Quando ho letto di “Lino, Festivalino di letteratura irriverente a Nolo” ho subito pensato: “Uh che bello, fanno un festivalino dove puoi prendere gli scrittori a noleggio, tipo Valeria Parrella che ti fa le pulizie di casa o Fumettibrutti che ti imbianca le pareti di casa”. Mi sono chiesto anche se era previsto anche un noleggio a lungo termine, metti che Michele Mari è uno bravo a fare la spesa all’Eurospin, poteva tornare utile. Mi sono chiesto anche se conveniva fare la polizza Kasko per quegli autori che si rompono facilmente (come me, io soffro di rottura di balle cronica). Poi Moreno Pisto mi ha spiegato, con mia grande delusione, che “a Nolo” non vuol dire che puoi noleggiare gli scrittori (il che mi sembrava abbastanza “irriverente”, ma che si svolgeva a No.Lo, North of Loreto, manco fossimo a TriBeCa in New York (Triangle Below Canal Street). North Of Loreto? Dal nome mi è sembrato di intuire che è uno di quegli esempi hipsterici di gentrificazione, che non capisco come mai in Italia viene presa come una parola figa, mentre chi ha creato la parola, Ruth Glass, le dava una connotazione del tutto negativa: sono quei quartieri popolani dove arrivano i ricchi alternativi, fanno alzare i prezzi, e i vecchi abitanti popolani (alcuni dicono popolari, come se fossero gente famosa) non sanno più dove minchia sbattere la testa.
Dopo la cocente delusione di non potere noleggiare scrittori per le faccende di casa mi ha incuriosito la parola “irriverente”. Uh che bello, mi sono detto, da lettore avido di Hunter S. Thompson, di Tom Wolfe, di Saul Bellow, di David Foster Wallace, di Dave Eggers, ci voleva un po’ di letteratura irriverente in questo mondo culturale un po’ paludato ed engagé. Così ho dato una scorsa agli autori presenti. L’unica in qualche maniera irriverente mi è sembrata Luciana Littizzetto, anche se fino a ieri la sua irriverenza andava in prime time sulla Rai, perché per il resto i già citati Valeria Parrella, Michele Mari (maestro del “manierismo” che vuol dire “scrivere alla maniera di”, tra cui persino “alla maniera di Leopardi) e persino Fumettibrutti (non mi sembra così irriverente, poiché per essere irriverenti innanzitutto non bisognerebbe riverire i riveriti e non si limita invece a una certa irriverenza un po’ punk verso la vita, che a dire la verità oramai non riverisce più nessuno). Per dire, tra gli irriverenti figurano autori come la già citata Valeria Parrella (che mi sembra una scrittrice seria fino all’inverosimile, cito Almarina, storia di una professoressa di matematica su un’isola prigione che insegna ai detenuti e riflette sul loro futuro) Jonathan Bazzi (il suo romanzo più acclamato è “Febbre”, storia di un bambino maltrattati che lo prendevano a calci dalla mattina alla sera e sua mamma lavava le scale – che poi che c’è di male a lavare le scale lo sa lui, a me ‘sto bambino sta un po’ sui coglioni), Piersandro Pallavicini (professore ordinario di chimica inorganica che autodefinisce i suoi libri “equi e solidali”), Veronica Raimo (il suo ultimo romanzo, “Niente di vero” è una satira contro la famiglia, che oggi non riverisce più nessuno e che probabilmente neanche esiste più), Annarita Briganti (ha scritto le biografie di Gae Aulenti, Coco Chanel, Alda Merini), che, forse anche molto bravi (non saprei, leggo poco gli italiani, li sfoglio, e se non mi sembrano irriverenti verso il potere e i potenti dopo la sfogliata li poso).
L’unica spiegazione per quell’aggettivo “irriverente” che riesco a trovare è che “Lino il Festivalino” sia irriverente verso sé stesso, del tipo “sono figo ma non me la tiro infatti gentrifico i quartieri popolani”. Io che purtroppo ho capito in tenera età che sfoggiare un Rolex o un piercing sono la stessa identica cosa, a parte il costo, diffido degli irriverenti verso sé stessi, perché per essere davvero irriverenti ci vuole innanzitutto una buona dose di autoironia, cosa che mi sembra manchi in chi si prende così sul serio da starsi quasi sul cazzo da soli e che per sopportare la propria serietà è costretto a inventarsi maniere seriosissime per sembrare irriverenti, come un Festivalino irriverente in cui andare a mischiarsi fra la ggggente.
Non mi sembra un atteggiamento “letterario”, ma comunque, come si dice, ogni iniziativa che fa vendere i libri ben venga. Anche se io sono irriverente verso i libri, e alcuni libri non andrebbero proprio comprati. Sto comunque organizzando il Tralibri a In.A.Ca: un festival di libri “In Aperta CAmpagna” dove possono partecipare soltanto i trattoristi (non quelli delle trattorie deliziose, ma proprio coloro che guidano i trattori).