Se i miei calcoli sono esatti, quando questo aggeggio toccherà le 88 miglia orarie ne vedremo delle belle, Marty.
Questa probabilmente è una delle frasi più famose del cinema mondiale. E anche se non avete mai visto Ritorno al futuro sicuramente sapete di cosa parliamo quando citiamo le “88 miglia orarie” o quando diamo a “questo aggeggio” un altro nome, quello del suo costruttore: DeLorean.
La DeLorean è un’automobile che negli anni Ottanta è entrata definitivamente nel mito per essere la macchina del tempo per antonomasia. Alimentata da un flusso canalizzatore nucleare, ma a seconda dell’epoca in cui si trovava anche da fulmini, spazzatura o spinta da un treno a vapore nel Far west è sembrata subito una macchina magica al regista Robert Zemeckis che vide in quel design futuribile esattamente ciò che stava cercando.
La docuserie è stata prodotta da Netflix ed è composta da tre puntate tutte sotto l’ora di durata. Racconta - utilizzando quasi esclusivamente immagini d’epoca (nel 1981 una troupe capitanata dal regista D.A. Pennebaker, premio Oscar alla carriera nel 2013, seguì DeLorean da vicino per girare un documentario) - l’ascesa e la caduta di John DeLorean, dalle umili origini ai fasti di una vita hollywoodiana. Dalla carriera in General Motors all’avventura solitaria per donare al mondo un nuovo concetto di automobile. A impreziosire il documentario le testimonianze di famigliari (il figlio Zach e l’ex moglie Cristina Ferrare), giornalisti e altri personaggi dell’automotive.
La vera protagonista ovviamente è l’automobile. Il modello DMC-12 disegnato da Giorgetto Giugiaro con le iconiche portiere ad ali di gabbiano stregò subito tantissimi tra professionisti e semplici appassionati. Dopo un boom di entusiasmo e preordini però la macchina non decollò mai e deluse tutte le aspettative facendo entrare uno dei più visionari imprenditori automobilistici del secolo scorso in un vortice di errori e cattive decisioni.
Ma andiamo con ordine. La storia di DeLorean sembra rispecchiare totalmente la tradizione dell’uomo americano capace di farsi da solo. Se il lupo di Wall Street fosse nato lontano da Manhattan e magari proprio nel distretto automobilistico del Michigan, allora sarebbe diventato anche lui un possibile John DeLorean. Nato povero e figlio di una famiglia di immigrati dalla Romania, De Lorean vuole vivere in tutto e per tutto il sogno americano. Vuole prendersi ogni cosa da una terra che promette tutto, se hai voglia di fare. Così l’imprenditorialità si unisce alla voglia di rivalsa e alla ricerca di una vita differente, fatta di fama, soldi e belle donne. Questo è il motore che resta perennemente acceso dentro il protagonista e che gli fa raggiungere i vertici della General Motors, divenendone il più giovane vice presidente della storia. Potrebbe accontentarsi, ma vuole di più. Vuole essere il padrone di tutto e allora inizia un nuovo capitolo, un altro sogno. Quello della DeLorean Motor Company. La costruirà a inizio anni 80, oltreoceano a Belfast, utilizzando un finanziamento del governo inglese e mettendo in piedi da zero una fabbrica dove fece lavorare insieme tremila operai cattolici e protestanti. L’Irlanda del Nord era in quel momento al centro di una violenta guerra civile e i contributi inglesi volevano creare nuovi posti di lavoro che avrebbero placato le violenze. DeLorean non se lo fece ripetere due volte e si intascò una sovvenzione pari a quasi 180 milioni di dollari.
Ma quello che doveva sembrare una grande opportunità fu solo l’inizio della fine. Nonostante le premesse la DeLorean DMC-12 non si rivelò a buon mercato tanto che dai 12 mila dollari iniziali il prezzo di listino passò a 25 mila. Anche l’epoca storica non fu per niente d’aiuto. Nel 1981 gli USA si trovarono ad affrontare un anno terribile funestato dalla dilagante criminalità e dalla crisi economia. Insomma: l’America reaganiana che ci farà conoscere Micheal J Fox qualche anno più tardi, con i suoi film di ragazzino di campagna che diventa un tycoon (un attimo dov’è che abbiamo già sentito questa storia?) arriveranno, ma per il momento sono ancora ben lontani. E così un guaio dopo l’altro il progetto inizia un inesorabile declino, le perdite si fanno ingenti e tutto finisce quando DeLorean viene arrestato nel 1984 per traffico di cocaina. Ne uscirà totalmente pulito solo parecchi anni dopo, quando ormai il suo sogno era già tramontato da un pezzo. Provò più volte a ricostruirsi mediaticamente e professionalmente un’immagine imprenditoriale ma i suoi tentativi non andarono mai a buon fine.
Un documentario da guardare se avete a disposizione un paio di ore e che vi farà capire quanto il sogno americano a volte possa ammaliare, ma che non sempre il lavoro, le idee e la buona volontà sono sufficienti. Sicuramente interessante anche per comprendere molte dinamiche commerciali degli anni '80. La collaborazione con il governo Tatcher e la costruzione della fabbrica a Belfast è ancora oggi una delle più nitide foto di quei tempi. Resta in noi che lo abbiamo visto un po’ di amaro in bocca e una domanda impossibile che ci rimbalza nella testa: come sarebbero andate le cose se quella storia delle 88 miglia orarie fosse stata vera?