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David di Donatello,
Francesco Bruni: “Ma hanno ancora senso
i premi al cinema?”

  • di Damiano Panattoni Damiano Panattoni

1 aprile 2021

David di Donatello, Francesco Bruni: “Ma hanno ancora senso i premi al cinema?”
Il regista romano ci ha spiegato cosa sarà il cinema italiano del futuro (“Se le sale ci arriveranno...”), di quanto i produttori abbiano paura rifugiandosi nella serialità, ma anche di tutta la speranza nel sapere che autori come Paolo Virzì e Daniele Luchetti si sono rimessi a girare. E poi sì, la questione David di Donatello scatenata quest’anno da Gabriele Muccino: “Le polemiche tra registi sono sempre esistite. Solo che prima ci si prendeva in giro al ristorante...”

di Damiano Panattoni Damiano Panattoni

“No, aspetta un attimo, io tutte queste cose non le ho mai dette a nessuno...”. Ecco, partiamo dalla fine della lunga chiacchierata con Francesco Bruni (da Scialla! a Noi 4, chi scrive lo ama particolarmente) che, in un primaverile mercoledì romano ci racconta via telefono la sua idea di cinema, la sua idea di futuro (del cinema) e la sua personale concezione di cosa possano significare (davvero) i premi cinematografici. David di Donatello compresi. Ma, con lui, partiamo dal principio, ovvero dal successo di Cosa Sarà che, nonostante sia uscito un solo giorno in sala, è entrato nel cuore del pubblico e di noi critici. Il film, appunto, è stato candidato ai David per il Miglior Attore Protagonista (Kim Rossi Stuart, super) e Miglior Sceneggiatura Originale. Quei David che, ci racconta il regista “andrebbero forse rivisti nella composizione della giuria e nelle modalità di voto” e che troppo spesso creano cortocircuiti mediatici e spaccature di pensiero, depotenziandone invece il valore culturale e di almanacco del cinema italiano a futura memoria.

Bruni, partiamo da Cosa Sarà. Lo abbiamo visto un giorno in sala e poi è arrivato in digital. Nonostante questo è stato un successo di pubblico e critica. Te lo aspettavi?

È chiaro, quando fai un film si spera possa piacere, ma quando l'ho girato non immaginavo quello che sarebbe poi successo a livello mondiale. Sono contento dei Festival, siamo a circa trenta, e dei premi ricevuti, ma Cosa Sarà era perfetto per la sala, perché è stato concepito per il cinema. La fruizione streaming un po' penalizza, rende fredda e distaccata la visione.

Streaming e sala, sala e streaming. In che situazione siamo?

Siamo arrivati a non poterne più. C'è un discorso anche emotivo, tecnicamente c'è un'alterazione se un film da sala arriva in tv. Per dire, ho visto film in streaming in cui in televisione facevo fatica a capire i dialoghi. Ma non è un problema di fonici, bensì di compressione dell'audio che spesso comporta una perdita di qualità. È un fattore squisitamente tecnico, e l'ascolto casalingo non viene fortemente penalizzato.

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La locandina di Cosa sarà con Kim Rossi Stuart

C'è stato un annuncio di riapertura, poi subito bloccato.

I cinema e i teatri sono stati penalizzati per un pensiero populista, perché non sono paragonabili ad altre attività. Come dimostrano i dati, il contagio in sala è pari a zero tanto che in molte parti del mondo le sale sono rimaste aperte. Ci si siede distanziati guardando avanti, non è come andare in palestra o al ristorante. Ma, se devo essere sincero, ci siamo anche un po' rassegnate a protestare, la filiera è stata aiutata, generando un pericoloso atteggiamento assistenzialista. Poi è arrivato quell'annuncio assurdo (apertura al 27 marzo, sic! ndr.) da parte del ministro, in un momento in cui la situazione si rifaceva oscura. Nessuno di noi ci ha creduto...

E adesso, quando si riparte?

Adesso? Adesso speriamo di riaprire a maggio. Ma... C'è il prodotto? La gente andrà in sala? Nanni Moretti, Carlo Verdone, Gabriele Mainetti, i Fratelli Manetti, usciranno subito? Che succederà? La gente si riavvicinerà ma non ci saranno film nuovi? A meno che in quel frangente non andiamo in soccorso noi, ritornando in sala: intendo film come il mio, o i film passati a Venezia, anche se non sono cose fresche. Magari ne gioveranno produzioni minori, trovando qualche copia in più. La ripartenza sarà lenta, e si giocherà sul circuito estivo, nelle arene. E torneremo forse a pieno ritmo in autunno.

Che cinema italiano troveremo tra un anno?

Dobbiamo assolutamente ripartire, ma la maggior parte dei progetti in cantiere sono studiati per le piattaforme, anche quelli ideali per un film da sala. C'è poca fiducia da parte dei produttori, ti chiedono le serie tv. Ma una cosa è certa: spero non ci siano storie sul Covid, non ne vorremmo più parlare una volta finito. Credo sia interessante discutere della difficoltà, questo sì, ma non usarlo come materia prima di narrazione. Non farei mai un film sul Covid, magari racconterei di due innamorati che in quel periodo non si sono potuti vedere...

