero Toscani

In tutti gli eventi importanti del secolo scorso lui c’era: "Mi ricordo Berlusconi, nel 1965. Faceva il mattonaro (...) si sedeva a un tavolo di fianco e ci domandava: “Ueh, ma voi della televisione cosa ne pensate? non vi interessa” oppure: “Ueh ma voi lo sapete chi sono i vip? Chi sono i ricchi?". Il titolo è un po’ telefonato (quel “ne ho fatte di tutte i colori” allude alle fotografie, immagino, e non si addice proprio all’innovatore che ha inventato Colors) e già subito mette le cose in chiaro. Questo non è il libro che vi aspettavate di Toscani, o meglio non del tutto.

Forse solo nell’attacco c’è un momento di vera apertura, che se fosse stata perseguita ci avrebbe dato un ritratto davvero nuovo del suo autore: "Mia madre aveva una sola preoccupazione. Non mi ma mai detto ti amo", oppure: "quelli che si chiamano amore di continuo secondo me bestemmiano, l’amore è qualcosa di così complesso e indefinibile che non si dovrebbe nemmeno nominare". Oltre a questo c’è pochissimo della famiglia, del rapporto coi figli, ma in compenso ci sono delle bordate che sono lucidissime e valgono la lettura.

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La rivista Colors

Ecco come fa piazza pulita di luoghi comuni e salamelecchi: "C’era Giacomelli, d’accordo: quattro pretini che correvano sulla neve"; oppure "Lucchini mi rispose: bene Oliviero. Al tuo posto prenderò il primo pirla che si presenta. Andrà benissimo”. Fuori dalla porta c’era l’allora principiante e sconosciuto Giovanni Gastel, in attesa di mostrare il suo portfolio. Ottene il posto, e il suo futuro". Newton: "Uno spilorcio magnifico: nelle trasferte di lavoro voleva sempre sapere chi gli pagava il caffè. Tutto doveva essere tassativamente gratuito. Io ero l’unico a cui a volte offriva la cena". Anna Wintour e il suo Vogue: "Ho provato a lavorare con Anna a Vogue, ma era impossibile. Voleva analizzare ogni polaroid, voleva un controllo esagerato. Non mi interessa lavorare così. Infatti è un giornale insopportabile. È soltanto famoso". Kate Moss: "È trent’anni che fotografano Kate Moss con quella faccia che la vita le fa schifo". Franca Sozzani: "Franca tirava via. Lei assecondava la moda, il flow, le tendenze, l’economia, il denaro. Non si buttava mai dietro qualcosa: lei planava (...) veniva da una famiglia ricca che non è mai un buon segno, sprecava. E però guadagnava". La critica all’osannatissimo Vogue della Sozzani: "Vogue era così anche all’inizio però ci scriveva gente come Truman Capote, Tom Wolfe, James Baldwin. Cosa c’era di culturale nel Vogue della Sozzani? Persino su Playboy si potevano leggere degli articoli importanti. Non avevano imparato la lezione? No, ma l’Italia è così, si sa. Tutta epidermide. Epidermide di gran qualità. Niente ricerca o innovazione. Il famoso Made in Italy alla fine si riduce a scarpe, borse e vestiti, per ricchi".

Sarebbe stato perfetto un libro di aforismi, più in linea anche con il Toscani pensiero, che è fulminante e privo di replica, ma tutto sommato non ci è andata male.

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"Ne ho fatte di tutti i colori" (La Nave di Teseo)

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