Ieri Twitter in Italia è stato infervorato da una polemica di Gabriele Muccino, avvezzo a esternazioni incazzose specie su Twitter che è sempre un'arma a doppio taglio, tra tutti i social forse è il più freddo e più adatto alle freddure. Centoquaranta caratteri per dire tutto, per forza di cose la polemica è avvantaggiata. I tweet dello scontento sono due. Partiamo dal meno interessante. In aperta polemica con i David di Donatello, Muccino ha scritto «Diciamocelo, cari Giurati del @PremiDavid: questa ennesima volta (è dal 2003 che snobbate il mio lavoro), l’avete fatta grossa. A perdere non sono io, ma la vostra credibilità, smarrita peraltro da tempo. Farò il tifo per @miramazzotti e @ClaudioBaglioni #Gliannipiùbelli». Più che altro questa è una lagna tutta mucciniana per non aver ricevuto premi (che poi non è vero, giusto tre anni fa il regista ha ricevuto il David Speciale per i suoi successi all’estero).
Però una cosa è vera: ai David sempre i soliti e sempre i soliti criteri. Film drammaticoni, tragedione. Quest’anno il premio di migliore attore a Elio Giordano per Volevo solo nascondermi in cui interpreta il pittore Ligabue è quasi scontato, ad esempio. Un premio per una parte in cui per l’intero film l’attore sbava, mugugna, piange, urla, sembra una scimmia (in piena sintonia con l’Oscar a Di Caprio per Revenant). Pare che più l’attore si smostra e soffre e più la giuria sia appagata.
Il vero tweet interessante di ieri però è questo: «Sto provando a guardare da stamattina #Favolacce. Non lo sono ancora riuscito a finire. Sarò poco intelligente o cinefilo per comprenderne la grandezza? (Eppur sono di quelli che quando vedono Dogman, chiamano il regista per ricoprirlo di complimenti)».
E qui apriti cielo. Favolacce è stato il film più osannato dello scorso anno, firmato a quattro mani dai Fratelli D’Innocenzo, incoronati come il futuro del nostro cinema. Un film crudissimo, angosciante, che finisce con un suicidio in massa di alcuni bambini che piuttosto che vivere la vita imposta dai loro genitori vanno al creatore. Tremendo.
Il fatto è che appena uscito Favolacce si è posizionato come qualcosa di nuovo rispetto a tutto il panorama italiano. C’era la follia di Lars Von Trier, qualcosa del cinema coreano, una nuvola di malessere e di disagio che finora da noi non si era mai vista. È anche vero però che ci sta criticare un film del genere che aveva un sacco di punti deboli. Tolte le performance singole di alcuni attori infatti il film si poteva riassumere in una paranoia totale di cui non vedevi l’ora che finisse.
Muccino ha tutto il diritto di dire che il film non gli piace, ma su Twitter che è una gogna, gli viene rinfacciato di rifarsela con due colleghi più giovani, di non avere stile, di rosicare. Di certo non è stato elegante ma c’è un detto che dice: meglio fuori che dentro. In fondo anche Fantozzi si liberava quando urlava: La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca. E dopo stava meglio.
A Muccino è come se il pubblico dicesse: si ma tu parli così e negli ultimi anni che film hai fatto? L’estate addosso, A casa tutti bene… eddai. Si ok, non saranno i film della vita ma questo non vuol dire che Favolacce gli possa far cagare. Siamo troppo assuefatti da questo atteggiamento melenso da social in cui è tutto o like o hate. Uno non può più nemmeno esternare un’opinone. Muccino l’ha fatto con poco stile, ma alla fine ognuno ha diritto di twittare ciò che vuole.