Che anno è stato?

Mi ha sorpreso constatare che ai David 2020 ci siano comunque molti bei film, film di Venezia, oppure Volevo Nascondermi, o lo stesso Cosa Sarà. Si sta continuando a girare, arriverà sicuramente un prodotto interessante, penso a Paolo Virzì che sta girando. Anche Daniele Luchetti sta lavorando. I colleghi procedono e il prodotto ci sarà. Speriamo ci siano ancora le sale, però.

Ecco, qualche settimana fa ha chiuso l'Azzurro Scipioni qui a Roma.

Eh ma... L'Azzurro? Francamente l'alzata di scudi mi è sembrata un po' ipocrita in questo caso. Chi ci andava più? Io non ci andavo da quando frequentavo il Centro Sperimentale... Resisteranno i multiplex, che offrono una visione forte e totale. E credo si salveranno i cinema che hanno fatto un lavoro di fidelizzazione del pubblico. Soffriranno quelli che stanno in mezzo, senza anima. I cinema li ho girati veramente tutti, e negli ultimi dieci anni si è creata una leva di esercenti molto appassionata, ci sono delle sale programmate in modo straordinario. Cinemazero di Pordenone, il Kinemax di Gorizia, il Visionario di Udine. Ma anche il circuito delle sale cattoliche in Lombardia, che rilancia film che hanno fatto fatica in prima battuta, ma anche il Beltrade, il PostModernissimo a Perugia.

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Gabriele Muccino

Passiamo ad un tema cruciale. I premi. Secondo te hanno ancora rilevanza?

La rilevanza la hanno, se pensiamo al fatto mediatico. Un film può essere rilanciato dalle candidature, ma anche burocraticamente i David fanno punteggio, ed è più facile mettere in piedi un film se le persone che vi lavorano sono state premiate. Non ho mai capito il concetto di mettere in competizione dei film tra loro. È come far competere il jazz e l'house music. Ogni regista ha uno tono diverso, e se capisco i premi dal punto di vista promozionale, non capisco i premi nei festival. Oltretutto da regolamento non si può dare più di un premio allo stesso film durante le kermesse. Questo fa sì che un titolo premiato come Miglior Film non possa ricevere premi per altre categorie, anche se lo meriterebbero. Ecco, i premi hanno una rilevanza, piacciono alla stampa, ma sono contrario di principio.

Diciamo che cinque titoli sono pochi per il Miglior Film ai David.

Anche trovarne cinque alcune volte non è facile, non è così importante. Sarebbe però importante mettere in piedi una giuria che veda davvero i film, perché credo che alcune volte questo non avvenga. E, cosa più importante, creare un sistema che non prevede l'auto-voto. In questo modo si determinano dei pacchetti di voto che vanno in automatico a determinati titoli, a cascata. Non credo sia difficile. Bisogna pensare ad un voto altruistico. Voglio dire... Anche io ho votato per me stesso, pensando alle scarse possibilità che avevo di essere nominato. I premi sono rilevanti ma, per il meccanismo che ti ho spiegato, vanno rivisti.

E infatti ogni volta si generano polemiche. Penso a quella via social di Gabriele Muccino.

La competizione genera astio. Certo, Muccino non è un outsider, ed ha influenza sul pubblico e sulla stampa... Però penso anche agli altri esclusi, magari meno noti, ma che hanno fatto film bellissimi. Sentono che ci sia una sorta di casta e che hanno poche possibilità di rendersi visibili. Comunque non è assurdo che Muccino abbia esternato il suo pensiero verso la giuria dei David, però magari non mi ha trovato d'accordo quando ha attaccato registi più giovani, anche se sono ormai affermati (i Fratelli D'Innocenzo, ndr.). Ma queste polemiche c'erano già nell'età dell'oro, i registi si prendevano in giro al ristornante, nei film, ma non via social. Dino Risi che prendeva in giro Antonioni ne Il Sorpasso, o la discussione di Monicelli e Moretti in tv. Poi, che dire... per quanto forse condivisibile, la lamentela di Muccino sarebbe stata più accettabile se all'epoca avesse espresso pubblicamente il suo apprezzamento per Dogman di Garrone, senza usarlo come foglia di fico per questo suo sfogo. Se ti piace un film consigliacelo, senza tirare in mezzo gli altri colleghi. In fondo, anche io su Facebook ho scritto un post su questi premi che creano solo superbia e rancore. Sentimenti negativi.

E il ricordo va a quando vinsi tu il David come Miglior Regista Esordiente.

Quando nel 2012 salì sul palco per il David Miglior Esordio alla Regia vinto grazie a Scialla! ero in una cinquina pregiata. ACAB di Sollima, Io Sono Li di Andrea Segre, Là-bas di Lombardi e il bellissimo Corpo Celeste di Alice Rohrwacher. Ritirando il premio dissi che forse non lo meritavo. Tutto ciò che ti ho detto lo pensavo già allora, perché forse avevo vinto grazie ad un concorrere di cause e ad un sostengo molto diffuso. Questo per me è un concetto che resta vero. Intanto Alice è diventata una regista eccezionale, ma credo che all'epoca molti giurati non abbiano visto il suo notevole esordio, Corpo Celeste...

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